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Salta l’accordo sul grano. Ecco il calcolo-scommessa di Mosca

Razoni grano Ucraina

L’annuncio ufficiale del ritiro di Mosca dall’accordo sul grano, a poche ore di distanza dall’attacco al ponte di Kerch, riporta all’attenzione i rischi di emergenze economiche ed umanitarie. Mosca lo sa, e sfrutta queste dinamiche a suo vantaggio

Nel giorno della sua data di scadenza (ma anche dello sperato rinnovo) la Russia ha rifiutato di estendere l’accordo sul grano del Mar Nero che permetteva l’esportazione del grano ucraino. Ratificando il trattato (promosso dalle Nazioni Unite e da Istanbul) Mosca aveva accettato di non attaccare le navi cariche di grano ucraino per evitare carenze alimentari nei paesi in via di sviluppo, fortemente dipendenti dalle esportazioni ucraine. L’accordo è probabilmente stato il successo diplomatico più rilevante da quando la Russia ha lanciato la sua invasione su larga scala nel febbraio 2022. Il Cremlino ha dato la colpa del mancato rinnovo all’Ucraina che non ha rispettato gli obblighi previsti dall’accordo, e alle sanzioni imposte sulle esportazioni russe (che non sarebbero state mitigate come previsto dall’accordo stesso).

L’annuncio del Cremlino di non voler rinnovare l’accordo sul grano arriva a poche ore di distanza dalla notizia di un’esplosione sul ponte di Kerch, principale forma di collegamento tra la terraferma russa alla penisola di Crimea. Sebbene Kyiv non abbia fatto alcuna rivendicazione, fonti ucraine avrebbero confermato ad Afp e Bbc la responsabilità ucraina dietro agli avvenimenti. Le prime reazioni sono arrivate a brevissima distanza: mentre Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, attacca l’Ucraina per aver commesso il fatto (e Londra e Washington per sostenere Kiev), il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha negato ogni collegamento tra le due cose, affermando che la decisione di non estendere il grano fosse già stata presa dal presidente Vladimir Putin nei giorni precedenti, e che la cosa fosse già nota. Sempre Peskov afferma che Mosca è pronta ad assumersi nuovamente gli impegni legati all’Accordo sul Grano, ma che ciò avverrà solo quando le altre parti interessate dall’accordo dimostreranno di rispettare i termini che riguardano la Russia.

Il ritiro dalla Black Sea Grain Initiative rappresenta però anche una mossa incisiva da parte del Cremlino per esercitare pressione diplomatica sia sull’avversario ucraino che sui suoi sostenitori occidentali. Il blocco delle esportazioni cerealicole dal bacino del Mar Nero ha infatti un enorme potenziale distruttivo sul piano economico, come testimoniato dalla spirale inflazionistica dei prezzi del cibo verificatasi all’indomani dell’inizio delle ostilità, soprattutto in quei paesi (per la maggior parte africani) con una forte dipendenza dalle importazioni del grano ucraino. Così come il raggiungimento dell’accordo sul grano ha poi permesso di far rientrare almeno parzialmente l’emergenza, una sua revoca potrebbe rimettere in moto l’intero processo.

Con molta probabilità questa tematica è stata oggetto di discussione quando, nel mese di giugno, una delegazione dell’Unione Africana si è recata prima a Kiev e poi a Mosca nel tentativo di sostenere il processo di pace. Ma la narrativa della “colpa dell’Occidente” permetterebbe a Putin di limitare i danni diplomatici, a scapito di altri attori che Mosca è interessata a danneggiare. Come ad esempio le potenze occidentali, main sponsors del sistema delle Nazioni Unite che non è riuscito però a garantire il corretto flusso di rifornimenti di cibo verso i paesi con una forte necessità dello stesso; o anche la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, grande intermediario tra l’Occidente e la Russia (proprio in queste ore ha affermato la sua intenzione di discutere personalmente con Putin la questione) che ultimamente però ha deciso di orbitare troppo vicino alla luna dell’euroatlantismo, permettendo l’entrata della Svezia nella Nato e riportando in agenda la questione dell’accesso turco all’Unione Europea.

E non è da escludere che, anziché nel rinnovo dell’accordo sul grano, Putin intenda convogliare queste pressioni nel raggiungimento di un compromesso in Ucraina, prima che ulteriori sviluppi nella situazione militare rendano ancora più debole la posizione negoziale della Russia. Senza il supporto dei suoi alleati, difficilmente Kiev potrebbe sostenere a lungo lo sforzo bellico. E il rischio globale combinato di una nuova fiammata inflazionaria e di un’emergenza alimentare su larga scala non potrebbe essere certo ignorato dall’Occidente, che potrebbe di conseguenza rivedere la sua linea politica. E con la Nigeria dichiara l’emergenza alimentare prima ancora della fine ufficiale dell’accordo sul grano, un simile scenario appare ancora più realistico.

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