Il ministro Piantedosi a Washington ha incontrato la viceprocuratrice Monaco e l’omologo Mayorkas. In agenda il contrasto alle droghe, in particolare gli oppioidi sintetici che legano la Cina (per denaro e precursori chimici) e i cartelli messicani
Giovanni Falcone capì che bisognava “seguire il denaro” per ricostruire i business criminali. Il metodo del magistrato antimafia ha fatto scuola anche all’estero, a partire dagli Stati Uniti e dalla lotta al narcotraffico internazionale. Lo hanno ricordato sia il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi incontrando a Washington la vice procuratrice generale statunitense Lisa Monaco e il segretario alla Sicurezza interna Alejandro Mayorkas, sia il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani intervenuto alla videoconferenza di lancio della Coalizione globale contro la minaccia delle droghe sintetiche organizzata dal segretario di Stato americano Antony Blinken.
L’amministrazione statunitense è sempre più impegnata nel contrasto a queste droghe, in particolare il fentanyl, che è la prima causa di morte per gli americani tra i 18 e i 49 anni. La maggior parte del fentanyl negli Stati Uniti è prodotto in Messico, ma con precursori chimici provenienti dalla Cina, che conta su un forte comparto manifatturiera e su numerosi porti marittimi e aeroporti internazionali. C’è poi un altro aspetto che lega i cartelli della droga messicani alla Cina. Come evidenziato da Anne Milgram, capo della Drug Enforcement Administration statunitense, durante un’audizione al Senato di alcuni mesi fa, queste organizzazioni si appoggiano a gruppi cinesi per il riciclaggio di denaro, “in tutto il mondo per facilitare il riciclaggio dei proventi della droga”. Spesso il meccanismo prevede anche una sorta di credito nei confronti dei cartelli messicani con cui possono acquistare sul mercato cinese vari prodotti, tra cui i precursori chimici. “Follow the money” è anche il titolo dell’audizione di Celina B. Realuyo, docente alla Elliott School of International Affairs della George Washington University, al Congresso americano, sul modello di business del Partito comunista cinese sul fentanyl.
Il fentanyl è stato in cima all’agenda di Blinken nel suo recente viaggio a Pechino. Ma non ha ottenuto molto. “Abbiamo concordato di valutare la creazione di un gruppo di lavoro o di uno sforzo congiunto per bloccare il flusso di precursori chimici”, ha detto. Questa dimensione del confronto con la Cina fa della lotta alle droghe sintetiche un’altro segmento su cui si muovono le relazioni internazionali. Washington accusa la Cina di non voler collaborare, anzi di facilitare la vendita di precursori chimici solo per destabilizzare il contesto sociale statunitense; Pechino critica la posizione americana accusando l’amministrazione Biden di non essere in grado a combattere la crisi.
Anche per questo gli Stati Uniti ritengono necessario rafforzare la cooperazione internazionale. Si tratta di un farmaco che la Drug Enforcement Administration descrive come “100 volte più potente della morfina e 50 volte più potente dell’eroina come analgesico”. Nel 2022 i sequestri di fentanyl e dei suoi analoghi effettuati negli Stati Uniti dalla stessa agenzia hanno raggiunto livelli record (quasi il doppio di quelli eseguiti nel 2021): oltre 4 tonnellate in polvere e 50,6 milioni di compresse contraffatte e contenenti fentanyl. Si tratta di una sfida che richiede “una collaborazione globale”, ha spiegato Monaco.
L’iniziativa lanciata la scorsa settimana, a cui hanno preso parte rappresentati di oltre 80 Paesi e organizzazioni internazionale, è un primo passo. E anche l’Italia si è impegnata a fare la sua parte firmando la dichiarazione finale della ministeriale.
L’incontro di martedì tra Piantedosi e Monaco si è svolto “in un clima di eccellente sintonia e di grande soddisfazione per i successi finora ottenuti dalla collaborazione Italia-Stati Uniti”, ha spiegato il Viminale in una nota. In agenda, oltre alla sicurezza informatica e alla presidenza italiana del G7 nel 2024: il terrorismo internazionale, la criminalità organizzata e il contrasto al traffico di droga, con particolare riferimento agli scambi investigativi tra le rispettive forze di polizia e al preoccupante fenomeno della diffusione negli Stati Uniti del fentanyl.
In Italia come spiega la Direzione centrale dei servizi antidroga guidata dal generale di divisione della Guardia di Finanza Antonino Maggiore, è inserito nella Tabella I delle sostanze stupefacenti. Il nostro Paese nel 2021 era quarto al mondo per consumo di fentanyl con il 6,3%, dietro agli Stati Uniti (19,3%), alla Germania (14,5%) e alla Spagna (11,8%), secondo i dati dell’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti delle Nazioni Unite.
In Italia le droghe sintetiche arrivano prevalentemente dal Belgio e dai Paesi Bassi. “Ancorché le stime non possano essere accurate, il fenomeno sembra non evidenziare ancora caratteri di criticità”, si legge sul sito della Direzione centrale dei servizi antidroga. Tuttavia, “in tutto il mondo” si registra un “forte aumento” della vendita per corrispondenza, soprattutto mediante il web. Per questo, “lo spazio cibernetico è la nuova dimensione in cui vincere la sfida contro la criminalità”, come ha dichiarato Tajani venerdì alla riunione della Coalizione globale contro la minaccia delle droghe sintetiche. “Dobbiamo seguire i flussi di denaro. In questo il lavoro delle forze di sicurezza italiane è cruciale”, ha aggiunto annunciando il sostegno all’iniziativa da parte della presidenza italiana del G7.
Le autorità italiane temono anche la dimensione europea. Un rapporto diffuso da Europol racconta il rafforzamento della presenza dei cartelli messicani, su tutti Sinaloa e Cartel Jalisco Nueva Generacion. L’Italia non ha registrato “una presenza consolidata e organizzata della criminalità messicana”, rileva la Direzione centrale dei servizi antidroga nella sua relazione annuale. Ma alcune operazioni di polizia contro emissari dei cartelli (e “cuochi”) messicani nei Paesi Bassi, in Belgio e in Spagna devono essere avvertite come “un campanello di allarme per la possibile futura espansione dei ‘narcos’ nel mercato delle droghe europeo, al momento non ancora invaso dalla piaga degli oppioidi sintetici, su tutti il fentanyl”, avverte lo stesso documento.
Il tema fentanyl riguarda diversi pezzi dello Stato: basti pensare che all’interno delle deleghe del sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, rientra anche il Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio. Ma non solo: il sempre più forte sodalizio tra il narcotraffico e le reti delle cosiddette “banche clandestine cinesi” (scoperte anche in Italia) rende il lavoro “follow the money” una strada in salita, visti proprio gli aspetti opachi (o underground). Anche per questa ragione il governo Meloni ha chiesto alla commissione antimafia di indagare per la prima volta “sull’infiltrazione cinese nella società italiana” (un’idea lanciata alcune settimana fa sulle pagine di Formiche.net).