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Destra vs sinistra. Il rimescolamento delle carte secondo Polillo

Le polemiche hanno radici più profonde. Nuove rappresentazioni dei lavoratori, invasioni di campo, mutazioni della composizione politica, rotture e dimissioni… Come andrà a finire?

Sulla reazione indispettita della sinistra italiana nei confronti di Giorgia Meloni c’è da riflettere. Ciò che non è andato giù è stata indubbiamente la simbologia che ha accompagnato le ultime scelte. La riunione del Consiglio dei ministri a poche ore dal concertone di Piazza San Giovanni. Troppo facile il possibile confronto tra chi lavora per cercare soluzioni al disagio sociale e chi si limita alla protesta ludica. Parole e musica di una manifestazione che forse ha fatto il suo tempo. Sembrerebbe quindi che lingua batte dove il dente duole.

Ma le due opposte kermesse lasciano un po’ il tempo che trovano. Forse quel disagio ha ragioni ben più profonde. Dalla foga polemica delle dichiarazioni rese dai principali protagonisti, ma soprattutto da Elli Schlein e Maurizio Landini, emerge infatti il fastidio per un’invasione di campo, da loro ritenuta inaccettabile. Da quando in qua – questa la domanda – una destra, che più destra non si può, si arroga il diritto di poter legiferare in un campo – i lavoratori dipendenti meno abbienti – da sempre rappresentati politicamente dal Pd e sindacalmente dalla Cgil? Questa, quindi, la vera provocazione. Altro che lavorare nel giorno dedicato alla festa del lavoro!

Bisogna dire che, in apparenza, un po’ di ragione ce l’hanno. Fino a poco tempo fa, il centro destra si era fatto carico di rappresentare soprattutto i lavoratori indipendenti. Gli interessi delle “partite Iva” ne erano diventati il bandierone. Soprattutto da parte della Lega. Mentre Forza Italia si era dato soprattutto il compito di federare gli interessi del Nord – il “Polo delle libertà” – con le aspirazioni del Mezzogiorno, principalmente rappresentato da An, nel viatico del “buon governo”. Quindi quella distinzione, un po’ manichea, tra lavoratori dipendenti e partite Iva, quali elementi caratterizzanti i confini dei due schieramenti politici contrapposti, una certa logica l’aveva.

Sennonché quella presunta diga oggi non esiste più o, almeno, è molto meno consistente. E di conseguenza il risultato è l’invasione di campo, che tanto inquieta la sinistra più istituzionale. Un po’ meno i 5 stelle orientati verso frange più disparate di elettorato, con un denominatore meno riconducibile ad un corpus sociale omogeneo. Quali le ragioni? Per la verità diverse. Relative sia alle trasformazioni morfologiche del centro destra, che ad alcuni slittamenti della sinistra. Nel primo caso la composizione politica di quello schieramento è progressivamente mutata. La posizione dominante di Forza Italia e del suo leader, Silvio Berlusconi, progressivamente erosa.

Il primo forte segnale di discontinuità, nello schieramento di centro destra, si ebbe in occasione delle elezioni europee del 2019, quando la Lega conquistò il 34,3 per cento dei voti, contro l’8,8 per cento di Forza Italia ed 6,4 per cento di Fratelli d’Italia. Un patrimonio più che consistente, che andava curato è messo a frutto. E non disperso al vento da comportamenti dissennati. Ragione per cui il pendolo finì inevitabilmente per muoversi verso Fratelli d’Italia. E lì posizionarsi. Sennonché quel passaggio recò con sé una diversa impostazione politica – culturale, le cui radici affondavano nella più lontana storia nazionale: tale da determinare il superamento di quella vecchia frattura sociale (tra dipendenti e partite Iva) che aveva, in qualche modo, connotato il periodo precedente.

Sul fronte opposto, invece, una doppia crisi. I 5 stelle costretti a cambiare cavallo, affidandosi alle cure dell’avvocato del popolo, dopo l’eclisse di Beppe Grillo e la rottura con Davide Casaleggio. Quindi l’idiosincrasia di Conte nei confronti di Mario Draghi, fino a favorirne, grazie anche alla complicità di Salvini e Berlusconi, le dimissioni anticipate. Nel Pd le drammatiche dimissioni di Nicola Zingaretti, con la sua denuncia del predominio correntizio. Quindi il richiamo alle armi di Enrico Letta, cui affidare il compito di non far affondare una barca in balia delle onde, in attesa di un possibile futuro nocchiero, in grado di tracciare una nuova rotta. Quella “perfetta sconosciuta”, al secolo Elly Schlein, che avrebbe dovuto riaprire i giochi, egemonizzare tutta la sinistra e pugnare, a viso aperto, con l’altra donna dello schieramento avverso.

Difficile prevedere come andrà a finire. Più certa è, invece, la sensazione di una relativa impotenza. Il pensiero della nuova leader del Pd è quanto mai nebuloso. Ma tutto lascia intravedere una sua certa predisposizione alla radicalità. Sarà forse per il fatto che la sua elezione non fu dovuta tanto agli storici militanti del suo partito, ma agli outsider del Pd, che l’hanno votata in massa. E di cui la nuova Segretaria cerca di interpretare le pulsioni più profonde.

Ed ecco allora che rispetto ad un partito da troppo tempo chiuso nelle roccaforti della Ztl, i quartieri borghesi delle grandi città, è meglio occuparsi d’altro. Soprattutto delle “nuove povertà” di una società in passato opulenta e dei diritti di ogni più sparuta minoranza. Anche a costo di perdere ogni legame con il resto di un elettorato, che non è certo uscito dai confini della “vecchie povertà”. E di cercare di supplire a questa mancanza con una politica gridata, tutto muro contro muro, piuttosto che confronto dialettico.

Finora questa politica ha forse consentito di recuperare nei confronti dei 5 stelle, suoi veri competitor, ma ha comportato anche perdite rilevanti. Dirigenti del partito che non hanno accettato di aderire ad una posizione minoritaria ed abbandonato il sodalizio. Ma soprattutto ha favorito l’ulteriore avanzata di Giorgia Meloni. Sempre più sola nel difendere il realismo di una posizione politica che guarda o, almeno tenta di guardare, agli interessi più generali, tenendo necessariamente conto delle scarse risorse disponibili. E su questa linea sperare di accrescere il proprio patrimonio elettorale. Elementare Watson: verrebbe da dire. Se non fossero in agguato quei demoni che impediscono di ragionare.



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