Nell’ultimo decennio l’Oman si è impegnato a risolvere questioni di lunga data tra l’Iran e i suoi rivali o nemici. La ricomposizione delle relazioni tra Cairo e Teheran segue un trend regionale, ma la domanda è se Muscat riuscirà ad avere un ruolo anche sull’Accordo sul nucleare
La Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha fatto sapere nei giorni scorsi di accogliere positivamente la potenziale riapertura dei rapporti diplomatici con l’Egitto, accreditando il presidente iraniano Ebrahim Raisi per gestire queste dinamiche diplomatiche. Si tratta di evoluzioni collegate al percorso di normalizzazione in corso con l’Arabia Saudita — e Khamenei ha espresso pubblicamente avallo anche su quello. Cambiamenti destinati a mutare il volto della regione del Mediterraneo allargato.
Narrazioni e interessi
I legami iraniani con l’Egitto sono rimasti interrotti per la maggior parte degli ultimi quattro decenni, dopo la nascita della Repubblica islamica nel 1979. Ma la recente mediazione dell’Oman, il cui leader sta visitando Teheran — dopo essere datato al Cairo la scorsa settimana — potrebbe aver incontrato progressi nell’avvicinamento tra le due capitali. Tanto che le dichiarazioni di Khamenei sono state diffuse in occasione di un incontro a Teheran con il leader omanita, il sultano Haitham bin Tariq Al Said.
Secondo il sito web della Guida suprema della teocrazia iraniana, il commento è stato fatto dopo che il sultano omanita “ha comunicato la volontà dell’Egitto di riprendere i legami con la Repubblica Islamica”. La posizione è ovvia: Teheran vuole dimostrare di guidare queste dinamiche e di non esserne guidato. Varie indiscrezioni sostengono che il lavoro è condotto dall’Oman, che cerca spazi per intestarsi un processo diplomatico che all’interno del clima regionale è diventato possibile — mentre appena un paio di anni fa sembrava utopico. Ma sullo sfondo ci sono Riad e Abu Dhabi, senior partner innanzitutto del Cairo (avviluppato in una complicata crisi economica), e in futuro probabilmente anche di Teheran.
Il valore di Muscat
Questa settimana, l’Oman ha anche aiutato il Belgio e l’Iran ad attuare un accordo di scambio di prigionieri che ha garantito il rilascio di un diplomatico iraniano che stava scontando una condanna a 20 anni di carcere a Bruxelles con l’accusa di terrorismo, in cambio di un operatore umanitario belga che l’Iran aveva condannato a 40 anni per spionaggio.
Nell’ultimo decennio l’Oman si è impegnato a risolvere questioni di lunga data tra l’Iran e i suoi rivali o nemici. In particolare, la leadership omanita ha svolto il ruolo di mediatore tra Teheran e Washington. Un lavoro iniziato più o meno ufficialmente attorno al 2013, e che ha gettato le basi per la maratona di colloqui culminata nell’importante accordo sul nucleare iraniano del 2015 (noto come Jcpoa). L’accordo è naufragato a causa della decisione unilaterale americana di ritirarsi dall’impegno e nonostante gli sforzi dell’attuale amministrazione sembra difficile una sua ricomposizione.
Dialogo anche sul nucleare?
Alcune delle dinamiche diplomatiche che riguardano l’Iran in questa fase si basano anche su questa consapevolezza: senza un accordo per congelare il programma nucleare iraniano, meglio dialogare con Teheran piuttosto che tenere una posizione guerresca. Linea comune anche sulla base della necessità di trovare una generale stabilità come base per spingere uno sviluppo regionale che potrebbero essere facilitato da vari fattori — la ripresa post pandemica, gli effetti della guerra russa in Ucraina sul mercato energetico, la costruzione di una multipolarità negli affari internazionali regionali.
Sebbene il resoconto dell’incontro tra Khamenei e il sultano omanita non abbia menzionato un possibile scambio di opinioni sul destino dei negoziati nucleari, da tempo si specula sul fatto che Muscat potrebbe fare da mediatore per ridare vita all’accordo morente. Un ruolo omanita più centrale, unito al contesto regionale, potrebbe sbloccare le trattative che sono in stallo da quasi due anni? All’inizio del mese, in occasione di un incontro con i vertici del ministero degli Esteri iraniano, Khamenei ha parlato ancora una volta di “flessibilità eroica”, la nozione da lui introdotta nel 2013 e che è servita ai diplomatici iraniani per ottenere il permesso di impegnarsi con le loro controparti americane prima di raggiungere il Jcpoa.