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Perché un ufficio Nato a Tokyo non piace a Macron

Parigi ha diversi interessi, nell’Indo Pacifico e con la Cina, e per questo non ritiene opportuno che la Nato apra un ufficio di collegamento in Giappone. Troppo ingombrante e lontano dal contesto geo-strategico dell’alleanza?

Il presidente francese, Emmanuel Macron, si è opposto alla proposta della Nato di aprire un ufficio a Tokyo perché ritiene che l’alleanza di sicurezza debba rimanere concentrata sulla propria regione nord-atlantica. La linea dell’Eliseo è particolare, perché arriva a poca distanza dal vertice di Vilnius dell’alleanza e perché complica mesi di discussioni all’interno della Nato per la creazione del primo avamposto dell’alleanza nella regione indo-pacifica. Soprattutto, sembra frenare un orientamento da parte della Nato, che già da tempo — ed esplicitamente nel nuovo Startegic Concept — ha individuato le dinamiche dell’Indo Pacifico e le interconnessioni con il quadrante Euro-Atlantico come parte degli interessi strategici, e dunque aumentato le partnership con Paesi come il Giappone e la Corea del Sud (in parte anche l’India), e inserito la Cina tra i rivali sistemici.

Narrazioni e interessi

La volontà di aprire un piccolo liaison office a Tokyo arriva su spinta degli Stati Uniti, che hanno raccolto l’invito del Giappone nell’esortare i Paesi europei a essere più coinvolti nelle questioni di sicurezza dell’Asia, in particolare mentre cresce la preoccupazione per una possibile azione militare cinese contro Taiwan. La decisione ha prodotto un attacco di Pechino agli sforzi statunitensi per creare quelle che descrive come “coalizioni anti-Cina” nell’Indo-Pacifico, paragonandole a una “Nato asiatica”. Una narrazione costruita dal Partito/Stato molto simile a quella con cui Vladimir Putin ha giustificato l’aggressione in Ucraina: la Nato ci accerchia, non ci ha lasciato scelta.

Un funzionario francese ha spiegato al Financial Times che Parigi ritiene che lo statuto della Nato imponga all’alleanza di limitare la sua portata geografica al “nord Atlantico”. E ha anche suggerito che l’ufficio nipponico potrebbe minare la credibilità dell’Europa nei confronti della Cina per quanto riguarda la guerra in Ucraina, in particolare per quanto riguarda la richiesta a Pechino di non fornire armi alla Russia. Sostanzialmente la Francia è riluttante a sostenere qualsiasi cosa che contribuisca a creare tensione Nato-Cina. Parlando a una conferenza la scorsa settimana, Macron ha detto che la Nato non dovrebbe espandere la sua portata oltre l’Atlantico settentrionale e ha aggiunto: “Se […] spingiamo la Nato ad allargare lo spettro e la geografia, commetteremo un grosso errore”.

Nato e Tokyo: il contesto

Il Giappone e la Nato discutono dell’apertura di un ufficio a Tokyo da quando il defunto primo ministro Shinzo Abe visitò il quartier generale della Nato nel 2007. Nel 2018 un ufficio di collegamento giapponese è stato aperto a Bruxelles. Il primo ministro Fumio Kishida, che l’anno scorso è stato il primo leader giapponese a partecipare a un vertice della Nato, parteciperà al prossimo incontro che si terrà in Lituania a luglio. La Nato ha più di una dozzina di uffici di collegamento o delegazioni in tutto il mondo, anche in nazioni sensibili come l’Ucraina e la Moldavia per esempio.

La maggior parte di queste strutture è di piccole dimensioni e ha lo scopo di favorire i contatti con il governo e le forze armate del Paese ospitante. La creazione di una presenza a Tokyo aprirebbe alla possibilità dei membri dell’alleanza di operare sotto il vessillo Nato anche nell’Indo Pacifico. Coordinare gli approcci tra i Paesi like-minded è uno dei grandi piani strategici di Kishida. E le relazioni tra il Giappone e la Nato sono diventate rapidamente più strutturate davanti all’ascesa cinese. L’apertura dell’ufficio in Giappone richiede come procedura l’approvazione del Consiglio del Nord Atlantico, il più alto organo decisionale politico dell’alleanza transatlantica. Il voto deve essere unanime, il che significa che la Francia ha il potere di fermare la decisione. Se lo farà non è possibile prevederlo al momento.

Parigi e Pechino

La resistenza di Macron arriva due mesi dopo aver irritato gli Stati Uniti e altri alleati suggerendo, al rientro da una visita in Cina, che l’Europa dovrebbe prendere le distanze dalle tensioni tra Washington e Pechino su Taiwan. In quell’occasione, dopo dichiarazioni ambigue rilasciate in due interviste, Macron aveva cercato di stemperare gli animi con gli alleati ed evitare di essere visto troppo incline a Pechino. Addirittura in quei giorni una fregata francese aveva doppiato lo Stretto di Taiwan in una dimostrazione di allineamento sulle politiche di Usa e Ue che considerano quelle acque internazionali — mentre per Pechino sono l’area di separazione tra il mainland e quella che viene considerata una provincia ribelle da annettere.

La linea francese è articolata. Innanzitutto Parigi rivendica un eccezionalismo rispetto agli altri Paesi europei (della Nato) riguardo alle vicende indo-pacifiche, sentendosi l’unico Paese europeo direttamente (e dunque legittimamente) coinvolto, in virtù dei Territori di Oltremare, amministrazioni collegate all’Eliseo come la Polinesia Francese e la Nuova Caledonia. E per questo intende impegnarsi in iniziative dirette, evitando i consessi multilaterali, confrontandosi in forma bilaterale con interlocutori come gli Usa, o India, Giappone e Corea del Sud. Inoltre Parigi è rimasta poco soddisfatta da alcune attività politiche e securitarie come il Quad e l’Aukus (o il Gcap). Contemporaneamente vuole evitare di innervosire la Cina, con cui ha relazioni business, ma ha anche avviato un complesso piano di azione congiunto sull’Ucraina. Recentemente, dopo la visita europea dell’inviato peacekeeper cinese Li Hui, il super consigliere dell’Eliseo Emmanuel Bonne e il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, hanno avuto una conversazione telefonica in cui avrebbero “coordinato le posizioni” per creare insieme condizioni per il dialogo tra Mosca e Kiev. Parigi intende lavorare con Pechino su un dossier destinato a ricostruire gli equilibri dell’ordine globale e per questo vuole evitare attività che possano indispettire la Cina?

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