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Dai pregiudizi sul suo governo ai rapporti internazionali. Meloni a tutto campo con De Bellis

Dall’affrontare chi l’attendeva al varco al nuovo approccio sull’Africa. Dai rapporti con gli Stati Uniti a quelli con la Cina (che devono coesistere). Il contributo strategico dell’Italia nel Mediterraneo e la capacità di dialogare con tutti nel nome dell’interesse nazionale. La conversazione del presidente del Consiglio con il direttore di SkyTg24, a Washington, all’indomani del suo incontro con Joe Biden

Il ruolo dell’Italia nel contesto internazionale, al di là delle mistificazioni e delle narrazioni pregiudiziali. La necessità del Piano Mattei e della visione sull’Africa, l’interesse nazionale come bussola dell’azione politica dell’esecutivo e l’obiettivo di far coesistere le relazioni con Cina e Stati Uniti. Sono solo alcuni dei temi affrontati dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della sua intervista a Giuseppe De Bellis, direttore di SkyTg24.

Tra preconcetto e realtà: l’Italia affidabile

“Sono stata anticipata da una propaganda falsa che aveva raccontato l’ipotesi di un governo a guida centrodestra, a guida Meloni, come un disastro sul piano della tenuta dei rapporti internazionali, sul piano della tenuta economica per l’Italia, sul piano della tenuta delle istituzioni e della nazione – esordisce il presidente del Consiglio – . Poi però nella realtà, quando non si può più mistificare – perché i fatti contano più del racconto che si fa di quei fatti – quello che è emerso è che l’ipotesi di un governo a guida centrodestra con Giorgia Meloni Presidente del Consiglio era l’ipotesi di un governo serio, di un governo che sa stare nei contesti multilaterali, di un governo affidabile, credibile, che pone con determinazione il tema dei suoi interessi nazionali senza dimenticare l’interesse nazionale degli altri”.

“Quando noi, ad esempio, oggi poniamo nei contesti internazionali – penso all’Europa, penso appunto al rapporto con gli Stati Uniti – il tema del Mediterraneo o dell’Africa – scandisce ancora il premier – questo è un tema che non riguarda solamente l’Italia ma che riguarda il ruolo dell’Occidente in una parte fondamentale dello scacchiere internazionale. E quindi i nostri partner, ci ascoltano e scoprono che siamo seri, affidabili, credibili e determinati a difendere i nostri interessi”.

Un nuovo approccio sull’Africa

All’indomani della sua visita negli Stati Uniti e del suo incontro molto proficuo con il presidente Joe Biden, Meloni torna sul ruolo che l’Italia – anche e soprattutto a fronte del lancio del Piano Mattei – avrà nel continente africano. “Mi colpisce – ammette Meloni nel corso della chiacchierata a SkyTg24 –  il ruolo che gli Stati Uniti pensano che l’Italia debba avere nel Mediterraneo. Cioè esattamente è quello che penso io: il Mediterraneo deve tornare a essere centrale. Penso che nel conflitto in atto noi stiamo perdendo di vista o finora abbiamo perso di vista il ruolo di un pezzo fondamentale di questa scacchiera che è l’Africa”. Si tratta di un continente “ricco di materie prime strategiche – ha sottolineato ancora il presidente del Consiglio – su cui altri attori stanno avendo un ruolo molto importante e noi non ci siamo resi conto che questo faceva parte del gioco complessivo. Io non ho avuto difficoltà a spiegare questo problema e chiaramente lo sappiamo fare noi italiani perché essendo i principali dirimpettai dell’Africa conosciamo molto bene il continente e abbiamo anche una maggiore capacità di dialogare con loro. Io tento di spiegare all’Occidente che un certo approccio paternalistico che noi abbiamo avuto in passato oggi non è più competitivo perché ci sono altri attori che arrivano con altri argomenti”.

Il Piano Mattei

“Il piano Mattei per l’Africa – scandisce Meloni – significa trasformare una crisi in un’opportunità. Perché le crisi hanno sempre un’opportunità al loro interno. Io continuo a dire, se oggi l’Europa ha un grande problema con l’approvvigionamento energetico, non può guardare a est, e quindi dove guarda? Deve guardare a sud. A sud l’Africa è un potenziale enorme produttore di energia. Perché l’Italia è interessata? Perché noi siamo la porta d’ingresso e possiamo diventare l’hub di approvvigionamento energetico d’Europa. Ma questo vuol dire portare investimenti in Africa, vuol dire aiutare i paesi africani in una cooperazione strategica che non è più “one shot”. Significa invece legare i propri destini su una cosa che è utile per tutti: per loro vuol dire sviluppo, per loro vuol dire posti di lavoro, vuol dire combattere anche l’immigrazione illegale. L’unico modo serio e strutturale per farlo è offrire alternative a chi scappa dalle proprie case e dal proprio Paese. E tiene insieme tutto”.

“Quando tu spieghi dei progetti strategici – così il premier – gli interlocutori che hanno visione ti ascoltano volentieri e magari sono disposti a darti una mano. E mi pare che ci sia voglia di dare una mano su un elemento, su cui noi abbiamo acceso l’attenzione, sia in Europa che negli Stati Uniti, ma su quale convergono anche gli interessi di tutti i nostri interlocutori”. A proposito di ruolo dell’Italia, Meloni nel corso dell’intervista ha ribadito anche l’importanza che ha avuto l’Italia nell’accordo fra Tunisia e Ue.

