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Fazio, la privatizzazione della Rai e noi. La considerazione (amara) di Cangini

La Rai è incapace di innovare e la politica non ha il coraggio di privatizzare. Se vivessimo in un Paese sano e in una società realmente aperta, oggi le fazioni politiche non si dividerebbero tra quanti accusano Fabio Fazio e quanti lo difendono, ma… Il corsivo di Andrea Cangini

Se entriamo in un bar e chiediamo agli avventori quale sia la ragione per cui Fabio Fazio ha lasciato la Rai, c’è da credere che la risposta sarà corale: perché lo hanno cacciato. È stata questa, infatti, la rappresentazione mediatica della notizia.

La notizia è vera, la spiegazione è falsa. Nessuno, infatti, ha cacciato Fabio Fazio dalla Rai. È accaduto, invece, che, senza neanche attendere l’insediamento dei nuovi vertici della Tv di Stato, il noto conduttore abbia trattato con Discovery Italia il proprio ingaggio. Perché l’abbia fatto lo dicono i numeri. La Rai pagava Fazio circa un milione e 600mila euro l’anno, Discovery lo pagherà circa due milioni e mezzo. Novecentomila euro l’anno in più. È probabile che i nuovi amministratori della Rai non gli avrebbero offerto tanto, è sicuro che se avesse avviato una trattativa non avrebbe potuto calarsi sul capo l’aureola del martire. Ricco ed epurato: il massimo nell’Italia del vittimismo e dell’ipocrisia eretti a sistema.

Le ragioni per cui l’uscita di Fazio rappresenta un duro colpo per la Rai le ha ben spiegate sul Domani l’analista dei media Stefano Balassone. “L’uscita di Fazio – ha scritto – rappresenta una perdita per la Rai solo perché l’azienda non è più in grado di creare e pretendere creazione”. Cioè perché la Rai ha smarrito da decenni la capacità di innovare, il che la rende un’azienda incapace di stare sul mercato e morbosamente dipendente da un pugno di conduttori che fanno lo stesso programma da una vita. Ne consegue, scrive Stefano Balassone, che “la monumentalizzazione di format e conduttori diviene il sistema per l’impossibilità di concepire obiettivi editoriali diversi dall’esistere e resistere. Le direzioni dei programmi non scuotono i palinsesti e non sollecitano idee nuove perché gli pare già gran cosa contare sulle vecchie”.

Ne consegue anche una considerazione ovvia. Ovvia e amara. Se vivessimo in un Paese sano e in una società realmente aperta, oggi le fazioni politiche non si dividerebbero tra quanti accusano Fabio Fazio e quanti lo difendono, ma tra quanti sostengono la necessità di privatizzare la Rai e quanti la avversano. Mettere sul mercato due dei tre canali e dedicare interamente il terzo al servizio pubblico: è questo che andrebbe fatto, è di questo che nessuno parla.

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