L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, ha letto il discorso di Francesco davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu, presieduto dagli Emirati Arabi Uniti che hanno invitato a un evento che non ha precedenti sia il papa sia l’imam dell’università islamica di al-Azhar, lo sceicco al Tayyeb, firmatari nel 2019 del Documento sulla Fratellanza umana
Su iniziativa degli Emirati Arabi Uniti, che attualmente ha la presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, papa Francesco e l’imam dell’università islamica di al-Azhar, lo sceicco al Tayyeb, firmatari nel 2019 del Documento sulla Fratellanza umana, si sono rivolti al Consiglio di Sicurezza. Un evento che non ha precedenti e che è stato promosso e accettato dalle due parti nei mesi trascorsi. Il testo scritto da Francesco, attualmente ricoverato al Policlinico Gemelli, è stato letto da monsignor Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede.
Per Francesco, si legge all’inizio del suo messaggio, “i conflitti aumentano e la stabilità è messa sempre più a rischio. Stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi che, più passa il tempo, più pare espandersi. Il Consiglio, che ha come mandato quello di vigilare sulla sicurezza e sulla pace nel mondo, agli occhi dei popoli pare a volte impotente e paralizzato. Ma il vostro lavoro, apprezzato dalla Santa Sede, è essenziale per promuovere la pace e proprio per questo vorrei invitarvi, in modo accorato, ad affrontare i problemi comuni prendendo le distanze da ideologie e particolarismi, da visioni e interessi di parte, e coltivando un unico intento: adoperarvi per il bene dell’umanità intera. Infatti, dal Consiglio ci si aspetta che rispetti e applichi la Carta delle Nazioni Unite con trasparenza e sincerità, senza secondi fini, come un punto di riferimento obbligatorio di giustizia e non come uno strumento per mascherare intenzioni ambigue”.
Il papa ha parlato di una nuova gravissima carestia, quella di fraternità. “Emerge da tante situazioni di ingiustizia, povertà e sperequazione, dalla mancanza di una cultura della solidarietà”. Bergoglio quindi ha citato quanto disse nel 2014: “Le nuove ideologie, caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico, indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello ‘scarto’, che induce al disprezzo e all’abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati ‘inutili’. Così la convivenza umana diventa sempre più simile a un mero do ut des pragmatico ed egoista”.
Questa carestia di fraternità porta ai conflitti, nonostante che i due conflitti mondiali sembrassero aver condotto, con la nascita delle Nazione Unite, sulla via della pacifica convivenza. Scrive Francesco: “Per costruire la pace dobbiamo uscire dalla logica della legittimità della guerra: se essa poteva valere nei tempi passati, nei quali i conflitti armati avevano una portata più limitata, oggi, con le armi nucleari e di distruzione di massa, il campo di battaglia è diventato praticamente illimitato e gli effetti potenzialmente catastrofici. È venuto il tempo di dire seriamente ‘no’ alla guerra, di affermare che non le guerre sono giuste, ma che solo la pace è giusta: una pace stabile e duratura, non costruita sull’equilibrio pericolante della deterrenza, ma sulla fraternità che ci accomuna. Siamo infatti in cammino sulla stessa terra, tutti fratelli e sorelle, abitanti dell’unica casa comune, e non possiamo oscurare il cielo sotto il quale viviamo con le nubi dei nazionalismi. Dove andremo a finire se ciascuno pensa solo per sé? Perciò quanti si adoperano per la costruzione della pace devono promuovere la fraternità. È un lavoro artigianale che richiede passione e pazienza, esperienza e lungimiranza, tenacia e dedizione, dialogo e diplomazia. E ascolto: ascolto del grido di chi soffre a causa dei conflitti, in particolare dei bambini. I loro occhi solcati dalle lacrime ci giudicano; il futuro che prepariamo loro sarà il tribunale delle nostre scelte presenti. Siamo ancora in tempo per scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia: possiamo fare in modo che la guerra appartenga al passato e non al futuro. Le discussioni in seno al Consiglio di Sicurezza a questo sono ordinate e a questo servano. Vorrei sottolineare ancora una volta una parola, che amo ripetere in quanto reputo decisiva: fraternità. Essa non può rimanere un’idea astratta, ma deve diventare il punto di partenza concreto: è infatti una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura” .
Nel discorso pronunciato dall’imam al Tayyeb si è sottolineata l’importanza storica e senza precedenti di poter evidenziare il ruolo dei leader religiosi nel consolidare i valori di amicizia umana e di mutuo supporto. Al Tayyeb ha affermato che la sua intenzione, intervenendo davanti al Consiglio di Sicurezza, è quella di sollecitare la fine di guerre insensate, citando i conflitti che tormentano l’Iraq, l’Afghanistan, la Siria, la Libia e lo Yemen.
Può essere utile riporre qui un passaggio, tra i tanti di estremo rilievo, contenuti nel documento firmato ad Abu Dhabi nel 2019: “Dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente”.