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Cosa c’è dietro le falsità sulla guerra in Ucraina. Scrive Carlo Jean

Tutte le previsioni sono più o meno soggettive. I belligeranti usano sempre stratagemmi e manovre diversive per sorprendere l’avversario. Inoltre, diffondono notizie false, per ingannarlo, o per consolidare il morale delle proprie truppe e opinioni pubbliche. Il pluralismo dell’informazione rappresenta un correttivo solo parziale. L’analisi del generale Carlo Jean

Fare previsioni è facile. Azzeccarle è difficile. Generale è la tendenza non solo di prevedere gli eventi, ma anche d’interpretare i fatti secondo i propri preconcetti, interessi e preferenze. Ogni analisi strategica, anche quelle prodotte da team di esperti schierati su posizioni opposte, non riesce mai a superare completamente quella che Clausewitz chiama la “nebbia della guerra”. Tutte le previsioni sono più o meno soggettive. I belligeranti usano sempre stratagemmi e manovre diversive per sorprendere l’avversario. Inoltre, diffondono notizie false, per ingannarlo, o per consolidare il morale delle proprie truppe e opinioni pubbliche. Il pluralismo dell’informazione rappresenta un correttivo solo parziale. Si è spesso portati ad attribuire, a malafede, l’espressione di opinioni differenti dalle proprie. L’essere “filo-putiniani” o “servi degli americani” sono accuse ricorrenti nei dibattiti sul conflitto in Ucraina. Se tale fatto è comprensibile per le opinioni, lo è meno per i fatti oggettivi, soprattutto se verificati, o forniti da fonti “terze” e attendibili, non direttamente coinvolte nel conflitto, come l’Onu o l’Osce. Inevitabile è comunque, in questo caso, la tendenza a trascurare quelli che non confermano le proprie tesi. A esempio, chi dichiara incostituzionale la fornitura di armi all’Ucraina, cita la prima parte dell’art. 11 della Costituzione, ma ne censura il resto. Gli stessi Servizi d’intelligence spesso sono portati a fornire dati che confermano ciò che vuole il “padrone”. Iraq per gli Usa e Ucraina per la Russia sono prove di quanto sia diffusa tale tentazione.

Un esempio eclatante nel caso dell’aggressione russa all’Ucraina, è la ricorrente affermazione che l’intervento di Putin sia derivato dalla sua volontà di difendere dai massacri, perpetrati dai “nazisti” e “satanisti” ucraini, le popolazioni russofone del Donbas. Si ignora, penso volutamente, che la fonte più indipendente e, quindi, più credibile al riguardo è il rapporto del 31 gennaio 2022 del Rappresentante dell’Onu per i Diritti Umani, da cui risulta che dopo la firma dell’accordo Minsk-2, le vittime civili nell’intera Ucraina ammontano a poche decine all’anno (incluse quelle per mine e  scoppi di ordigni inesplosi).

Particolarmente interessante è l’analisi dei dati prodotti a “Cartabianca” dal prof. Orsini, certamente brillante sociologo del terrorismo, ma che presenta, a parer mio, rilevanti lacune nell’analisi strategica, campo in cui peraltro si è autonominato esperto, con qualche dubbio espresso anche da parte della brava conduttrice del programma. Lasciamo da parte le previsioni sull’invasione russa dell’Ucraina, che potrebbero essere tratte dai rapporti Cia dal 2014 in poi. Evidente, a esempio, è stata la sorpresa della conduttrice per l’accorato lamento del professore di non poter dire la “verità”, cioè le sue opinioni, sulla guerra in Ucraina, al pubblico italiano, mantenuto nell’ignoranza da forze occulte, che controllano la censura, e da quelle che attaccano proprio lui, tanto amante dell’Ucraina e degli Stati Uniti. Il “piagnisteo” mi sembra ingiustificato, anche perché le critiche rivoltegli non sono in realtà che una restituzione degli insulti che distribuisce a raffica a chi la pensa diversamente da lui.

Beninteso, il mio giudizio si riferisce a opinioni espresse come fatti inconfutabili, ma che potrebbero essere smentite dalla realtà. Penso a quanto sia rimasto male nel vedere il successo della puntata offensiva ucraina a Sud-Est di Bakhmut e alla fuga della 72^ brigata russa. Tali eventi hanno ridicolizzato la sua valutazione che la situazione delle forze ucraine, in quella che è divenuta la “città-simbolo” della resistenza ucraina, sia drammatica. Certamente il “nostro” è rimasto male come Putin, che di certo sperava di annunciare la conquista della città nella Parata della Vittoria del 9 maggio. Se Putin si è visto apostrofare dal capo del Gruppo Wagner come il “felice nonnetto nel bunker”, l’Orsini potrebbe di certo ambire a quello di “lamentoso nipotino di Cartabianca”.

