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Gioco pericoloso di Erdogan sul gas. L’accordo di ferro con Gazprom

A pochi giorni dalle elezioni presidenziali, si concretizza il progetto putiniano che vuole Ankara come snodo del gas di Gazprom verso l’Ue, proprio mentre Italia ed Europa si rafforzano con il raddoppio del Tap. Ma un eventuale cambio di governo nel Paese metterebbe in forse le relazioni con Mosca e Pechino

Si fonda sulla centrale solare più grande d’Europa e sulla proiezione geopolitica di hub del gas russo il nuovo slancio della Turchia alla voce energia, come se la concomitanza delle elezioni presidenziali da un lato e l’esigenza di non sminuire il rapporto privilegiato tra Ankara e Mosca dall’altro fosse un acceleratore naturale per dinamiche economiche (e quindi politiche). Un altro capitolo della delicata posizione turca, a metà strada tra l’Ue e la Nato e al contempo cliente certificato di Mosca.

Ankara vs Bruxelles

Essere diventata il secondo cliente internazionale di Gazprom permette alla Turchia anche di “trattare” su alcuni pagamenti, in caso il prezzo superasse una certa soglia. Non solo fornitura, quindi, ma strategia complessiva alla voce acquisto, in controtendenza rispetto alle decisioni europee (sanzioni incluse). In sostanza la Turchia punta a posizionarsi come hub regionale del gas, dopo che alcune esplosioni lo scorso settembre hanno messo fuori servizio i gasdotti sottomarini dalla Russia alla Germania.

È stato il ministro dell’Energia turco Fatih Donmez a celebrare l’accordo con Gazprom che potrebbe dare alla compagnia petrolifera statale turca Tpao l’opportunità di importare gas russo entro la fine dell’anno e poi consegnarne una parte ai Paesi dell’Europa orientale e meridionale, aggiungendo che la Turchia può acquistare circa 100 miliardi di metri cubi all’anno di gas, di cui 40 miliardi da cedere ai Paesi vicini.

Solare

Ma non è tutto, perché il presidente Recep Tayyip Erdoğan, dopo aver annullato alcuni appuntamenti elettorali per via di un malore sfociato in un giallo, ha inaugurato ufficialmente quella che si dice sia la più grande centrale solare d’Europa. Kalyon Energy curerà l’impianto di Konya dotato di una capacità installata di 1.350 megawatt (MW) grazie a più di 3,2 milioni di pannelli solari che genereranno 3 milioni di chilowattora di elettricità all’anno, sufficienti per fornire energia a 2 milioni di persone e impedire l’uso di 450 milioni di dollari di risorse equivalenti a combustibili fossili. In quell’occasione il presidente uscente ha annunciato una scoperta di petrolio nell’Anatolia sud-orientale con una capacità produttiva giornaliera di 100.000 barili.

Tra hub ed elezioni

Mentre il Paese “celebra” la giornata mondiale della libertà di stampa arrestando 5 giornalisti, che si sommano ai 19 incarcerati lo scorso fine settimana, ecco che si concretizza l’auspicio del presidente russo Vladimir Putin, che di Turchia-hub del gas aveva più volte parlato in passato, definendo perimetro e contesto dell’operazione. Ma l’Europa nel frattempo ha messo in pratica una serie di iniziative per porre fine alla sua dipendenza dai combustibili fossili russi, come le sanzioni che Erdogan non ha mai applicato e come ricompensa ha incassato da Mosca lo status di hub per le consegne di gas russo come rotta di approvvigionamento alternativa per l’Europa, proprio mentre Italia ed Europa si rafforzano con il raddoppio del Tap. 

Nel mezzo di questa operazione si collocano le elezioni presidenziali, non solo le più incerte da 20 anni a questa parte, ma caratterizzate la possibilità che un cambio di governo possa sottrarre la Turchia all’influenza russa (e cinese).

A questo si riferiscono i dati degli ultimi sondaggi che vedono appaiati i due candidati, senza dimenticare i numeri della sofferenza finanziaria del Paese, che avrà gioco forza un impatto sulle urne. Il terremoto che ha colpito Turchia e Siria nel febbraio scorso, uccidendo quasi 50.000 persone, ha causato danni per oltre 100 miliardi di dollari che corrispondono al 9% del Pil previsto nel 2023.



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