Prigozhin ha annunciato che le sue truppe si ritireranno da Mosca e torneranno ai posti di combattimento. La decisone sarebbe avvenuta attraverso una mediazione condotta dall’autarca bielorusso, Alexander Lukashenko
Il capo della milizia Wagner, Yevgeny Prigozhin che aveva lanciato un assalto militare contro il ministero della Difesa russo, ha annunciato che le sue truppe si ritireranno dalla missione su Mosca e torneranno ai posti di combattimento — in Ucraina.
L’annuncio di Prigozhin sembra disinnescare una crisi in drammatica escalation che rappresentava la sfida più significativa per la leadership del presidente Vladimir Putin nei suoi oltre due decenni al potere.
Mosca si era preparata all’arrivo di un esercito privato guidato dal comandante ribelle erigendo posti di blocco con veicoli blindati e truppe sul suo confine meridionale. La Piazza Rossa è stata chiusa e il sindaco ha esortato gli automobilisti a stare lontani da alcune strade. Al di là dell’esito, questa vicenda ha portato per la prima volta gli effetti della guerra ucraina direttamente nella capitale russa. E questo avrà un peso in futuro.
Prigozhin ha detto che mentre i suoi uomini erano a soli 200 chilometri da Mosca, ha deciso di fermarli per evitare di “spargere sangue russo”. Non ha detto se Mosca ha risposto alla sua richiesta di estromettere il ministro della Difesa Sergei Shoigu e del comandante delle forze russe in Ucraina, il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. Non ci sono stati commenti immediati dal Cremlino.
La decisone sarebbe avvenuta attraverso una mediazione condotta dall’autarca bielorusso, Alexander Lukashenko.
“Questa mattina, Vladimir Putin ha informato il suo collega bielorusso sulla situazione nel sud della Russia con la Wagner. I capi di stato hanno concordato un’azione comune”, afferma il comunicato stampa di Minsk. “In linea con gli accordi, il presidente bielorusso ha avuto colloqui anche con Prigozhin.
I colloqui sono durati l’intera giornata. Di conseguenza, hanno convenuto che è inaccettabile scatenare un bagno di sangue sul territorio russo”.
Prigozhin avrebbe accettato l’offerta di Lukashenko di fermare l’avanzata dei suoi mercenari sul territorio russo e di compiere ulteriori passi per allentare le tensioni. Su quali contropartite e contrappesi si basi questa offerta non è attualmente noto, e forse non lo sarà mai. “Una soluzione vantaggiosa e accettabile è ora sul tavolo, con garanzie di sicurezza per i combattenti della Wagner” che hanno preso parte al tentativo di colpo di stato.
Non è chiaro quanto queste informazioni siano attendibili. Val la pena ricordare infatti che in campo c’è una formazione paramilitare specializzata nella guerra ibrida e nelle campagne di disinformazione; un regime autoritario che ha più volte utilizzato quei paramilitari per i piani di azione ibridi su diversi scenari e dossier (seguendo in forma moderna le misure attive di epoca sovietica); infine a mediare la situazione un presidente autoritario protagonista di campagne di propaganda continue che ne hanno permesso (insieme al controllo totale dei suoi cittadini) di mantenere la presa sul potere.
L’ipotesi di un accordo è comunque più che credibile. Prigozhin potrebbe aver ottenuto rassicurazione che i suoi soldati e la sua milizia resteranno “privati” e non passeranno sotto il controllo de facto del governo russo, come prevede un decreto entrante in funzione il 1º luglio per regolamentare tutti i “volontari” che combattono in Ucraina. Inoltre si può supporre la sostituzione di Shoigu e Gerasimov con figure più apprezzate da Prigozhin: questo potrebbe servire anche per scaricare sui due vertici militari le ragioni degli insuccessi in Ucraina. Buona exit strategy per il Cremlino. Ora il problema è capire come e se tali intese vengano implementate e rispettate. Da esse dipenderanno i futuri equilibri a Mosca.