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La prima risposta Ue alla crisi tunisina. Cosa rischia Saied

Pronto un pacchetto di assistenza finanziaria parallela all’accordo con l’Fmi. Menia (FdI): “Da un lato l’auspicio è che la linea di credito dell’Fmi possa trovare concretezza, dall’altro è altrettanto fondamentale richiamare su rischi sociali che un eventuale aggravamento della crisi porterebbe. Grazie al Piano Mattei l’Italia ha finalmente un ruolo construens”

Cosa comporta a livello di relazioni con le maggiori istituzioni che stanno dialogando con il governo di Tunisi l’arresto su ordine della procura antiterrorismo del leader del partito islamico tunisino Ennhahda, Rached Ghannouchi? Il suo stato di fermo e la chiusura sine die da parte dalle autorità delle sedi del partito potrebbero pregiudicare lo status di Paese più democratico del nordafrica, in un momento caratterizzato dal rischio default per le finanze interne a cui si somma l’aggravarsi del dossier immigrazione? Da emblema della primavera araba il Paese è diventato instabile e sta attraversando una fase molto critica con la previsione di un possibile collasso economico e sociale (e con l’Italia attore interessato).

Europacchetto di aiuti

Ancora una volta l’Ue è chiamata a programmare non solo una reazione a possibili scenari futuri che potranno concretizzarsi, ma in primis una forma di moral suasion nei confronti del governo Saied, affinché la ragionevolezza prevalga. Intanto un primo passo concreto si ritrova alla voce conio.

La prima risposta della Commissione europea è in un pacchetto di assistenza finanziaria parallela all’accordo con il Fmi. I dettagli verranno limati lunedì prossimo in occasione del consiglio affari esteri in programma a Lussemburgo. Accanto a ciò c’è la possibilità di un ulteriore sostegno europeo al bilancio. Con il Fondo monetario internazionale è in piedi una trattativa per una linea di credito da 1,9 miliardi di dollari, definita in passato da Saied come un “diktat dall’estero”: la concessione della tranche è, come per casi simili del passato (il più noto mediaticamente è la Grecia) agganciata ad una progressiva azione riformatrice al fine di ottenere il prestito. Nello specifico le riforme richieste riguardano la riduzione della spesa pubblica e quindi del deficit di bilancio, un nuovo regime di tassazione per aumentare le entrate e una nuova governance del servizio pubblico e delle imprese statali.

I fronti di crisi sociale

Nel Paese il combinato disposto tra effetto-Covid e crisi del grano post guerra in Ucraina ha peggiorato sensibilmente la situazione complessiva, dove la carenza di approvvigionamento di prodotti alimentari resta il primo scoglio, accanto alla carenza di carburante, che nello scorso anno ha visto i prezzi aumentare varie volte. Dallo scorso inverno inoltre il governo ha annunciato il blocco delle assunzioni pubbliche, incoraggiando al contempo i prepensionamenti nel settore pubblico e ha deciso di sostituire i sussidi diretti per i prodotti alimentari con trasferimenti in denaro per consentire alle famiglie di autoidentificarsi come bisognose.

Anche la povertà idrica impatta negativamente su questo scenario: dal 2022 la Tunisia è stata ufficialmente classificata al di sotto della soglia di povertà idrica, sia a causa della mancanza di pioggia che dell’aumento della popolazione. Il 75% del territorio nazionale è minacciato di desertificazione, per questa ragione il ministero dell’Agricoltura di Tunisi si è posta come obiettivo proteggere 2,2 milioni di ettari di terreno entro il 2030 tramite un programma ad hoc. Proprio sull’insieme di queste strategie tarate su foreste, conservazione dell’acqua e resistenza all’invasione della sabbia il supporto del know how italiano può risultare prezioso.

Il ruolo construens dell’Italia

“Il governo segue con attenzione l’evoluzione politica e sociale in Tunisia – dice a Formiche.net il vicepresidente della Commissione Esteri/Difesa del Senato, Roberto Menia (FdI) – perché conscio che si tratta di un fronte caldissimo per l’intera Europa e quindi per l’Italia che rappresenta la frontiera meridionale dell’Ue. Da un lato dunque l’auspicio è che la linea di credito dell’Fmi possa trovare concretezza al fine di risolvere le gravi emergenze finanziarie del Paese, dall’altro è altrettanto fondamentale richiamare su rischi sociali che un eventuale aggravamento della crisi porterebbe. Il pensiero va ai flussi migratori, su cui l’annuncio del ministro degli Esteri Antonio Tajani dell’arrivo di quattromila lavoratori dopo un colloquio con l’omologo del Paese nordafricano pone l’Italia come un soggetto construens e non solo come chi si duole per un’emergenza. In questo senso va interpretato il nuovo ruolo italiano nel continente nero, grazie alla spinta propositiva di uno strumento prezioso e lungimirante come il Piano Mattei: essere player attivo per gestire e non subire le contingenze emergenziali, al fine di sostenere lo sviluppo economico e la stabilizzazione sociale di quei Paesi”.

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