Da Atene
Mentre i partiti giocano a nascondino e tentano di comporre un governo per cui hanno già da domenica sera i numeri (129 seggi di Nea Dimokratia e i 33 del Pasok), il paese collassa. Nell’ultimo fine settimana molti ospedali greci hanno dovuto chiedere in prestito ad altri nosocomi garze e materiale per curare gli ammalati. Una criticità che si presenta già da alcuni mesi nelle strutture più grandi del paese nel disinteresse generale. Ma andiamo con ordine.
Ieri è stata una giornata fitta di incontri con il leader del primo partito Antonis Samaras che ha ricevuto l’incarico dal capo dello stato Karolos Paopoulias e ha tre giorni di tempo per formare il governo. I numeri in verità ci sarebbero tutti: Nea Dimokratia in virtù del 29,66% e del premio di maggioranza che la legge elettorale greca gli attribuisce dispone di 129 seggi. Per arrivare e superare la soglia dei 151, ovvero la metà più uno dei componenti del parlamento, potrebbe contare sui 33 deputati socialisti del Pasok, giunti terzi con il 12,28%. Ma Evangelos Venizelos, che oggi sarà protagonista di un alto vertice a quattro con conservatori, Syriza e democratici del Dimar, ha detto che parteciperebbe volentieri a un governo di unità nazionale ma solo a patto che vi fossero anche gli altri partiti.
La questione si complica, perché Alexis Tsipras, giovane leader delle sinistre radicali, sin dai momenti successivi allo spoglio elettorale ha detto chiaramente che resterà all’opposizione e non darà man forte a un esecutivo con alla guida la medesima classe dirigente che ha prodotto il default ellenico con decenni di sprechi e corruzione, che ha votato “sì” al piano lacrime e sangue della troika e che oggi si pone alla testa di un paese pur avendolo ridotto sul lastrico. Tsipras infatti tra l’accettazione coatta del memorandum di Fmi, Bce e Ue e il mesto ritorno alla dracma, proponeva una terza via: ovvero la rinegoziazione del patto, con una sorta di piano Marshall che accanto al necessario rigore non facesse pagare la crisi solo ai ceti medi e bassi, unificati adesso da tagli verticali a stipendi e pensioni. Che hanno provocato la contingenza sotto gli occhi di tutti, con la sanità a svolgere il ruolo di agnello sacrificale. Molti ospedali del paese non hanno ricevuto le necessarie forniture, con il paradosso che quei materiali magari sono disponibili nei depositi ma nessuno ha denaro per pagarli: e non vengono immessi in corsie e pronti soccorsi. Il problema è sorto dopo una serie di decisioni che hanno bloccato i pagamenti di forniture mediche come pacemaker ed elettrodi. E fa il paio con il caso scoppiato la scorsa settimana di alcuni malati di cancro costretti a pagare di tasca propria costosissime cure perché la mutua non aveva la necessaria copertura finanziaria.
Scorci di vita reale con cui i cittadini devono scontrarsi nella Grecia che ha liquidità in cassa fino al 30 luglio. E in previsione di cui la cosiddetta troika ha già lasciato intendere che non farà sconti. E allora oggi sarà un’altra giornata molto calda sotto l’Acropoli, ma non per le alte temperature visto che il meltèmi ha finalmente fatto capolino un po’ dappertutto. Ma perché mentre la politica fatica a trovare la sintesi, non si ferma l’onda sociale del disagio da crisi: quella patina di disperazione che morde le anime dei cittadini. Che ha causato i 252 suicidi da crisi, che ha fatto raddoppiare il numero dei senzatetto ad Atene e che ha trovato una valvola di sfogo nel voto di protesta, come dimostra il 7% ottenuto dagli ultranazionalisti di Alba dorata.
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