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Spagna, lo spettro di larghe intese agita i sonni di Giorgia Meloni. Il commento di Cangini

È possibile che il leader socialista Sanchez riesca a raggranellare una maggioranza, è possibile che la Spagna torni al voto dopo l’estate. Ma per Giorgia Meloni c’è una terza ipotesi che, per quanto oggi considerata improbabile, rappresenterebbe la beffa finale… Il commento di Andrea Cangini

In Spagna Giorgia Meloni ha scommesso sulla tenuta elettorale di Vox e sulla conseguente nascita di una maggioranza di governo tra l’estrema destra guidata da Santiago Abascal e il Partito popolare guidato dal moderato Feijóo. Nella visione strategica del presidente del Consiglio italiano, tale scenario, magari confortato da risultati analoghi alle elezioni politiche di ottobre in Polonia e a quelle nei Paesi Bassi fissate in novembre, avrebbe rappresentato un viatico per un’inedita alleanza in Europa tra il Partito popolare e il Partito dei conservatori e riformisti europei di cui la Meloni è presidente successiva al voto europeo del prossimo giugno. Scommessa persa.

Vox è crollata, Feijó non ha la maggioranza. Vedremo quali saranno le decisioni che nelle prossime ore verranno prese dal re Felipe e dai partiti spagnoli. È possibile che il leader socialista Sanchez riesca a raggranellare una maggioranza, è possibile che la Spagna torni al voto dopo l’estate. Ma per Giorgia Meloni c’è una terza ipotesi che, per quanto oggi considerata improbabile, rappresenterebbe la beffa finale: che Popolari e socialisti unissero le forze dando vita ad un governo di grande coalizione non dissimile da quello che, sotto la guida di Ursula von der Leyen, oggi amministra l’Europa. Sarebbe un colpo mortale per chi, come lei, ha sempre degradato tale intesa al rango di “inciucio” e con approccio analogo ha rifiutato di far parte del governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi.

Resta il fatto che il disegno strategico di Giorgia Meloni mal si concilia in ogni caso con le regole istituzionali europee. Giova pertanto, a costo di apparire pedanti, ricordarle. Lo facciamo con le parole di Marco Bresolin della Stampa di domenica: “In Europa, ci sono due Camere legislative (Parlamento e Consiglio), ma solo una dipende dall’esito delle Europee, mentre l’altra cambia man mano che si vota nei singoli Paesi. E anche la Commissione europea è formata da esponenti indicati dai rispettivi governi, dunque il suo colore politico riflette quello del Consiglio. Difficile dunque immaginare una “nuova” maggioranza politica a Strasburgo dopo le Europee del giugno 2024: più realistico ipotizzare un allargamento a destra dell’attuale maggioranza (formata da socialisti, liberali e popolari) per estendersi al gruppo dei conservatori in modo da includere i partiti che sono al governo nelle rispettive capitali”.

Ancora una volta si palesa il medesimo spettro: l’alleanza tra le rappresentanze più significative e moderate della destra e della sinistra. Ingoiare anche questa, dopo aver ingoiato il rospo di un europeismo di fatto ineccepibile che, a dispetto delle premesse, caratterizza il suo governo, potrebbe essere troppo per la leader di FdI. Ma poi, chissà…

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