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La Cina usa la diga in Ucraina per mandare un messaggio al mondo

Il rappresentante permanente cinese alle Nazioni Unite sfrutta il contesto critico creato dal danneggiamento della diga nella provincia di Kherson per spingere la narrazione della Repubblica popolare, sul conflitto e sul ruolo che Pechino vuole darsi nel mondo. Potenza responsabile a protezione dei civili e dei rischi nucleari, ma fino a che punto si farà coinvolgere la Cina, anche solo nelle attività umanitarie?

Durante la riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, indetta per la situazione critica creatasi dopo la rottura della diga di Nova Kakhovka – evento le cui ragioni sono ancora da chiarire e forse avrà un inter lungo e articolato, qualcosa di simile a ciò che è accaduto al Nord Stream – il rappresentante permanente della Cina al Palazzo di Vetro, Zhang Jun, ha espresso le preoccupazioni di Pechino usando una serie di vettori retorici che raccontano la narrazioni cinese – con il conflitto ucraino che diventa un proxy per parlare del ruolo che la Cina intende darsi nel mondo.

Il contesto

Le conseguenze di quanto accaduto all’infrastruttura nella regione di Kherson non sono ancora valutabili completamente: mentre il CdS onusiano si riuniva (nella notte italiana), le acque dell’invaso dovrebbero aver raggiunto il livello massimo di apporto al Dnipro, stando alle stime idrologiche. Ora si attende una stabilizzazione delle portate nei prossimi giorni, e poi il lento ritiro delle acque dalle aree in cui il fiume ha esondato. Le stime parlano di 40mila persone costrette a lasciare le proprie abitazioni, con danni consistenti a raccolti e attività antropiche, nonché i rischi per i sistemi di raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

Nota prima di accedere a scenari apocalittici simili alle fantomatiche profezie della “Nostradamus dei Balcani”, Baba Vanga (che parlano tra l’altro di un disastro nucleare nel 2023 e tornano costantemente in circolo in casi come questo): l’impianto di Zaporizhzhia, la centrale nucleare a più elevata produzione in Europa e già centro di diversi combattimenti degli invasori russi, per ora non ha subìto danni e ha quantità d’acqua sufficienti, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite (Aiea).

Narrazioni e interessi

Tuttavia il quadro complessivo offre a Zhang tutti gli argomenti attorno a cui ruota la panoplia retorico-diplomatica cinese: la sicurezza alimentare e la crisi umanitaria (i raccolti distrutti dalle esondazioni, e gli altri danni a chi vive nell’area del bacino idrografico del Dnipro interessato dal danneggiamento della diga); il danno ambientale ed ecologico; i rischi per la sicurezza nucleare. La vicenda della diga è da una parte una preoccupazione reale per Pechino, visti gli sforzi pubblici per mettere al tavolo Mosca e Kyiv: si tratta infatti di un passaggio importante negli scontri che allontana ulteriormente, almeno nel brevissimo periodo, spazi per un contatto diplomatico. Dall’altra parte serve per spingere la narrazione del Partito/Stato come potenza responsabile e interessata al bene comune, quello dei cittadini e più in largo della collettività globale, sopra le faziosità della guerra.

Durante la riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il rappresentante permanente cinese ha espresso la “grande preoccupazione” per la distruzione e le conseguenti conseguenze che toccano il contesto “umanitario, economico ed ecologico”. L’ambasciatore Zhang ha invitato tutte le parti in conflitto a “rispettare il diritto internazionale umanitario” e a “proteggere i civili e le infrastrutture civili”. Per la feluca di Pechino, occorre far fronte subito “all’urgente bisogno di evacuazione e alle difficoltà di accesso all’acqua potabile” delle persone che vivono nell’area interessata dallo svuotamento dell’invaso. E ha assicurato che la Cina intende sostenere gli sforzi attivi delle Nazioni Unite e delle agenzie umanitarie per assistere la popolazione colpita.

Infine, pur prendendo atto della valutazione del direttore dell’Aiea, Zhang ha comunque sottolineato che “l’acqua nel serbatoio continua a ritirarsi e potrebbe non essere possibile pompare acqua nella centrale nucleare in futuro”, e ha aggiunto che in caso di disastri nucleari, nessuno può rimanere immune. Per questo ha invitato tutti alla “massima moderazione per evitare l’escalation del conflitto e gli errori di calcolo”. Ossia, Pechino vuole tenere alta l’attenzione/tensione sul suo impegno retorico per evitare una crisi atomica anche evocando scenari apocalittici.

Pacifismo e atti concreti

Quest’ultimo è un leitomotiv quando la Cina parla della guerra russa in Ucraina – che Pechino chiama “crisi”, non discernendo tra ruoli di aggressore e aggredito. “Se le fiamme della guerra continuano a divampare, non faranno altro che provocare maggiori sofferenze e disastri, creando maggiori rischi che sono gravi e impossibili da prevedere”, dice l’ambasciatore cinese. Le parti, continua, dovrebbero “sottomettersi al buon senso, esercitare la moderazione e riprendere al più presto i colloqui di pace”. Ossia, invita Kiev e Mosca ad accettare lo stato delle cose e fermare i combattimenti. Questo significa che l’Ucraina dovrebbe mediare una sorta di resa accettando l’occupazione territoriale russa in alcune province, e inoltre serve a sottolineare in modo indiretto che chi aiuta gli ucraini a combattere – l’Occidente e i Paesi like-minded – alimenta il corso della guerra.

È una narrazione nota, che cancella il valore della “pace giusta”, ossia quella ottenuta dopo che l’Ucraina ha difeso e respinto l’ingiusta invasione. Pechino ha spesso sfruttato situazioni più particolari negli scontri, come il danneggiamento della diga appunto, per spingere queste posizioni: Zhang ha parlato della preoccupazione per il protrarsi e l’ulteriore aggravarsi della situazione, e argomentato che l’evento a Nova Kakhovka dimostra che tutto può accadere in una situazione di conflitto.

“Nessuna parte, specialmente i Paesi con un’influenza importante, dovrebbe alimentare il fuoco e far crescere le tensioni, tanto meno cercare di trarre profitto dalle crisi allargate per portare avanti la propria agenda strategica”, dice il diplomatico cinese. Il riferimento è palesemente agli Stati Uniti. All’opposto, sostiene che la Cina continua a stare dalla parte della pace e, insieme ai partner interessati, è concentrata nel “compiere sforzi incessanti per promuovere i colloqui di pace e raggiungere una soluzione politica della crisi ucraina”. Ora però, mentre le acque dell’invaso allagano i territori ucraini aggiungendo disperazione alla disperazione della guerra, la Cina invierà forme di assistenza umanitaria diretta e concreta al di là della retorica? Lo facesse sarebbe una notizia importante.

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