I rapporti con Cina e Usa

Incalzata sui rapporti con Cina e Stati Uniti, Meloni rimarca il suo approccio pragmatico. Anche e soprattutto in politica estera. “La base della politica estera – dice il premier – è riuscire a parlare con tutti, difendendo i propri interessi, capendo quali sono i limiti e dicendo le cose con chiarezza. Delle volte io leggo delle semplificazioni in politica estera che non sono utili. Cioè, questa idea della politica estera per la quale noi dobbiamo parlare solamente con quelli che sono proprio identici noi e che dobbiamo stare seduti come se fossimo un club a guidare il mondo, temo che sia perdente”.  Con la Cina “non ha funzionato in passato la gestione del rapporto rispetto al tema delle catene approvvigionamento”. E, aggiunge il premier, “se non controlli le tue catene di approvvigionamento perché diventano troppo lunghe, accade che il primo shock che si materializza dall’altra parte del mondo coinvolge anche il tuo sistema. Perché noi lo diciamo oggi con il tema energetico dopo la guerra e l’invasione della Russia, ma  quando ci fu la pandemia e noi avevamo appaltato completamente all’Asia tutta la materia della produzione dei chip e dei semiconduttori e la Cina ha deciso di privilegiare il mercato interno perché aveva le sue difficoltà, a noi si sono fermate intere catene approvvigionamento che non sono ripartite del tutto”.

“Eravamo convinti – riprende Meloni – che la globalizzazione e il libero mercato senza regole avrebbe risolto tutti i nostri problemi, democratizzato i processi, distribuito la ricchezza, ma non è andata così. Gli altri si sono rafforzati, noi ci siamo indeboliti. Per cui, bisogna ripensare a questo modello. Oggi questo è tema da G7, da Consiglio europeo, è un tema da dialogo bilaterale con gli Stati Uniti, è un tema che noi porteremo alla presidenza del G7 – in continuità con quello che è già stato fatto in Giappone – ma è un dibattito che va fatto insieme alla Cina. Non va fatto contro la Cina. E che va fatto da persone che dialogano ma che devono ovviamente ciascuna lavorare per il proprio interesse”.

A proposito di temi G7, Meloni parla anche di Intelligenza artificiale. “Quando le macchine arrivano a pensare – scandisce il premier – tu capisci che il progresso rischia di diventare un sostituto dell’uomo. E questo deve fare paura. Deve fare paura per l’impatto che può avere nel mercato del lavoro, per esempio. Nel mercato del lavoro può avere un impatto devastante. Non puoi non governare un processo del genere. Io vedo un intervento degli stati e delle organizzazioni internazionali e spero che siamo d’accordo sul fatto che al centro del nostro mondo dovrebbe rimanere l’essere umano. Io credo che anche coloro che sono stati i pionieri in questa materia a un certo punto abbiano cominciato a rendersene conto. Elon Musk ne è un esempio, ne ho parlato a lungo con lui e non ha contribuito a tranquillizzarmi È anche lui molto critico, molto preoccupato, ne vede da vicino rischi quindi questa materia è secondo me una materia che sembra oggi la questione filosofica ma non lo è”.

La visone conservatrice e l’opposizione

Ribadendo che quando si guida una nazione non si possa esclusivamente avere rapporti solo con chi la pensa allo stesso modo, Meloni chiarisce un concetto fondamentale che contraddistingue il suo modo di interpretare il ruolo di premier. “Bisogna saper parlare con tutti – rimarca Meloni –  e saper comprendere quali sono gli interessi per i quali gli altri si muovono.  Ma, vede, la politica e la dimensione del governo dello Stato sono due cose diverse. Perché quando tu rappresenti la nazione e parli con un tuo omologo, quello che muove è unicamente la difesa dell’interesse nazionale, certo, su una base di una visione. Perché io guido l’Italia sulla base della mia visione conservatrice e quindi faccio le scelte che devo fare. Ma ovviamente questo mi porta a parlare con tutti, ad avere rispetto del punto di vista degli altri e a cercare ovviamente quelli che possono essere i punti di contatto. E io non ho avuto problemi – pur essendo una persona che ha un’identità molto definita e non nasconde quell’identità, la dichiara e ne è orgogliosa – a dialogare con tutti e ad avere buoni rapporti alla fine.  Proprio perché sono una persona che capisce cos’è la politica, che cosa significa avere una visione, che cosa significa credere in qualcosa e rispettare gli altri che credono in qualcosa anche quando il mio punto di vista è diverso”.

Sui rapporti con l’opposizione, il premier non nasconde qualche perplessità sull’approccio di alcuni esponenti che considerano, aprioristicamente, tutto ciò che viene fatto dal governo come negativo. “Ho fatto opposizione per anni – ricorda Meloni – e non ho mai avuto problemi a proporre un dialogo, a dialogare, quando alcune cose le condividevo. Questo fatto di buona parte dell’attuale opposizione per cui qualsiasi cosa tu faccia non va bene niente, è un approccio che io considero sbagliato e che anche non è stato il mio”. Per esempio, spiega Giorgia Meloni “votammo il taglio del numero dei parlamentari proposto dall’allora Movimento 5 Stelle senza che nessuno neanche ce lo chiedesse. Così come quando c’era il governo Mario Draghi sull’Ucraina, noi abbiamo aiutato il governo perché era anche la nostra posizione”. Meloni riconosce a Carlo Calenda, leader di Azione, di non aver avuto un approccio pregiudiziale sul salario minimo. “Siccome ovviamente è un tema che interessa anche a me quello di aiutare i salari degli italiani – dice a chiare lettere Meloni – se ci sono soluzioni possibili su una materia del genere, sono disponibile e aperta a parlarne. Perché ho visto una parte dell’opposizione che non faceva una battaglia pregiudiziale su questo e che cercava un dialogo e penso sia giusto darlo, indipendentemente dal fatto che poi si trovi una soluzione condivisa. Ma è importante, è la democrazia parlamentare”.

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