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Guardare all’insieme. La lezione dei crac bancari Usa secondo Gabbi (Bocconi)

Silicon Valley Bank presentava criticità che le autorità non compresero fino in fondo. Ma il vero errore, da non ripetere, è stato quello di intervenire sulla singola crisi, invece di pensare in un’ottica di sistema

Imparare dagli errori. O meglio, cercare di guardare un po’ oltre il proprio naso. Sembra essere proprio questa la lezione che gli Stati Uniti dovrebbero fare propria, a quattro mesi dal fallimento di due banche non certo secondarie, quali Svb e First Republic. In queste ore il presidente Joe Biden, che insieme ai democratici lavora a una riforma del sistema bancario americano che garantisca una maggiore tutela ai risparmiatori, ha di che gioire dopo aver preso coscienza che l’inflazione negli Usa sta effettivamente ripiegando.

Eppure, l’aumento dei tassi da parte della Federal Reserve è pronto a presentare il conto agli istituti, già in odore di un aumento esponenziale delle sofferenze, alla luce dell’impennata del costo del credito e dunque dei mutui. Sarebbe bene prevenire ulteriori rotture dentro il sistema bancario, visto che Svb, come anche First, sono fallite proprio per colpa dei tassi. Ed è qui che può arrivare la lezione utile alla Casa Bianca. E cioè, guai a intervenire sul singolo caso, se bisogna prevenire il male, bisogna agire sull’intero universo bancario, onde scongiurare eventuali contagi. Insomma, basta con la chirurgia, occorre ragione in un’ottica più ampia.

Di questo è convinto Giampaolo Gabbi, economista della Bocconi e in forza, tra le altre cose, al Centre for economic policy research (Cepr). In un’analisi dedicata alla recente crisi delle due banche americane, Gabbi parte da un assunto. Quello cioè che vede il crack di Svb come “un caso perfetto, perché si intrecciano rischi di credito, di mercato, di tasso di interesse, di liquidità, ma anche comportamentali e operativi. Se poi si considerano i risvolti di contagio che si sono osservati nei giorni successivi, anche il rischio sistemico. Per questo è ed è fondamentale cercare di capire come le autorità americane abbiamo sottovalutato la correlazione tra tanti fattori”.

Ora, “il portafoglio prestiti di Svb era notoriamente concentrato nelle startup tecnologiche. Questa specializzazione ha permesso alla banca californiana di comprendere le esigenze finanziarie (e forse industriali) delle sue controparti. Tuttavia, ha creato un inevitabile rischio di concentrazione. Una situazione non è dissimile da quella di molte altre banche con limitata articolazione territoriale operanti in distretti industriali”, spiega Gabbi. Di più. Il patrimonio della banca “era altamente concentrato e in molti casi superava il già elevato livello di assicurazione dei depositi (almeno rispetto alle banche europee). La fuga dei depositanti si trasformò così in una corsa all’intera banca, con le conseguenze che abbiamo osservato. Ciò solleva la questione di come diversi fattori di rischio possano dar luogo a scenari estremi, finora inattesi nel quadro della regolamentazione bancaria”.

Tutto questo, secondo Gabbi, le autorità di vigilanza non lo hanno compreso fino in fondo. Sbagliando, poi, anche nella gestione della crisi, una volta scoppiato il bubbone. “L’elemento che deve urgentemente cambiare è il processo di integrazione dei rischi: oggi i rischi vengono considerati isolatamente, ignorando il fatto che eventi estremi (come un rialzo inatteso dei tassi di interesse nel 2022) sono accompagnati da effetti su tutte le possibili esposizioni”, chiarisce l’economista della Bocconi.

Insomma, “le misure di intervento dovrebbero essere in grado di fungere da argine a tutela della credibilità dei singoli istituti e del sistema bancario nel suo complesso. Dovrebbe essere messo in atto un insieme di sistemi di allerta precoce basati su collegamenti di rischio. Una volta attivati, questi richiederebbero la gestione di piani di risanamento sufficientemente solidi da evitare crisi di fiducia e conseguenti corse allo sportello”. Per questo “le lezioni di questa crisi devono essere la base per un sistema più organico, meno attento ai rischi individuali e più attento ai meccanismi di crisi. Devono essere messe in atto misure efficaci, non solo in termini di coefficienti patrimoniali e di liquidità, ma anche in termini di misure organizzative che promuovano la trasparenza e la protezione del valore della stabilità finanziaria in un quadro coerente di propensione al rischio”.


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