Angelo D’Alessandro, a metà degli anni ’60, entrò nella scuola di Barbiana. Conobbe don Milani, che lo accompagno in quel micro-cosmo che divenne poi meta di pellegrinaggi e che fu il centro delle attività del sacerdote. Barbiana ’65 è l’unico documento in cui il protagonista è lo stesso Milani, che parla per circa quaranta minuti. Il documentario ha una lunga storia, ecco qualche retroscena raccontato da chi ha deciso di produrlo
È una storia di ultimi, che nasce e fiorisce alla periferia dell'”impero”. Un po’ missione educativa, un po’ slancio alla disobbedienza. Don Lorenzo Milani – di cui quest’anno sono ricorsi i cento anni dalla nascita – fu un precursore e un “profeta” senza le velleità di chi predica. La summa del suo pensiero è contenuta nelle Esperienze Pastorali e la declinazione pratica del suo impegno fu alla scuola di Barbiana. All’epoca – tra i ’50 e i ’60 del secolo scorso – sostanzialmente ignorata dalla chiesa ufficiale, ma poi divenuta meta di pellegrinaggio di tantissimi esponenti politici (tra gli altri). Tanti sono stati, negli anni, i documentari che sono stati prodotti sulla biografia e sull’attività del sacerdote fiorentino, ma nessuno di questi – salvo per un breve spezzone – contiene la viva voce di don Milani. Solo nel 2017, grazie alla produzione di Felix Film (assieme all’istituto Luce Cinecittà), si ebbe finalmente un documentario di 62 minuti in cui è don Milani stesso il protagonista. È don Milani che parla ai ragazzi di Barbiana, nel corso delle sue attività quotidiane. Ora, di Barbiana ’65, anche in virtù della ricorrenza, le sale cinematografiche ne chiedono nuovamente la proiezione. La genesi del documentario è una storia nella storia e, per ricostruirla, Formiche.net ha parlato con la produttrice Laura Pettini.
Pettini, “Barbiana ’65” è sostanzialmente un unicum. Angelo D’Alessandro, il regista, riprese le immagini oltre cinquant’anni fa. Come mai sono riemerse solo nel 2017?
È stata in qualche misura una tutela testamentaria. Angelo, il regista, all’epoca lavorava in Rai. A sue spese realizzò queste riprese all’interno della scuola di Barbiana, in accordo con don Lorenzo. Poi, però, quando Angelo intuì che non ci sarebbe stato margine per lanciare il documentario, tenne le pellicole per sé. Quasi mezzo secolo. È stato il figlio Alessandro a proporci, dopo la morte del padre, di realizzare un documentario sulla base del materiale raccolto dal padre.
Si è convinta subito a produrre il documentario, immagino.
In realtà no. Per due anni accantonammo il progetto. Poi Alessandro tornò da noi, avendo raccolto nel frattempo dell’altro materiale. E così, anche in ossequio ai valori di don Milani, di cui anche noi condividiamo la sostanza, abbiamo deciso di intraprendere questa avventura.
Di tutta la durata del documentario, per oltre tre quarti don Milani è il protagonista assoluto.
Sì, ed è in qualche modo questo l’elemento di unicità di Barbiana ’65. Non è un documentario biografico, non è didascalico e non c’è una voce narrante che parla di don Milani. È direttamente lui che ci porta all’interno della sua scuola, mentre parla coi ragazzi, mentre svolge le sue attività e fissa attraverso queste i suoi principi ispiratori.
Quale fu la reazione del pubblico?
Quando lo presentammo a Venezia, fu accolto da un grande successo. Tant’è che resse il “botteghino” per diversi mesi quando uscì. Lo demmo anche al Miur per trasmetterlo all’interno degli atenei. E, ora, in occasione del centenario, molte sale ce lo stanno richiedendo. Vogliono proiettarlo ancora.
Probabilmente perché si ritiene ancora attuale il messaggio di don Milani, no?
Don Milani è un punto di riferimento. Un cardine. Una stella polare in un mondo confuso e che genera più incertezze che certezze. I suoi valori – scuola, costituzione e vangelo – peraltro raccontati anche dalle testimonianze che abbiamo raccolto nel documentario (Adele Corradi, l’insegnante che ha vissuto l’esperienza di Barbiana con don Lorenzo, di Beniamino Deidda, ex Procuratore Generale di Firenze che dopo la morte di don Lorenzo ha continuato a insegnare ai ragazzi della scuola di Barbiana e don Luigi Ciotti), restano attuali e saldi.
Che cosa resta di “Barbiana ’65”?
Tanti interrogativi. Abbiamo notato che, dopo la proiezione del documentario, in tanti si sono posti delle domande. D’altra parte non avrebbe potuto essere altrimenti. Barbiana ’65 non racconta la società e l’Italia del tempo. Bensì apre uno squarcio in quel microcosmo in cui un prete, attraverso il confronto diretto con i suoi ragazzi, riesce a interrogare le coscienze. Questo era don Lorenzo Milani.