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Tra tassi e inflazione, vince la seconda. La versione di Comana

Intervista all’economista e docente della Luiss. L’aumento dei prezzi ha divorato i redditi fissi e le pensioni, l’aumento del costo del denaro è un male necessario. Basta col mito del tasso fisso e poi non tutte le famiglie hanno un mutuo a tasso variabile. Il governo ha fatto bene a intervenire, d’altronde conviene anche agli istituti allungare le scadenze invece che rinegoziare

Non è un’emergenza sociale e nemmeno un allarme rosso. E allora sarebbe bene capire che cosa sta succedendo. Le famiglie italiane cominciano ad avere un problema con il proprio mutuo a tasso variabile. Arrivati al 4%, grazie alla mano decisamente pesante della Bce, è sempre più difficile onorare le rate di un prestito a tasso variabile. Specialmente anni di denaro a costo zero quando, in certi frangenti, addirittura negativi.

Se i numeri non mentono, ad oggi in Italia tra sofferenze, inadempienze probabili e rate scadute, ammonta a quasi 15 miliardi il monte-debito scaduto con le banche. Solo in Lombardia e nel Lazio, lo stock di prestiti e mutui casa non rimborsato si aggira rispettivamente sui 2,6 e 2 miliardi di euro. La situazione è insomma grave. Le famiglie indebitate in Italia sono 6,8 milioni, quindi stiamo parlando di circa il 25% del totale, di queste 3 milioni e mezzo hanno un mutuo di acquisto della casa.

Il governo di Giorgia Meloni ha deciso di correre ai ripari, tirando in ballo le stesse banche e chiedendo ai manager uno sforzo in più, per l’allungamento delle scadenze delle rate, raccogliendo già le prime, non scontate, sponde. Di questo, ma non solo, Formiche.net ne ha parlato con Mario Comana, economista e docente di Tecnica bancaria presso il Dipartimento di Impresa e Management della Luiss.

In Italia si rischia un’emergenza mutui, se così la possiamo chiamare. Troppo allarmismo o paura giustificata?

Mettiamo subito in chiaro una cosa: l’inflazione è molto peggio dell’aumento dei tassi e dunque dell’aumento costo del credito. Certamente è negativo il fatto che un mutuo diventi più caro, non lo si può negare. Ma faccio notare alcuni aspetti.

Prego.

Primo, non tutte le famiglie hanno un mutuo a tasso variabile e non tutte sono indebitate con una banca. Chi ha un finanziamento a tasso variabile è una quota, ma non la totalità. Secondo punto, il grosso dei lavoratori ha un reddito fisso, da impiego dipendente. Ecco, essi prima o poi avranno un recupero dall’inflazione, cosa che magari i pensionati non avranno. E allora, chiediamoci se è peggio l’erosione del proprio reddito o pagare di più un mutuo?

Dove vuole arrivare?

Glielo spiego subito. Lo sa che da quando è ripartita l’inflazione, e ben prima che si rialzassero i tassi, uno stipendio medio di 1.600 euro ha subito un’erosione di 200-250 euro. Non le pare abbastanza? Combattere l’inflazione ha forse un prezzo, quello di prestiti più costosi. Ma ne vale la pena. E poi, guardi, non è finita qui.

Allora se la mette così, la Bce sta agendo correttamente, dico bene?

I tassi prima o poi scenderanno, l’erosione dei redditi rimarrà. Quei soldi mangiati, alle famiglie, non glieli ridà nessuno. E allora è come scegliere tra peste e colera.

Il governo però ha deciso di intervenire, chiedendo agli istituti un allungamento delle scadenze. Lei che ne pensa?

Giusto, anche perché agli istituti conviene. Se uno è un buon pagatore, la banca è contenta di allungare la scadenza, perché fa il suo mestiere per più tempo. E poi, lo sa che ogni rinegoziazione di un prestito, nell’ambito della vigilanza europea, sottende a un finanziamento non più solvibile, che diventa sofferenza? Il discorso è sottile, ma rinegoziare il mutuo vuol dire essere in difficoltà e allora agli occhi della vigilanza quel credito diventa cattivo, imponendo alla banca accantonamenti di capitale, con tutto quello che comporta. Insomma, non è tutto oro quel che luccica.

La provoco. Chi ha scelto un mutuo a tasso variabile, quando il denaro costava zero, ha comunque commesso un azzardo?

Non è stata una scommessa pericolosa. Anzi, è più pericoloso il fisso. Ora i tassi aumentano, ma immagini il contrario. Lei ha un mutuo al 6% e vede il vicino di casa il cui tasso scende al 2%. Lei non può rinegoziare un bel niente. E allora, chi starebbe peggio?



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