Si sblocca la terza rata del Pnrr. Il ministro agli Affari Europei, Coesione e Pnrr ha trovato la quadra con la Commissione. La parziale decurtazione legata agli studentati sarà assorbita dalla quarta rata. Ora vanno fatti investimenti strategici senza disperdere le risorse. Conversazione con il direttore del Policy Observatory della Luiss, Domenico Lombardi
Il governo ha trovato l’intesa con la Commissione Europea, sbloccando le risorse della terza rata del Pnrr. Dopo mesi di dibattiti, accuse più o meno pregiudiziali di ritardi insormontabili, il ministro agli Affari Europei, le politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto è riuscito nell’impresa trovando un punto di compromesso che consentirà al nostro Paese – tra la terza e la quarta rata – di incamerare la totalità delle risorse previste: 35 miliardi. Sì, perché il mezzo miliardo previsto per i posti letto negli studentati, che doveva essere parte del plafond della terza rata, sarà invece assorbito dalla quarta. “Il ministro Fitto e il governo hanno fatto un ottimo lavoro, sono i fatti a dimostrarlo, peraltro in un contesto particolarmente difficile. Questo risultato è fondamentale anche perché crea un precedente utile per gli anni a venire”. A dirlo in questa intervista a Formiche.net è Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss.
Professor Lombardi, a cosa fa riferimento quando parla di contesto difficile?
Il governo italiano aveva fatto richiesta della terza rata del Pnrr nel dicembre scorso. Poi, per via dei ritardi nei controlli effettuati dalla Commissione, siamo arrivati fino a luglio – e speriamo che l’importo venga corrisposto a breve. La premessa è che il Next Generation Eu, che finanzia anche il Pnrr italiano, si basa su una premessa importante che lo differenzia dai programmi tradizionalmente finanziati con i fondi di coesione: le verifiche sono ancorate più alla realizzazione di obiettivi strategici rispetto alla normale rendicontazione tecnico-contabile. Tuttavia, come abbiamo abbiamo visto, ci sono state da parte dell’organismo europeo delle lungaggini molto penalizzanti. In particolare per i contribuenti.
La soluzione individuata dal governo come punto di caduta per ottenere la rata, come le sembra?
Di assoluto buonsenso. Anzi, spero che funga da apripista in termini di approccio a questioni analoghe che dovessero insorgere, nel prossimo futuro, tra Italia e Ue. Peraltro, tale soluzione pareva percorribile fin dal primo giorno. E invece, come ripeto, sono stati allungati i tempi in maniera del tutto ingiustificata e non certo per colpe ascrivibili all’esecutivo nazionale. Anzi, il governo e il ministro Fitto in particolare si sono sempre dimostrati disponibili e aperti al dialogo con l’Ue.
Peraltro va sottolineato un aspetto. Questo allungamento delle verifiche è stato determinato da accertamenti più di forma che di sostanza.
Certo, ed è per questo che mi aspetto che questa soluzione sia un precedente positivo. Non possiamo permetterci di impiegare sette mesi per uscire da un’impasse formale su aspetti non critici nell’esecuzione del Pnrr.
Lei prima ha parlato di obiettivi strategici sui quali investire le risorse del Pnrr. Recentemente il ministro Fitto ha esortato i beneficiari delle risorse a non disperderle in tanti progetti di scarso impatto per il Paese, bensì di destinarli a opere funzionali a crescita e sviluppo. C’è questo rischio?
Il rischio c’è eccome e lo abbiamo visto anche nell’ambito di alcuni progetti che gli italiani hanno scoperto sono stati inseriti a suo tempo nel Pnrr. Bene ha fatto il ministro Fitto a mettere in guardia su questo aspetto. A maggior ragione a fronte di un altro limite strutturale che purtroppo il nostro Paese sconta: una minore capacità di assorbimento dei fondi europei. Anche al di là del Pnrr. Ed ecco il motivo per il quale occorre puntare su investimenti strategici piuttosto che disperdersi in tanti piccoli progetti che assorbono le già limitate risorse di esecuzione e di controllo.
Quali, in questo senso, le priorità sulle quali l’esecutivo si deve concentrare?
Oggi il problema dei problemi è il settore energetico, anche perché c’è in gioco la sicurezza economica nazionale. La stabilità negli approvvigionamenti energetici è un tema sul quale occorre prestare molta attenzione. Su questo penso che vadano concentrate le risorse comprese quelle negoziali con la Commissione, anche alla luce delle esperienze vissute negli ultimi due anni. Fermo restando che la guerra in Ucraina è tutt’altro che terminata e la crisi energetica (oltre a non essere esaurita del tutto) potrebbe ripresentarsi il prossimo inverno.