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Origine e sviluppi del bipolarismo muscolare all’italiana. L’opinione di Tivelli

Chi ha le responsabilità del governo dovrebbe fare più attenzione alla vera agenda di governo che dovrebbe essere quella delle priorità del Paese e dei cittadini, dal Pnrr al lavoro. L’opinione di Luigi Tivelli

Forse scopro un po’ l’acqua calda, ma ho la netta sensazione che siamo tornati, e rischiamo di ricadere, in quel pieno “bipolarismo muscolare”, che tanti danni ha generato (almeno dal ’94 ad oggi), seppur con un andamento a fasi alterne, nel nostro Paese e che mi sembra sostanzialmente vivo per troppe fasi.

È noto che una delle cose meno diffuse tra le classi politiche che si sono succedute (non parliamo di quella dei Cinquestelle, ma anche di altre…) è la sostanziale assenza di senso della memoria storica. Un senso della memoria storica che vale la pena provare a ricostruire, ed anche per questo ho fondato l’Academy di cultura e politica Giovanni Spadolini, nel Paese del “presentismo” in cui domina una certa “oggicrazia”, e che servirebbe non poco per contribuire a superare queste malattie fin troppo diffuse.

Con tutto il rispetto per la memoria e il valore di Silvio Berlusconi, ho chiarissimo il ricordo del momento di origine ed emersione del “bipolarismo muscolare”. Giovanni Spadolini era stato fino alla metà del 1994 presidente del Senato (forse un po’ più autorevole, colto, serio e corretto, di qualche suo successore…) ed il primo atto della nascita cosiddetta Seconda Repubblica doveva essere per l’appunto l’elezione del nuovo presidente del Senato.

Le menti più illuminate del centrodestra suggerivano e consigliavano di rieleggere lo stesso Spadolini, che fino a quel momento fungeva anche da vera seconda carica dello Stato e quasi da “vicepresidente della Repubblica”, come prevede del resto la nostra Costituzione. Ebbene, in una sorta di votazione al calor bianco, con prove e riprove degli esiti di quella elezione, Spadolini perse alla fine per un solo voto (non mi dilungo in questa sede su altri aspetti che conosco) e fu invece eletto Carlo Scognamiglio.

Fu questa la prima forte prova del “bipolarismo muscolare”. Mentre gli osservatori più attenti capivano che una rielezione di Spadolini, uomo sostanzialmente di centro e di grande equilibrio, avrebbe contribuito a una certa distensione dei rapporti politico-istituzionali e a una migliore alchimia istituzionale, la tendenza bipolare invece scelse di acuire ancora di più questa conflittualità le cui conseguenze sono ben note…

Quella tendenza al bipolarismo muscolare la registrai poi quando contribuivo al pilotaggio politico parlamentare del governo Dini del 95 insieme al grande Guglielmo Negri, che aveva la delega ai rapporti con il Parlamento. Entrambi speravamo che quel governo tecnico di transizione, la cui opera andrebbe rivalutata, fosse un governo con il sostegno di buona parte delle forze politiche.

D’altronde lo stesso Dini era stato indicato come presidente del Consiglio al presidente della Repubblica Scalfaro da Silvio Berlusconi, come è noto agli addetti ai lavori. Il bipolarismo muscolare e quel certo settarismo tipico di certa “divisività”, che riguarda sia la destra che la sinistra in questo Paese, fece sì che il governo Dini diventasse una sorta di icona del centrosinistra e guarda caso poi il centrodestra berlusconiano alla fine di quella legislatura perse le elezioni…

Ho ricordato brevemente questi aspetti per evidenziare che la “sindrome del bipolarismo muscolare” era forte già agli inizi della cosiddetta Seconda Repubblica e lo è tuttora. Nell’ultima fase, infatti, il bipolarismo ha riassunto man mano con sempre più forza questa versione. In queste ultime settimane e giorni si presenta non solo come scontro fra centrodestra e centrosinistra, ma anche come scontro fra governo (e per qualche aspetto la fetta di maggioranza della classe politica) e i giudici.

Si tratta di una colonna sonora che accompagnato buona parte della Seconda Repubblica. Ben poco non molto sotto il sole… Sembra che in qualche palazzo del governo sia scattata una sorta di sindrome di accerchiamento rispetto a certe iniziative giudiziarie. Questo ha non pochi effetti sulla già traballante divisione dei poteri in atto. A loro volta probabilmente certe procure o similari sono liete di cercare di contrastare il governo, e una sinistra a traino Schlein-Conte, molto legata in modi e forme diverse, da un certo senso forte del bipolarismo muscolare, a sua volta soffia sul fuoco e crede di recuperare terreno sul governo.

In questo quadro non si capisce più quali siano le vere priorità del governo né quelle della sinistra, che è più sinistra di lotta che di governo… Chi ha le responsabilità del governo dovrebbe però avere una più seria attenzione alla vera agenda di governo che dovrebbe essere quella delle vere priorità del Paese e dei cittadini: vuoi che si tratti della applicazione e messa a terra del Pnrr (che sembra portare in questa fase non pochi problemi…) vuoi che si tratti del tema del lavoro (che reca con sé problemi molto più complessi di quelli che appaiono). Mi sembra che il presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbia avuto un po’ di difficoltà nei giorni e nelle settimane scorse nel superare quella “sindrome dell’accerchiamento”, vuoi da parte dei magistrati, vuoi da parte della sinistra. Per fortuna che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, cercando in qualche modo di mettere in atto parole distensive, lui che è figlio della cultura della riservatezza e del silenzio giustamente in questi giorni ha dovuto parlare un po’ più del solito. In questo cocktail un po’ pericoloso che si agita nello shaker dell’effettivo governo del Paese continuano poi ad agire purtroppo, con maggiore o minore consapevolezza da parte dei soggetti in campo, quei terribili ingredienti che sono emersi nella scorsa legislatura fino al governo Draghi. Mi riferisco alla miscela tra populismo e dilettantismo, all’enormi dosi di terapia dell’uno vale uno propinate al Paese e alla classe politica, all’assalto alla finanza pubblica con la diffusione della fiera dei bonus, ad opera soprattutto dei due governi Conte, cui il governo Meloni ha giustamente voluto porre uno stop.

Non resta dunque, (lo dico per non tediare oltre i lettori) che riprendere in mano da parte del governo e del presidente del Consiglio una agenda un po’ smarrita, fatta di fogli sparsi e volatili specie quando emergono le contrapposizioni forti, vuoi che siano con i giudici, vuoi che siano con le forze della sinistra. Che poi, come è stato sovente nei decenni del “bipolarismo muscolare all’italiana” per molti aspetti si sovrappongono. Dai Cinquestelle di Conte non è che c’è da aspettarsi molto… Quanto invece al Pd di Schlein sarebbe ora che invece di correre in tutte le piazze possibili, giocare a fare esclusivamente il partito di lotta, di recuperare un po’ di quella sana cultura di governo che una signora che è stata anche vicepresidente di una regione come l’Emilia Romagna dovrebbe pure, in qualche modo, se non avere, almeno mostrare.



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