Corsi e ricorsi storici fra Giappone e Ucraina. La prima città distrutta da una bomba atomica ospita 78 anni dopo il vertice internazionale che potrebbe assumere a parti invertite il ruolo che ebbe Yalta, la città della Crimea dove americani, inglesi e sovietici decisero gli assetti del dopo guerra. L’analisi di Gianfranco D’Anna.
Mosca e Pechino assistono impotenti al protagonismo di Zelensky che da settimane monopolizza la scena internazionale, ottiene armamenti sempre più sofisticati e mobilita l’Occidente contro la Russia di Putin. Al G7 con vista sulla Cina, in corso in Giappone, il Presidente ucraino é riuscito a porre al centro del vertice dei Paesi economicamente più avanzati del pianeta la tragedia del suo popolo massacrato dall’invasione scatenata contro Kiev dal Cremlino.
Un risultato inimmaginabile appena pochi mesi addietro, che trasforma Hiroshima in una sorta di Yalta quattro punto zero e che lascia intuire come Stati Uniti, Europa e Gran Bretagna stiano già prefigurando strategicamente e politicamente gli assetti del dopo guerra e probabilmente del dopo Putin. Scenari che segnano in parte anche l’elaborazione e la metamorfosi della tragedia storica della prima città distrutta dall’esplosione di una bomba atomica. Dopo il tour in tutte le capitali europee, Vaticano compreso, Volodymyr Zelensky sulla rotta giapponese non ha tralasciato di partecipare in Arabia saudita alla riunione della Lega Araba.
Oltre a ottenere una solenne dichiarazione comune dei leader del G7 (“Noi, leader del G7, abbiamo ribadito il nostro impegno a schierarci insieme contro la guerra di aggressione illegale, ingiustificabile e non provocata della Russia contro l’Ucraina… Il nostro sostegno all’Ucraina non vacillerà…”) il presidente ucraino ha guarderà negli occhi ed ha esporrà le sue ragioni, fra gli altri protagonisti del contesto mondiale allargato, al presidente brasiliano Lula e al premier indiano Modi, finora più vicini alla Russia che all’occidente. Prossima tappa per il globetrotter Zelensky il vertice Nato dell’11 e 12 luglio a Vilnius, capitale della Lituania.
Di rilievo fra gli apprezzamenti e gli impegni manifestati a Hiroshima a favore dell’Ucraina gli interventi della premier Giorgia Meloni espressi nei colloqui con il Presidente americano Joe Biden e con il presidente francese Emmanuel Macron. Parallelamente al sostegno a Kiev, l’Italia ha confermato a Washington la definitiva disattivazione del protocollo con Pechino sulla cosiddetta via della seta, considerato un cavallo di Troia della pervasività dell’intelligence cinese sulle infrastrutture strategiche della sicurezza nazionale del nostro Paese. Nel colloquio fra Biden e Meloni si sarebbe discusso anche della prevista visita ufficiale alla Casa Bianca che il Presidente del Consiglio dovrebbe effettuare entro l’estate.
A latere degli incontri ufficiali, Zelensky ha informato il G7 sui tempi della controffensiva ad andamento lento che starebbe già provocando numerosi contraccolpi all’armata russa. Secondo gi esperti di strategie militari le truppe di Mosca starebbero cadendo nella trappola di Bakhmut, utilizzata dagli ucraini per distogliere l’attenzione dei comandi russi dal vero obiettivo della controffensiva: aggirare il fronte fra il fiume Dnipro e Mariupol e isolare la Crimea.
L’abbattimento da parte dei Patriot americani dei missili ipersonici russi, spacciati per non intercettabili, e il continuo bombardamenti sulle città ucraine, invece che a difesa delle proprie truppe, sta aggravando ulteriormente la situazione di Mosca. In caso di sfondamento del fronte da parte delle forze di Kiev, gli analisti prevedono l’implosione dell’esercito russo e una conseguente criticità decisionale del Cremlino che potrebbe lasciare il mondo col fiato sospeso, per la eventuale minaccia del ricorso alle atomiche tattiche.
Un incubo ben presente a Hiroshima, dove si palesano tuttavia anche le tenui speranze di pace riposte negli incontri che Zelensky e il Presidente russo Vladimir Putin, hanno accettato con inviati speciali di Papa Francesco, il cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza episcopale italiana che si recherà a Kiev, e l’Arcivescovo Claudio Gugerotti, Prefetto del dicastero vaticano per le Chiese orientali, in partenza per Mosca. Un doppio segnale che viene dalla città giapponese epicentro della fine della seconda guerra mondiale.