Nel discorso fatto da Putin nella Piazza Rossa, in occasione della Parata, per celebrare il 78° anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, particolarmente interessanti, per un’analisi strategica, sono le omissioni. Il commento del generale Carlo Jean
L’inciso dell’articolo 52 della Costituzione della Repubblica Italiana fu proposto da Togliatti ai Padri Costituenti, unitamente all’obbligatorietà del servizio militare, prescritto nello stesso articolo della Carta. Erano parole tratte dalla Costituzione Sovietica, anche se la proposta era chiaramente motivata dal pragmatismo del capo del Pci, che temeva che sotto impulso americano e britannico, l’Italia si orientasse a formare un esercito professionale, selezionato politicamente in senso anticomunista.
Nel discorso fatto da Putin nella Piazza Rossa, in occasione della Parata, per celebrare il 78° anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, i termini “dovere” e “sacro” sono risuonati frequentemente, in uno con i leitmotiv dell’usuale retorica del Cremlino: Russia potenza pacifica obbligata a difendere la Madrepatria minacciata nuovamente da Ovest; ucraini ostaggi di un colpo di Stato di nazisti e di corrotti; aggressione dell’Occidente alla Russia, che deve difendersi per evitare di essere frammentata e saccheggiata; difesa degli abitanti russofoni, specie del Donbas, dai massacri dei nazionalisti ucraini; minaccia esistenziale data dall’allargamento a Est della Nato; elogi sperticati del valore dei soldati russi impiegati nell’“operazione militare speciale” e delle capacità dei loro comandanti; e così via.
Più interessanti, per un’analisi strategica, sono le omissioni registrabili nel discorso di Putin. Particolarmente eclatante è il non aver menzionato l’attacco di droni ucraini sul territorio russo e sullo stesso Cremlino. Quest’ultimo ha dimostrato la possibilità di Kiev di attaccare dall’aria (non solo da terra, con veicoli) il cuore della Russia con “bombe sporche” o radioattive, beninteso qualora a Putin venisse in mente di ricorrere, come ha spesso minacciato, all’arma nucleare (decisione che ho sempre ritenuto del tutto improbabile). Questo spiegherebbe perché Putin non vi abbia accennato, come non ha parlato della possibilità di una nuova mobilitazione né al ricorso ai miliziani della Wagner o ai ceceni. Non ha accennato neppure alla possibilità di una controffensiva da parte ucraina, né della fine che ha fatto l’annunciata offensiva russa, né infine ai pesanti litigi fra il capo del Gruppo Wagner, Prigozhin, che ha nuovamente, e in modo pesantissimo, insultato come incapaci e traditori delle direttive di Putin, i vertici del Ministero della difesa.
Contrariamente a quanto più volte affermato in Italia, questi litigi dimostrano che la situazione sul campo sia più drammatica per la Russia che per l’Ucraina. In caso di situazione favorevole, non capita mai che i capi militari bisticcino fra loro, scambiandosi pesanti invettive, come sta avvenendo fra quelli russi. Il fatto che Putin non riesca a fare cessare attacchi e insulti fa sorgere il dubbio che non abbia il completo controllo sui suoi subordinati. Quale sia la realtà di tale situazione, come essa possa evolvere e come possa influire sul conflitto in Ucraina è impossibile da prevedere. Comunque, conferma l’esistenza di scricchiolii all’interno del Cremlino, fatto su cui hanno sempre puntato sia gli ucraini che i loro sostenitori, per superare lo stallo attuale, caratterizzato dall’impossibilità di una soluzione militare, cioè di una vittoria completa sul campo, sia degli ucraini che dei russi.