Per Pechino, l’incontro con i leader dell’Asia Centrale ha il valore di alimentare la narrazione sul ruolo di pacificatore nella guerra russa in Ucraina, per strutturare la geopolitica in quella regione cruciale per la Bri, per nutrire l’obiettivo di sostituire il modello occidentale (del G7)
Probabilmente non è un caso se il viaggio in Europa (con tappe a Kiev e Mosca) iniziato oggi dall’inviato speciale cinese per gli Affari eurasiatici, Li Hui, coincide con l’avvio a Xi’an del vertice con le nazioni dell’Asia Centrale. La Cina ha interesse a farsi percepire come un punto di riferimento (anche) dai Paesi di quella regione, e nel farlo vuole rassicurarli che non sta formalmente sostenendo la Russia, ma sta cercando di lavorare per ottenere un qualche genere di negoziato. La guerra in Ucraina ha creato preoccupazione negli stati centro-asiatici, dove esistono ampi gruppi di cittadini di etnia russa e dove si estendeva la sfera di influenza sovietica: elementi che inducono a temere che quello ucraino possa essere un precedente per giustificare altre azioni.
Narrazioni e interessi
Di recente Pechino ha intensificato gli sforzi per sviare le critiche sul fatto che non abbia agito per contribuire a porre fine alla guerra (che il Partito/Stato chiama “crisi”), fornendo invece sostegno diplomatico ed economico alla Russia. Il viaggio di Li serve a spingere la narrazione secondo cui la Cina vuole lavorare per la pace, sebbene per Pechino potrebbe essere importante non tanto trovare una soluzione, quanto mostrare di sé l’immagine di un attore globale che lavora per essa. Tant’è che nell’ambito di una narrazione secondaria, Pechino cerca di ritrarre gli Stati Uniti e i loro alleati come alimentatori del conflitto attraverso il loro sostegno all’Ucraina. Tra gli obiettivi del vertice di Xi’an c’è anche quello di trovare ulteriori sponde in mondi come quello dell’Asia Centrale.
Il vertice è una buona opportunità per la Cina per cercare di ottenere il sostegno di quei Paesi, perché l’appoggio di quel blocco di stati ex sovietici – composto da Kazakistan, Kirghizistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan – sarebbe piuttosto significativo. Come la Cina, i leader dell’Asia centrale hanno evitato di condannare la Russia in forum come le Nazioni Unite, astenendosi ad esempio dalle principali risoluzioni dell’Assemblea Generale che chiedevano il ritiro delle truppe russe. Ma sono le preoccupazioni di essere il prossimo bersaglio dell’aggressione russa a dare rilevanza a un allineamento sul ruolo cinese.
Accordi economici e strategici
Se quello sull’Ucraina è un punto di contatto politico – su cui le nazioni centro-asiatiche intendono comunque muoversi con circospezione senza attirare troppo le attenzioni dei partner occidentali – sul tavolo dell’incontro il leader cinese, Xi Jinping, mette chiaramente di più. I leader dell’Asia centrale potrebbero essere disposti a firmare accordi per consentire un accesso economico reciproco (ma sbilanciato a favore della Cina) più ampio, un rafforzamento dei programmi infrastrutturali in corso e un supporto tecnico alla sicurezza. Tutti aspetti che nell’incertezza del momento quei Paesi sentono come prioritari per sviluppo e stabilità.
Si tratta del primo incontro del genere da quando sono state stabilite relazioni diplomatiche susseguenti alla caduta dell’Unione Sovietica. La Cina lo ha definito come la “prima grande attività diplomatica” ospitata quest’anno e un’opportunità per tracciare un “nuovo progetto”. L’importanza geostrategica della regione è evidente, se si considera che si trova tra la Repubblica popolare e il Medio Oriente e l’Europa. Tant’è che lungo i territori di quei Paesi scorrono le rotte della Belt & Road Initiative – annunciata a settembre del 2013 come “Silk Road Economic Belt” proprio durante una visita di Xi in Kazakhistan.
Coincidenze temporali
Tra i leader in visita Cina figurano il presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev, il presidente del Kirghizistan Sadyr Japarov, il presidente del Tagikistan Emomali Rahmon, il presidente del Turkmenistan Serdar Berdimuhamedov e il presidente dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev. E l’incontro cinese di due giorni ha anche un’altra sovrapposizione significativa: il del vertice del Gruppo dei Sette (G7) a Hiroshima, in Giappone, dove Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Canada e Italia dovrebbero affermare la loro solidarietà contro la Russia, ma anche alimentare (e organizzare) le proprie preoccupazioni sulla Cina.
E il senso del vertice è anche questo: proporre la Cina come leader di un modello alternativo rispetto a quello che (dal G7) in qualche modo gestisce l’ordine mondiale. Oltre che un terreno fertile per ferrovie, oleodotti e vie di trasporto finanziate da e per l’Europa, e un cuscinetto fondamentale contro quelle che da tempo la Cina considera minacce alla sicurezza provenienti da aree come l’Afghanistan (che possono al dossier interno nello Xinjiang e a quello pakistano), per Pechino gli Stati dell’Asia centrale rappresentano infatti potenziali alleati chiave in forum come le Nazioni Unite.
Scontro tra blocchi
Unione Europea e Stati Uniti sono consapevoli delle sensibilità nella regione e del valore che essa ha nello scacchiere globale. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha per esempio visitato il Kazakistan e l’Uzbekistan all’inizio dell’anno, mentre il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha fatto tappa in quei Paesi nell’ottobre 2022. Poche settimane fa anche il ministro delle Difesa italiano, Guido Crosetto, era in Uzbekistan, mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni farà tappa ad Astana al rientro dal G7.
Pechino sta spingendo nel coltivare connessioni e influenza nella regione in modo organico – il piano è stato definito “grandioso” dal ministero degli Esteri cinese – ma questo con l’Asia Centrale è soltanto uno dei forum di scambio che la Cina ha creato e nutrito nel corso degli ultimi due decenni. Formati analoghi sono in piedi con l’Africa, con il blocco Asean, con gli stati dell’Europa Centrale e Orientale, con l’America Latina, con i Paesi arabi, con le isole del Pacifico. Sono meccanismi di connessione politico-diplomatica ed economico-commerciale che la Cina abbina al dialogo bilaterale e ai contatti nelle istituzioni multilaterali, dove vuole giocare un ruolo centrale erodendo quello occupato dall’Occidente.