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Tunisia fuori controllo, serve un intervento politico. Il monito di Mannino

Conversazione con l’ex ministro democristiano: “Oggi la situazione è anche più grave di quel che appare. Fondi dal Fmi? Certamente quei denari servono, ma al contempo c’è un popolo affamato che continua a crescere. Ci vorrebbe una presenza anche della nostra Marina militare davanti alle coste”

La situazione tunisina rischia di essere causa di una crisi gravissima che investe direttamente l’Italia e il Mediterraneo. Al momento è fuori controllo, anche perché la Francia non ci può mettere più un piede. Questa la diagnosi che l’ex ministro democristiano Calogero Mannino affida a Formiche.net, analizzando le mosse del governo, del Fmi e dell’Ue anche alla luce dell’ultimo Consiglio Europeo e dell’intreccio con un dossier altrettanto strategico e complesso che prende il nome di Libia.

I fondi del Fmi a Tunisi saneranno la crisi?

Se hanno promesso dei fondi a Tunisi, glieli dovranno dare di corsa. Ricordo che negli anni ’80 noi siamo arrivati a fare con la Tunisia cose incredibili, penso a grandi quantità di cereali e prodotti alimentari. Oggi la situazione è anche più grave di quel che appare dal momento che non ho ben chiara l’idea che il premier ha sulla Tunisia. Gli fa dare soldi dal Fondo monetario internazionale? Ovvero dagli Usa? Certamente quei denari servono, ma al contempo c’è un popolo affamato che quotidianamente si moltiplica. Ma c’è un problema molto più grave della Tunisia.

Ovvero?

La Libia, dove si va configurandosi un accordo che vede Erdogan mediare con Prigozhin: tutto ciò porta inevitabilmente ad un’indicazione di prospettiva. Io penso che Putin non voglia aprire altri fronti, per cui l’unica soluzione è dividere la Libia tra Wagner ed Erdogan. Significa che la situazione tunisina resta drammatica per noi.

Rispetto a 30 anni fa quali differenze vede?

In quel momento Gheddafi era un problema molto serio e in Tunisia si riversava innanzitutto un’influenza algerina, proprio mentre Algeri era schierata direttamente con la Russia. Per cui, attraverso l’Algeria, cominciava a filtrare il passaggio dall’Africa subsahariana. A differenza della prima Repubblica, in cui c’era un controllo molto forte del territorio, adesso la gestione degli immigrati manca di uno strumento. Già alla fine degli anni ’80, quando alcuni di questi problemi cominciavano a manifestarsi, il governo Andreotti aveva impresso un’indicazione generale, ovvero con l’idea di realizzare un ospedale e facendolo scortare da 500 carabinieri. Poi arrivò il 1992 e quell’azione evidentemente si fermò. Non mi pare che oggi sui dossier importanti ci sia una chiarezza di idee.

Come migliorare l’azione del governo?

Una delle prime cose che dovrebbe fare il premier, secondo me, sarebbe quella di parlare con il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare e tenere più vicino alla Tunisia un pezzo della flotta, ma senza dare l’impressione che la mandi per controllare gli immigrati, anzi, se il caso, la farebbe intervenire per salvarli. Occorre quindi un intervento più altamente politico e più contenutistico rispetto alla semplice mediazione con il Fmi. Credo ci sia da valutare come aiutare questo Paese, come tenerlo in piedi dal momento che non è molto forte. Non so quanto resisterà, può darsi che collassi perché la situazione sociale ed economica è drammatica. Inoltre le infiltrazioni sono troppe. Dal governo Draghi in poi c’è stato un chiarimento molto importante con l’Algeria ma dal momento che il passaggio dall’Algeria verso di noi è attraverso la Tunisia, mi sembra chiaro che esso ora vada rafforzato.



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