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Silvio Berlusconi il precursore. Scrive Arditti

Berlusconi ha scardinato le liturgie politiche italiane ben oltre il ruolo giocato dai suoi governi ed è forse utile ricordarne qui la portata rivoluzionaria, che è sintetizzabile in tre elementi. Il corsivo di Roberto Arditti

La morte di Silvio Berlusconi chiude un ciclo politicamente già concluso da molti anni, per la precisione con la fine del suo ultimo governo nel 2011. Da allora infatti le vicende politiche hanno smesso di girare esclusivamente intorno a lui, come invece è accaduto ininterrottamente dal 1994 fino alla formazione dell’esecutivo guidato da Mario Monti (quindi per ben 17 anni).

Berlusconi però ha scardinato le liturgie politiche italiane ben oltre il ruolo giocato dai suoi governi ed è forse utile ricordarne qui la portata rivoluzionaria, che è sintetizzabile in tre elementi.

Il primo è che il Cavaliere comprese prima di tutti in Italia che il modo più efficace di raccogliere voti (supremo atto politico) ai nostri tempi è quello che passa attraverso la presa di distanze dalla politica medesima, giudicata (a parole) attività buona solo per i perditempo. Insomma il Cavaliere trasforma se stesso in un capo politico parlando male della politica. E lo fa cogliendo l’aria che tira 10-20 anni prima di tutti (da Grillo a Trump, sono tutti arrivati dopo di lui).

Il secondo punto essenziale è che Berlusconi capisce e applica con metodo scientifico un concetto moderno di leadership, che non vuole mediazioni (men che meno da parte dei media) nel suo rapporto con gli elettori ed i militanti. Possiamo chiamarlo populismo? Certo che si, ma sarebbe ingiusto affibbiare solo a lui questa espressione, per il semplice fatto che lui ha fatto prima quello che poi hanno fatto tutti.

Infine c’è il rifiuto assoluto della forma partito figlia del secondo dopoguerra (ma in realtà nata prima), che Berlusconi stravolge costruendo un movimento politico a sua immagine somiglianza. Nessuni prima di lui l’aveva fatto in Europa con analogo successo, tutti (o quasi) dopo di lui hanno provato a copiarlo, tanto è vero che oggi nelle schede elettorali di tutto il continente sono presenti nomi e sigle quasi sempre espressione di movimenti a leadership univoca e non contendibile.

Il Cavaliere stava vent’anni avanti a tutti, questa è la verità.

Sia nelle cose buone che in quelle meno buone.

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