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Russia. La Cina glissa, la Turchia ci prova (con la mediazione), l’Iran amichevole

La Cina racconta la situazione in Russia attraverso la narrazione governativa. Pechino non si sbilancia, non ha interesse a farlo né dal punto di vista del rapporto con Mosca, né secondo gli interessi interni (stando al principio della non interferenza). Ma manda segnali chiari contro l’alterazione dello status quo

L’agenzia di stampa statale Xinhua è stata il primo media cinese a raccontare cosa sta accadendo in Russia — dove l’oligarca a capo della milizia Wagner, Evgeny Prigozhin, ha lanciato le sue truppe contro il ministero della Difesa in un complesso braccio di ferro con Vladimir Putin e contro l’establishment militare. Mentre la Turchia cerca di trovare un suo spazio nella vicenda — che tutto è fuorché interna alla Russia, visto il suo significato internazionale — offrendosi come mediatrice; l’Iran mostra sostegno offrendo e comprensione in difesa di Mosca; la Cina pare interessata per il momento a restare più distante, pur segnando linee di interesse.

Recep Tayyp Erdogan ci ha ormai abituati a questo spirito: dove c’è uno spazio diplomatico prova infilarsi (non per desiderio puto di mediazione, ma per mostrare al mondo che lui è presente). In questo caso è mosso da un sentimento di riconoscenza perché Putin lo aveva sostenuto nelle ore buie del golpe di luglio 2016 (e perché ha avuto screzi con la Wagner nel campo neutro libico, dove la Turchia appoggiava il governo onusiano che i miliziani russi intendevano rovesciare per conto di Putin).

Ebrahim Raisi, o meglio la Guida Ali Khamenei, sanno bene che l’Iran ha pochi amici, tra questi la Russia. Non hanno troppe chance se non mostrarsi amichevoli. Ma chiaramente, come nel caso turco, tutto è anche a interesse interno. Sulla crisi russa c’è da mandare un input alle proprie collettività, istituzioni comprese: senza status quo è il caos. Inoltre l’indebolimento di Mosca è profittevole: Teheran sa che ci sono spazi per sbilanciare ancora po’ a suo favore questo amicizia imperfetta.

Xi Jinping è invece interessato ad attendere le evoluzioni prima di verificare il da farsi, e nonostante la tanto propagandata “amicizia senza limiti” è probabile che il leader cinese eviterà di esprimersi.

L’articolo della Xinhua è liscio, ma ha significato intrinsechi (nei prossimi giorni altri media come il Global Times o il Giornale del Popolo potrebbe particolare di più la posizione cinese). Il pezzo descrive quanto accade attraverso gli statement del governo, giustifica le misure di contenimento anti-terrorismo — le disposizioni secondo cui Prigozhin deve essere arrestato, misure durissime attraverso le quali vengono puniti, perseguiti e perseguitati i nemici dello stato, o meglio del putinismo. L’Fsb — l’intelligence federale — ha avviato un procedimento penale contro Prigozhin, sospettato di incitare alla ribellione armata (涉嫌煽动武装叛乱), spiega Xinhua mandando un messaggio chiaro: chi si oppone al corso del potere è un nemico. Il pezzo fornisce una sintesi di una dichiarazione rilasciata dal ministero della Difesa russo, sostiene che la denuncia di Prigozhin — secondo cui i militari russi hanno attaccato le truppe Wanger venerdì 23 giugno a Kursk — è basata su informazioni false (come rivendica il Cremlino).

L’articolo cita anche il discorso televisivo odierno con cui Putin ha parlato alla nazione, sottolineando che gli organizzatori della ribellione hanno tradito la Russia e ne saranno responsabili. Inoltre, fa riferimento ai rapporti dei media di Stato russi sostenendo che sono state intensificate  le misure di sicurezza, anche se la situazione nel centro di Mosca era calma, con pedoni e trasporti pubblici che circolavano tra le vie della città (in realtà nella capitale russa la tensione è altissima). In generale, Pechino sta cercando di trasmettere ai suoi cittadini diverse percezioni. La prima riguarda la sua linea, giustificando la non necessità di non avere ancora una posizione esplicita attraverso una sottile minimizzazione dell’accaduto, pur sposando informalmente la posizione governativa. Questo serve alla seconda percezione da rafforzare: la violazione dello status quo è descritta indirettamente come un fattore negativo per la stabilità (lo è nei fatti, a maggior ragione per un regime autoritario come quello della Repubblica popolare), contro il quale intervenire con decisione e forza.

Terzo aspetto: la non interferenza, che è un valore nella linea politica di Xi (anche se in questo caso Putin potrebbe trovarlo meno condivisibile del solito) utile a marcare una distanza con i Paesi occidentale da cui sono uscite dichiarazione di preoccupazione per la situazione che a Mosca come a Pechino solitamente vengono sempre accolti come ingerenze. Eppure, da angoli dell’infosfera cinese sono anche state sollevate critiche contro la leadership russa: per esempio un articolo su Ifeng News descrive descrive il sistema amministrativo come “addormentato al passaggio” mentre Wagner si espandeva, ignorava le preoccupazioni di Prigozhin e ora affronta una lotta per la sua esistenza (addirittura la situazione in Russia viene paragonata con la ribellione di An Lushan nel mezzo della dinastia Tang). Quello di Ifeng è uno spazio informativo meno noto in Occidente, ma non meno controllato dal governo. Per questo interessante.

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