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I tre giorni del cardinale Zuppi che sconvolsero Mosca. Scrive D’Anna

L’immanenza del cardinale Matteo Zuppi è riuscita ad ottenere risultati concreti come la restituzione dei bimbi e l’attivazione di contatti diretti. Con infinita pazienza e tenacia, l’inviato di Papa Francesco ha sperimentato quanto siano remote a Mosca le vie della pace e della speranza e in che modo, dietro il gioco degli specchi dei suoi interlocutori, i ciechi sappiano ascoltare ed i sordi abbiano una vista acuta. L’analisi di Gianfranco D’Anna

C’è l’embrione di un negoziato. Un contatto avviato. Una luce accesa nelle tenebre. Anche se è ancora presto per dirlo, sembra proprio un indefinibile bypass dell’impossibilità.

Da Santi come a San Francesco, a filosofi come George Santayana, al Nobel Kennet Arrow, i tre giorni della missione a Mosca del cardinale Matteo Zuppi hanno scandagliato in lungo e in largo il teorema dell’impossibilità, aggiungendovi ulteriori integrazioni. Subliminalmente il bilancio degli incontri del Cardinale Zuppi, inviato di Papa Francesco, con Yury Ushakov, consigliere del presidente Vladimir Putin, col patriarca ortodosso Kiril e con Maria Lvova-Belova, commissaria del Cremlino per i diritti dell’infanzia, sintetizzano infatti quanto sostenuto dal poverello d’Assisi, secondo il quale se “si cominciasse a fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, all’improvviso ci si sorprenderà a fare l’impossibile”, combacia con quanto affermato da Santayana per il quale il “difficile si può fare subito mentre l’impossibile richiede un po’ più di tempo” e confermano il teorema dell’economista Arrow convinto che per superare l’impossibilità sia necessario escludere le decisioni dittatoriali.

Fuori di metafora il cardinale Zuppi ha esplorato a mani nude, confidando esclusivamente sulla fede e la speranza, l’icerberg della Russia di Putin ed ha acceso una labile ma tenace luce di dubbi e interrogativi sui riflessi umanitari di quel mondo a parte, autocratico e sedimentato sulle cupe esperienze leniniste e staliniste.

Investito personalmente da Papa Francesco di una missione umanitaria quasi trascendentale, d’ascolto e di incoraggiamento caritatevole, fra i bagliori della guerra fra l’Ucraina e la Russia, il Presidente della Conferenza episcopale ed Arcivescovo di Bologna ha innanzi tutto cercato di avvicinare i margini delle profonde ferite del confitto, nel tentativo di una ricucitura col filo della pietà e della compassione.

In ogni caso, da una parte fra le devastazioni e le atrocità subite dall’Ucraina e dall’altra fra la disumana ossessione di mandare allo sbaraglio e al macello intere generazioni di russi, il porporato ha gettato un immanente seme di pace e di speranza nell’abisso dei combattimenti più feroci e tecnologici in corso in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale.

Dall’ascolto delle ragioni di Kiev al muro di gomma di Mosca, il cardinale Zuppi si é mantenuto in perfetto equilibrio, trasmettendo ai vertici istituzionali e religiosi ucraini, alla nomenclatura del Cremlino e al Primate della Chiesa ortodossa russa, i “codici” morali e diplomatici della disponibilità del Papa e della Santa Sede per attivare in qualsiasi momento trattative e negoziati, scambi di prigionieri, ricongiungimenti familiari dei bambini ucraini deportati in Russia, e soprattutto per eventuali tregue e cessate il fuoco.

Paradossalmente a connotare l’esito complessivo largamente positivo dei tre giorni a Mosca del porporato è il mancato incontro col Presidente Russo. Impegnato ad affrontare le gravi, ed ancora non del tutto note, conseguenze del corto circuito provocato dalla marcia su Mosca dei mercenari del gruppo Wagner e l’ambiguo ruolo di parte dei vertici militari e dell’intelligence, Putin ha verosimilmente evitato incontrando l’inviato di Papa Francesco di apparire “trattativista” incontrando l’inviato di Papa Francesco in concomitanza con la progressiva controffensiva ucraina e le crescenti difficoltà della fallita invasione. Un “vorrei ma non posso” quello di Putin comprovato dall’inconsueto duplice incontro del cardinale Zuppi con il consigliere presidenziale Yuri Ushakov.

Colloqui che Ushakov ha personalmente definito “molto utili” e che hanno tracciato il perimetro e le prospettive degli incontri del cardinale col patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill e la garante per i diritti dei bambini, Maria Llovo-Belova.

La Russia “apprezza la posizione equilibrata e imparziale del Vaticano” sull’Ucraina, ha affermato Ushakov che ha significativamente aggiunto: “Abbiamo concordato di rimanere in contatto, il cardinale riferirà personalmente a Papa Francesco le sue impressioni sui negoziati di Mosca e se ci saranno altre proposte noi saremo pronti a discuterne”.

Alle affermazioni del consigliere presidenziale del Cremlino, che evidentemente si è potuto spingere più in là di quanto lo stesso Putin non avrebbe potuto affermate direttamente, si aggiungono le parole del Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov che confermano il successo della missione dell’Inviato vaticano: “I bambini ucraini che si trovano nel territorio della Russia possono tornare dai loro genitori se le autorità di Mosca riceveranno tali richieste. Nessuno nasconde i loro nomi e le coordinate di dove si trovano. Se questi bambini hanno genitori o parenti diretti, loro hanno tutto il diritto di portare via questi bambini”, ha detto Lavrov in un briefing con la stampa.

Sulla spinta dei riscontri della missione del Cardinale Zuppi, la diplomazia vaticana resta impegnata con tutte le energie per cercare di aprire uno spiraglio al dialogo tra le parti in lotta in Ucraina. In una nota, la Santa Sede ribadisce che, dopo la visita del cardinal Zuppi a Mosca il Papa deciderà “ulteriori passi da compiere, sia a livello umanitario che nella ricerca di percorsi per la pace”.

“La tragica realtà di questa guerra che sembra non avere fine esige da parte di tutti uno sforzo creativo comune per immaginare e tracciare percorsi di pace”, ha detto il papa incontrando una delegazione religiosa del Patriarcato di Costantinopoli.

Dopo l’ultimo fine settimana di angoscia e tensioni, in Vaticano e in molte capitali gli impercettibili, ma persistenti, segnali di discontinuità provenienti da Mosca rilanciano speranze di svolte, in realtà lontane e difficili, ma che richiamano le parole di Nelson Mandela: “La pace è un sogno, può diventare realtà… Ma per costruirla bisogna essere capaci di sognare”.

Secondo alcuni analisti Vladimir Putin avrebbe invece perso un’occasione per rilanciare immagine e ruolo di una leadership presidenziale compromessa. Non ha valutato che un colloquio anche interlocutorio con il cardinale Zuppi avrebbe in realtà aperto un confronto fra Zelensky e gli alleati occidentali e poi, soprattutto, ha perso l’occasione per avviare un rapporto diretto e personale col cardinale fra i più accreditati come probabile successore di Papa Francesco. Eventualità che evidentemente il presidente russo non considera, inconsciamente, più tempestiva della sua uscita di scena.



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