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Fatti, conseguenze geopolitiche, strategiche e tattiche della controffensiva ucraina

Non si possono fare ancora previsioni attendibili sull’esito della controffensiva ucraina. Sicuramente il caos e la perdita di prestigio subiti da Putin e dal Cremlino a seguito della rivolta del Gruppo Wagner, la favoriranno non solo politicamente, ma anche militarmente… L’analisi del generale Carlo Jean

La controffensiva con cui Kiev mira a riconquistare la maggior parte dei territori perduti – o, almeno, ad interrompere il “ponte terrestre” fra la Russia e la Crimea raggiungendo il Mar d’Azov – è in pieno svolgimento. I successi conseguiti dagli ucraini contro le linee fortificate multiple organizzate dai russi sono marginali, più lenti di quanto previsto da Kiev e sperato anche dai suoi sostenitori occidentali, consapevoli che un successo di Kiev avrebbe fatto cessare le crescenti critiche sul sostegno all’Ucraina.

I russi si difendono accanitamente. Non tanto per la trasformazione dell’“operazione militare speciale” in una “guerra di popolo”, quanto per gli adattamenti tecnici e tattici adottati, per il maggior numero di soldati e per il miglioramento della catena di comando, che peraltro rimane caotica per i contrasti fra lo Stato Maggiore e le milizie.

Alla Wagner si stanno aggiungendo altre organizzate e finanziate dagli oligarchi. La rivolta di Prigozhin sarà verosimilmente sconfitta, se le Forze Armate e le consistenti forze del ministero dell’Interno manterranno, come è probabile, la loro unità. Potrebbero determinarsi però le condizioni per un governo affidato ai vertici militari, più pragmatici dell’attuale “cerchio magico” di Putin e, sin dall’inizio, contrari all’“avventura ucraina”.

Entrambi i contendenti si battono con tenacia e valore. Il logoramento domina sulla manovra. Ciò facilita i russi, che hanno adottato taluni accorgimenti in campo tecnico-tattico, riducendo la superiorità qualitativa prima posseduta dagli ucraini, soprattutto nel campo dell’informazione e della precisione delle armi. Inefficace sull’andamento delle operazioni terrestri continua però ad essere la loro aeronautica. Pochi dei molti aerei disponibili effettuano attacchi contro le forze ucraine. Si discute se ciò dipenda dalla volontà del comando russo di non perdere troppi aerei, oppure se manchino bombe a guida laser, uniche efficaci contro formazioni terrestri corazzate. In parte, l’azione aerea è sostituita da elicotteri da combattimento. Si sono rivelati particolarmente efficaci contro le forze ucraine rallentate dal sistema multiplo di campi minati, di trappole anticarro e di trincee, costruito dai russi.

La situazione è ben diversa da quella esistente nella controffensiva ucraina dello scorso settembre. Allora i russi non disponevano delle forze necessarie per garantire una sufficiente densità della difesa a Sud, nella regione di Kherson, e a Nord, in quella di Kharkiv. Furono ingannati dagli ucraini, che fecero loro credere che stessero preparando un attacco a Sud. Spostarono le loro scarse forze da Nord, sguarnendo le difese di Kharkiv, che vennero poi travolte dall’attacco ucraino rafforzato dalle forze prima dislocate a Sud, con una brillante manovra per linee interne.

Tale sorpresa strategica non è più possibile oggi. I russi dispongono di un migliore sistema di sorveglianza del campo di battaglia, basato su satelliti e “droni” e, soprattutto, hanno forze più numerose. Per loro è possibile rinforzare i tratti del fronte minacciati senza sguarnirne altri, creando per gli ucraini condizioni favorevoli per creare una breccia attraverso cui irrompere in profondità, anziché insistere nei loro sanguinosi attacchi frontali. Senza breccia e irruzione in profondità, dominerà l’attrito. Non sarà possibile una manovra, unica idonea non solo per la riconquista di consistenti territori – e non limitata alla riconquista di qualche villaggio – ma anche per ridurre le perdite della migliore gioventù ucraina, necessaria per la ricostruzione (non della massa di ex-carcerati giudicati “spendibili” dal Cremlino).

Tra le forze russe e quelle ucraine rimane un’asimmetria di fondo nel sistema di comando e controllo: quello ucraino è più flessibile e decentrato. I comandanti in sottordine possono agire d’iniziativa, per sfruttare situazioni favorevoli anche locali e momentanee. La dottrina tattica russa lascia ben poco spazio all’iniziativa. È gerarchica, organizzata a piramide. In operazioni manovrate è decisamente meno efficace del sistema a rete, secondo cui è organizzato il sistema di comando e controllo ucraino, secondo i suggerimenti dati da Elon Musk all’inizio dell’aggressione russa.

L’uso dello Space X-Starlink e del Cloud computing aveva consentito agli ucraini un vantaggio decisivo nello sconfiggere la puntata russa su Kiev e, successivamente, nello sfruttare gli effetti dei “droni” e dei lanciarazzi multipli Himars che neutralizzarono la superiorità dell’artiglieria russa nel Donbass.

I russi hanno imparato la lezione. In particolare, i progressi fatti nel campo dell’uso massiccio dei “droni” e della guerra elettronica sono stati rilevanti. In quest’ultima, i russi hanno acquisito la capacità di interferire con il sistema Gps americano, da cui dipende la guida dei “droni” e dei razzi Himars, riducendone la precisione e, quindi, l’efficacia. Si è confermato il concetto, ampiamente sviluppato in ambito Nato, dell’esigenza che qualsiasi organismo militare moderno debba possedere una grande e rapida capacità d’innovazione, per far fronte all’aumento degli imprevisti tecnici e tattici. In sostanza, nella controffensiva gli ucraini hanno visto attenuarsi le ragioni dei loro precedenti successi, mentre l’handicap maggiore dei russi, cioè la rigidità del loro sistema è risultata meno dannosa nella difesa di posizioni predisposte e fortemente presidiate, rispetto alle azioni offensive.

Non si possono fare ancora previsioni attendibili sull’esito della controffensiva ucraina. Sicuramente il caos e la perdita di prestigio subiti da Putin e dal Cremlino a seguito della rivolta del Gruppo Wagner, la favoriranno non solo politicamente, ma anche militarmente. È inevitabile una diminuzione del morale delle truppe russe. Incerti rimangono gli impatti della controffensiva sull’intero conflitto e sulle probabilità di negoziato, eccetto nel caso del tutto improbabile di una defenestrazione di Putin e di un governo costituito da militari pragmatici, opposti sin dall’inizio all’“avventura ucraina”.

Le sue conseguenze riguarderanno comunque non solo l’Ucraina e neppure solo l’Europa, ma anche lo “status” della Russia, quello della Nato e l’influenza occidentale nel mondo nei prossimi decenni. In un certo senso, gli esiti del conflitto in Ucraina determineranno il livello d’influenza nel mondo dell’Occidente euro-atlantico (inclusi i suoi alleati asiatici), e va considerato un prologo allo scontro fra gli Usa e la Cina che determinerà l’ordine mondiale nella seconda parte del XXI secolo.



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