Passiamo ai dati tecnico-tattici. Sono spesso citati “a capocchia”. La ripetizione degli errori esclude che si tratti di semplici “papere”. Tra esse brillano l’affermazione che l’FH-70 ha una bocca da fuoco lunga 12 metri, mentre è all’incirca della metà (è un obice da 155/39, dove 39 esprime la lunghezza della canna in calibri), e quella che il proiettile da 120 mm del Leopard-2 può distruggere una casa a 4 km di distanza (come a 100 metri, può bucare un muro, ma nulla di più). Sono dati ininfluenti in un discorso sulle capacità operative dei sistemi d’arma. Il fatto però che vengano ripetuti indica la volontà di dimostrarsi esperti in un campo in cui non si ha una preparazione specifica. Una cosa è la sociologia del terrorismo, tutt’altra è l’analisi strategica e tecnico-militare.

Più gravi sono affermazioni come quella che la Russia ha un invincibile esercito con ben 10.000 carri armati in magazzino e, quindi, è destinata prima o poi a schiacciare l’Ucraina. L’affermazione non tiene conto delle loro condizioni di efficienza e, soprattutto, che il Cremlino non dispone del personale necessario per utilizzarli in combattimento. Per esperienza diretta – acquisita nel programma Global Partnership, di cui avevo curato la partecipazione italiana (che ha comportato tra l’altro lo smantellamento di 7 sottomarini della Flotta del Nord ex-sovietica) – ho constatato il bassissimo livello di manutenzione dei mezzi russi. A parer mio, la maggior parte di tali carri è inutilizzabile, anche dopo grandi lavori di ammodernamento.

Del tutto trascurate sono le difficoltà esistenti nel comando russo, caratterizzate da violente accuse fra i capi delle milizie e il ministero della Difesa e da continue sostituzioni dei comandanti del fronte ucraino. Per inciso, è un mistero il perché il capo della Wagner possa impunemente insultare i vertici militari, senza che Putin intervenga almeno a zittirlo. E’ ricattato? Ha perso il controllo della situazione? Lo usa per evitare contrasti con i generali?

Ma la vulnerabilità maggiore dei russi è quella del personale. Nonostante il rilevante aumento delle paghe, l’esercito non riesce a reclutare volontari a lunga ferma. La mobilitazione del settembre scorso ha visto una fuga in massa all’estero dei richiamati. Putin non riesce a trasformare l’operazione speciale in Ucraina in una guerra di popolo. Infine, nei primi mesi del conflitto ha perduto troppi giovani ufficiali che non sa come rimpiazzare, anche perché tradizionalmente l’esercito russo non ha mai valorizzato i sottufficiali.

La guerra in Ucraina è destinata a durare ancora a lungo, a meno che gli Usa e la Cina non esercitino una forte pressione congiunta su Kiev e Mosca. L’annunciata controffensiva ucraina non potrà essere determinante per le sorti del conflitto, né imporre al Cremlino di trattare, anche qualora gli ucraini conseguissero un consistente successo. La sua conseguenza più importante sarà quella di consolidare la volontà dell’Occidente di continuare a sostenere l’Ucraina.

L’attuale situazione strategica rende, a parer mio, impossibile per gli ucraini anche solo un successo simile a quello conseguito a settembre nella regione di Kharkiv. Esso fu dovuto alla possibilità di Kiev di realizzare una sorpresa strategica con uno stratagemma che indusse i russi a spostare molte delle loro forze da Kharkiv a Kherson e che permise agli ucraini di concentrare a Nord – con una rapida e segreta manovra per linee interne – la massa delle loro unità. Tale stratagemma è ora impossibile. I russi hanno organizzato varie linee di difesa e dispongono delle forze necessarie a presidiare sia il Sud che il Donbas. Gli ucraini dal canto loro non possono permettersi attacchi frontali massicci per realizzare una breccia da cui dilagare in profondità. Perderebbero troppi soldati. Sono quindi obbligati a basare la loro controffensiva su una serie di attacchi limitati, effettuati nelle parti del fronte in cui abbiano accertato particolari vulnerabilità nello schieramento russo. È quanto hanno fatto a sud di Bakhmut, in cui hanno dimostrato i vantaggi che derivano dalla loro flessibilità operativa, che i russi non riescono a contrastare per la rigidità della loro dottrina tattica e del loro sistema di comando.

Una vulnerabilità ucraina è la tenuta della loro opinione pubblica, sottoposta a continui bombardamenti. Finora hanno dimostrato una straordinaria resilienza. Un successo della controffensiva la consoliderebbe. Ma altrettanto importante è la consegna a Kiev di sistemi contraerei e antimissili. Il successo nell’abbattimento di cruise e di droni russi prima che colpissero la capitale ucraina, anche con sistemi costruiti in Italia, avrebbe dovuto essere salutato con entusiasmo dai vari cortei pacifisti, se non altro per dimostrare che le vite ucraine, non hanno per essi valore inferiore a quello dei caduti russi. È difficile che avvenga. L’anti-americanismo in Italia è troppo forte e diffuso.


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