Skip to main content

Cosa nasconde il naufragio di Pylos

C’è qualcuno in Libia (e anche fuori) che non vede di buon occhio lo sforzo “elettorale” dei soggetti interni e il supporto, pur faticoso ma strategico, dell’occidente al viatico che porti ad un processo elettorale? Il ruolo del caos in Sudan e le mire espansionistiche dei players esterni

Non c’è solo la tragedia umana dietro il naufragio nelle acque dinanzi al Peloponneso del peschereccio partito da Tobruk e diretto in Italia, con 100 bambini nella stiva, ma la consapevolezza che non sarà semplice procedere lungo la strada della normalizzazione istituzionale in Libia. Non fosse altro perché, al di là degli aspetti burocratici su cui verte la nuova legge elettorale, la diarchia politica fra Tripoli e Tobruk si riflette plasticamente su un dossier che è meramente finanziario, ma investe le vite di chi usa la Libia come ponte verso l’Italia e l’Europa, trovando purtroppo la morte.

Segnale da Tobruk?

Mentre in Grecia gli scafisti fermati rischiano fino a 20 anni di carcere con l’accusa di contrabbando di migranti, si moltiplicano le analisi sul perché sia riuscito a partire un peschereccio con a bordo un numero finora mai visto di persone, circa 750 tra pachistani e afghani, a dimostrare che l’apertura (o la chiusura) dei flussi è legata a doppia mandata alle politiche che sono state proposte in loco ed alla risposta data dalle fazioni impegnate da due lustri in una feroce lotta intestina.

Il nocciolo della questione va oltre il rimpallo di responsabilità in atto, al netto della posizione ufficiale del governo greco la cui Guardia Costiera per due volte ha offerto soccorso, ma rifiutato dalla nave Adriana. Questa partenza ha fruttato agli scafisti una cifra di circa 3 milioni di euro. Qualcuno in Libia non vede di buon occhio lo sforzo “elettorale” dei soggetti interni ed il supporto, pur faticoso ma strategico, dell’occidente al viatico che porti ad un processo elettorale?

Nodo elezioni

Sono scaduti i termini indicati dall’inviato delle Nazioni Unite in Libia, Abdoulaye Bathily, alla Camera dei rappresentanti di Tobruk e all’Alto consiglio di Stato per scrivere le nuove leggi elettorali e, quindi, immaginare un cronoprogramma che conduca il Paese alle urne. Ma al momento vi sono anche dei dubbi sul lavoro fin qui fatto: lo ha detto il capo dell’Alta commissione elettorale Imad Al Sayeh sugli articoli dei disegni di legge approvati dal Comitato misto congiunto 6+6 a Bouznika, in Marocco. Li ha definiti una minaccia all’integrità del processo elettorale. Secondo Al Sayeh “l’introduzione di alcuni articoli apre la porta ai ricorsi anche dopo la conclusione del processo elettorale, che rappresenta una minaccia per la stabilità e la legittimità delle autorità elette”.

Alleati e relazioni

Si trova a Washington il consigliere per la sicurezza nazionale Ibrahim Bushnaf ricevuto dal direttore del dipartimento Nord Africa presso il Consiglio di sicurezza nazionale, Jeremy Berndt, in un incontro alla Casa Bianca. Il Consiglio di sicurezza libico ha affermato che questa visita rientra nel quadro del lavoro del consiglio per stabilire partenariati con i consigli di sicurezza nazionale nei principali Paesi, ma non sfugge che si tratta di una ulteriore tappa del dialogo libico con il versante euroatlantico.

Nelle stesse ore a Roma si è tenuto il primo incontro tra il nuovo ambasciatore di Libia Muhannad Saeed Ahmed Younes e il Capo dello Stato, che ne ha ricevuto le credenziali. In un post sui social l’ambasciata di Libia a Roma aggiunge che il diplomatico ha trasmesso a Sergio Mattarella i saluti del primo ministro del Governo di unità nazionale Abdulhamid Dabaiba, e ha sottolineato l’importanza “di proseguire gli sforzi per sviluppare le relazioni bilaterali”.

Non solo amici e alleati, ma anche il caos esterno fa parte del dossier libico: lo dimostra ciò che sta accadendo in Sudan, dove il golpe di un mese fa non fa più notizia sui giornali occidentali ma continua a produrre effetti a catena. Il primo dei quali è la trasformazione della Libia in hub strategico per l’approvvigionamento di armi e altro sostegno. Da tempo il generale Khalifa Haftar ha supportato il gruppo che ora controlla Khartoum.

×

Iscriviti alla newsletter