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Salario minimo e fondo per le imprese. Ma con M5S è l’unica convergenza. Parla Richetti

Il salario minimo nella proposta di legge presentata dalle opposizioni non è da leggersi in alternativa alla contrattazione nazionale collettiva, bensì rappresenta un’integrazione che fissa la soglia di retribuzione oraria a nove euro. I maggiori oneri a carico delle imprese? Un fondo ad hoc. Altri punti d’incontro con i grillini non sono all’orizzonte

Per il momento l’unico terreno sul quale le opposizioni hanno trovato una comunanza di intenti è il salario minimo. È stata depositata proprio in queste ore una proposta di legge unitaria, che fissa la soglia oraria di retribuzione a nove euro. La visione, rispetto alla maggioranza, è diametralmente opposta mentre i sindacati sono divisi tra loro. La Cisl, in particolare, spinge per un allargamento della contrattazione nazionale collettiva. Ma, dice il capogruppo alla Camera di Azione-Italia Viva, Matteo Richetti a Formiche.net, “la contrattazione nazionale collettiva è il terreno dal quale partire e da cui non si scende. Da lì, si inizia a costruire un percorso per dare dignità a lavoratori e famiglie”.

Richetti, facciamo chiarezza: perché non sarebbe sufficiente estendere la contrattazione nazionale collettiva?

Perché ci sono alcuni contratti collettivi nei quali la quota corrisposta a livello oraria è sotto la soglia del salario minimo che, all’interno della nostra proposta di legge, è fissata a nove euro. Per cui la nostra è un’integrazione migliorativa rispetto alla contrattazione collettiva, non è qualcosa che la va a sostituire. Peraltro questa sarebbe una norma che ci allineerebbe agli altri sei Paesi del G7.

Come legge, allora, questa contrapposizione sull’introduzione del salario minimo?

Mi pare che, rispetto al merito, come spesso accade prevalga la componente ideologica. Se è vero che la contrattazione collettiva è il perno su cui ruota tutto, non vedo perché fissare una soglia che, ripeto, interviene a salvaguardia dei lavoratori i cui stipendi sono pesantemente intaccati dalla spirale inflattiva e dall’innalzamento dei tassi sui mutui.

C’è un problema legato alla “copertura” economica a fronte di un’eventuale entrata in vigore di una disposizione di questo tipo. Peraltro, sulle aziende, graverebbero maggiori oneri.

Ed è il motivo per il quale, accanto alla proposta di istituire il salario minimo, abbiamo indicato la necessità di istituire un fondo che si faccia parzialmente carico dei maggiori oneri che questo provvedimento genererebbe per le attività produttive. Un punto di equilibrio tra imprese e lavoratori. Non ci possiamo permettere di avere ancora più poveri di quanti già ce ne siano. E non è affatto confortante avere il livello salariale più basso d’Europa.

Pare che il salario minimo sia l’unica convergenza che in questo primo squarcio di legislatura le opposizioni siano riusciti a raggiungere. 

Per noi è una battaglia ormai storica. Lo avevamo proposto assieme a Matteo Renzi quando eravamo assieme nel Pd, nel 2018. È fra l’altro una delle proposte sulle quali maggiormente si è speso anche il leader di Azione, Carlo Calenda. Ma, al netto delle alchimie politiche, ribadisco: a nostro modo di vedere si tratta di una battaglia di civiltà e di dignità per le famiglie.

Prevede che questo possa essere l’inizio di un percorso condiviso con altre forze politiche, anche molto distanti da voi, come il Movimento 5 Stelle?

L’agenda politica è sotto gli occhi di tutti: la posizione sull’Ucraina del Movimento 5 Stelle è raccapricciante. Così come fa rabbrividire l’avversione alla volontà di ratificare il Mes, quando peraltro Giuseppe Conte da premier lo ratificò. Non prevedo, quindi, che ci siano molti altri temi all’orizzonte sui quali poter collaborare.



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