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Così l’Italia si fa protagonista nei vertici internazionali. Il punto di Castellaneta

Intervista all’ex Ambasciatore negli Stati Uniti, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi: “Sostegno all’Ucraina, evitando l’escalation verso un conflitto nucleare. Roma più vicina a Berlino che a Parigi. La Via della Seta? Ha ragione Meloni, si possono avere relazioni con la Cina senza essere partner strategici. In Libia occorre fare di più”

Con la Cina si possono avere relazioni commerciali, ma senza una partnership strategica. Condivide la tesi del Presidente del Consiglio sulla Via della Seta Giovanni Castellaneta, ex Ambasciatore negli Stati Uniti e già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi che, in questa conversazione con Formiche.net, traccia una panoramica dell’intensa settimana internazionale di Giorgia Meloni. Dopo il vertice in Moldova ci sarà la visita di Olaf Scholz e il viaggio in Tunisia, in attesa di quello a Washington.

Come prosegue la politica estera del premier?

Molto bene. Protagonista nei giusti consessi, come nel vertice della comunità politica europea: è stato molto opportuno che la Presidente sia stata presente, si tratta di appuntamenti nei quali l’Italia può meglio dispiegare la propria influenza, rispetto ad altri formati, in un’area che ci vede da sempre protagonisti.

Venendo all’incontro con il cancelliere tedesco, gli elementi comuni dei due tessuti industriali e le policies sull’Ucraina possono rafforzare l’intesa?

La politica tedesca in questo momento sembra più vicina a quella italiana: ovvero prudente nei confronti delle aperture sull’Ucraina rispetto alla Francia che, come sappiamo, è più avanzata nell’idea di farla entrare nella Nato. Germania e Francia, anche nel summit in Moldova, hanno avuto delle diversità di vedute: noi credo siamo più vicini alla posizione tedesca nel sostegno all’Ucraina ma in un quadro che non porti a un’escalation che, in seguito, potrebbe diventare inarrestabile. Ricordo che nelle stesse ore in cui si è tenuto il vertice europeo si è svolto anche l’incontro dei ministri degli esteri a Oslo, dove era presente il nostro Antonio Tajani.

Quali le aspettative del prossimo vertice Nato di Vilnius? L’alleanza valuterà l’adesione dell’Ucraina?

Sarà quella l’occasione in cui, dopo aver preso le misure del consenso europeo, si potrà tradurre in pratica l’azione del Paesi membri della Nato e dell’Italia, che è uno dei membri fondatori. Anche da questo punto di vista l’incontro con Scholz è interessante, al pari della prospettiva industriale: per noi la locomotiva tedesca non si deve fermare adesso. E’ rallentata, siamo consapevoli che vi sono delle difficoltà, ma ci auspichiamo che si riprenda. Vi è un altro elemento di vicinanza con Berlino alla voce Cina. Sicuramente puntiamo alla difesa dei nostri interessi, ma nello stesso tempo non dobbiamo tagliare i rapporti commerciali, che sono essenziali per l’industria tedesca e anche per noi.

Su questo il Presidente del Consiglio ha detto chiaramente che si possono avere relazioni senza per questo essere partner strategici, alludendo alla Via della Seta. Quale la sua opinione in merito?

Ci sono dei presìdi di difesa della sicurezza nazionale, come il golden power, grazie alla quale mantenere una forte salvaguardia degli interessi nazionali in settori di punta, come la ricerca, la produzione industriale, l’alta tecnologia ma senza per questo chiudere ai rapporti economici. Credo che il presidente Meloni abbia avuto perfettamente ragione in quella sua riflessione, che mi sembra essere molto vicina alle posizioni tedesche.

Altro ambito delicato per gli interessi geostrategici italiani è quello balcanico, che lei conosce bene essendo stato da poco riconfermato al vertice dell’Iniziativa Adriatico Ionica (Iai). La de-escalation tra Kosovo e Serbia passa anche dall’integrazione dei Balcani occidentali in parti del mercato interno, come auspicato da Ursula Von der Leyen?

Senz’altro dobbiamo accompagnare i Balcani occidentali verso un avvicinamento all’Unione europea, ma dobbiamo accelerare i negoziati sui punti specifici. Certo, non verrebbe visto molto bene lo schema in cui alcuni Paesi possano avere una scorciatoia verso l’adesione mentre altri, come ad esempio l’Albania, da anni attendono pur avendo compiuto miglioramenti considerevoli. La nostra Iai sta aiutando questo cammino verso l’Unione europea.

In che modo l’Ue e l’Italia dovranno progettare al meglio la propria iniziativa in Africa per competere con la Cina?

Noi siamo una potenza media e dobbiamo soprattutto dispiegare la nostra forza politica, economica e diplomatica verso i Paesi vicini: da una parte i Balcani e dall’altra l’Africa del Nord. Quindi non solo la Tunisia ma anche tutta la fascia del Mediterraneo sud. L’altro grande Paese in cui noi abbiamo un ruolo speciale è la Libia naturalmente, ma dobbiamo fare di più e dobbiamo non solo creare le condizioni perché i migranti non vengano in maniera illegale in Italia, ma aiutare questi Paesi a creare una propria piccola e media industria che trattenga lì i cittadini. Ricordo che Tunisia e Libia sono solo Paesi di transito: il vero nodo si trova più a sud, nella fascia sub sahariana.

Intanto l’Italia incrementerà la produzione missilistica di sistemi di artiglieria navale, munizioni e giubbotti antiproiettili, da destinare all’Ucraina in vista di un prossimo pacchetto di aiuti. Quanto tutto ciò rafforza la posizione di Roma?

Il Governo ha già stabilito dei limiti: come tutti gli altri Paesi europei, anche noi contribuiamo alla difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa in accordo con l’alleato americano, ma con l’obiettivo che non si giunga ad un’escalation che potrebbe portare un domani ad una guerra nucleare. Dobbiamo sicuramente aumentare la produzione per evitare che il nostro sistema di difesa resti sguarnito. Per cui va bene la produzione per dare strumenti che servano a difendere il proprio territorio, ma senza che creino le condizioni per delle risposte che potrebbero essere inimmaginabili e spostare, così, il conflitto verso una soglia non più controllabile.


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