Nei giorni scorsi, avvalendomi della cortese ospitalità di Formiche.net, ho svolto in un articolo alcune considerazioni sulla politica giudiziaria del Pdl nella passata legislatura, evidenziando contraddizioni che oggi scoppiano con fragore devastante dopo la sentenza di condanna definitiva di Silvio Berlusconi nel processo per i diritti tv. “La cosa paradossale – scrivevo con riferimento alla legge Severino – è che il Pdl votò quella legge (anche i relatori appartenevano a quel partito), accontentandosi, nella navetta tra Camera e Senato, di modesti cambiamenti e vantandosi di una sorta di primogenitura sul testo originale presentato da Angelino Alfano, quando era ministro della Giustizia. Per mettere in difficoltà il Pdl – proseguivo in termini più generali – è sempre bastato aizzare l’opinione pubblica, sostenendo che, ancora una volta, le battaglie sui temi della giustizia condotte da questo partito servivano a proteggere Silvio Berlusconi. Per sfuggire a queste critiche – concludevo – il Popolo della libertà, che pur non aveva esitato, quando poteva contare sui numeri della maggioranza, a far passare leggine ad personam (condannate a durare per alcuni mesi prima dell’azzeramento della Consulta), non ha esitato ad inserire nell’ordinamento norme che intrappolano il Cavaliere e lo lasciano senza alcuna uscita di sicurezza”.
Insomma, per farla breve, l’anima populista del Pdl è riuscita, in occasione dell’iter parlamentare della legge Severino, a prevalere su quella garantista, in vista ormai della prossimità delle elezioni politiche. “Ricordo benissimo – sono sempre mie parole prese da quell’articolo – che quando io mi astenevo sulla legge Severino i miei colleghi del Pdl la votavano <perché era quello – a loro dire – che gli elettori volevano”. Oggi, il Fatto quotidiano (“Quando al Pdl piaceva il decreto Severino: approviamolo in fretta”) ha malignamente ricostruito la linea di condotta dei gruppi del Popolo della libertà, sottolineando il ruolo, attivo e avanguardista, dei suoi esponenti impegnati nel campo della giustizia: da Enrico Costa a Jole Santelli, a Manlio Contento alla Camera; da Giacomo Caliendo a Lucio Malan e altri al Senato; fino a Filippo Berselli, allora presidente della relativa Commissione al Palazzo Madama. Irrefrenabile, poi, l’entusiasmo di Enrico Costa, capo gruppo in Commissione a Montecitorio: “Il Pd ci accusa di voler rinviare il voto sul testo, di chiuderci a riccio ogni volta che si parla di legalità. Non è vero e infatti diciamo sì a questo decreto”. Gli esiti di questa bizzarra vicenda sono ora sotto i nostri occhi. Per nascondere l’enorme coda di paglia che si portava appresso, il Pdl non ha rinunciato a votare leggi che possono trasformare l’Italia in una galera, da cui vorrebbero salvare solo Silvio Berlusconi per il semplice fatto che piace a metà del Paese. E’ la solita storia che si ripete da quando un “governatore” romano chiese al popolo se fosse da graziare, in occasione della Pasqua, un profeta proveniente dalla Galilea oppure Barabba. E loro gridarono: “Barabba!!”.