Una prima risposta è che non sono un keynesiano convinto. Giustissimo. Lo sono solo durante le recessioni da domanda, come quella che conosciamo noi oggi, mi convinco. Mi piace l’idea che lo Stato arretri per far posto al privato quando l’economia tira. Ripagando magari i debiti contratti nei momenti bui.
Ma la risposta più giusta me la dà Andrea, seduto accanto durante il film. “La recessione inglese era tutt’altra cosa di questa da domanda mancante. Era questione di riallocazione settoriale – via da miniere da chiudere verso banche e borse da valorizzare – uno shock da offerta di proporzioni notevoli”. A questa si aggiunse una battaglia per abbattere le aspettative d’inflazione. Insomma Keynes forse avrebbe capito la Thatcher e le sue manovre ben di più di quelle della Cancelliera Merkel.
E, poi, i leader non si amano solo per quel che fanno per l’economia. Nel film appare chiarissimo il senso di cosa significhi essere leader di una Nazione. Quando si tratta di inviare le innumerevoli navi britanniche verso le Falkland a combattere per la libertà di una piccola isoletta davanti alle coste argentine, i collaboratori della Thatcher le fanno notare la spesa pubblica immensa che ne deriverebbe, sconsigliando di entrare in guerra. Lei si rifiuta ed ordina la spesa immensa, proprio lei, fissata coi tagli di spesa pubblica. Perché lo fece? Il film è chiaro su questo. Perché era in ballo qualcosa per cui valeva la pena spendersi, un valore in cui la Nazione si riconosceva e che avrebbe reso fieri gli abitanti britannici. Non ebbe torto e rafforzò la sua posizione di potere.
Ecco, pensavo durante il film, quali sono le nostre Falkland, per noi italiani che così guerrieri non siamo? E’ così semplice darsi una risposta. Vorremmo così tanto un leader che facesse rinascere Pompei, il Colosseo, le mille chiese abbandonate, i mosaici romani, i musei d’arte che chiudono senza una ragione. Ci farebbe sentire così orgogliosi di essere italiani se mettessimo 20-30 miliardi di euro per restaurare, mettere in sicurezza, riaprire i luoghi d’arte. Dando lavoro a tanti, soldati di una battaglia per il bello che tutto il mondo ci invidia.