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L’impatto ambientale dei data center. All’incrocio tra transizione ecologica e digitale

La valutazione di impatto ambientale (Via) sui progetti di sviluppo dei data center è lo snodo dove – a partire dalle prossime settimane – transizione ecologica e transizione digitale sono destinate a incontrarsi, per trovare la sintesi migliore. Nei modi consueti, in sede di Via: dimensionando, mitigando, compensando. Ne scrive Massimiliano Atelli, presidente delle commissioni Via-Vas e Pnrr-Pniec

La progressiva digitalizzazione dei processi operativi anche per compiere le operazioni più semplici della vita quotidiana pone un’esigenza crescente di sistemi di immagazzinamento dei dati e delle informazioni. Non è un tema che interessa soltanto gli esperti di tecnologia ma incrocia anche le grandi dinamiche di transizione ecologica.

A riguardo, già oggi in Italia vi sono siti destinati all’immagazzinamento dei dati: si tratta dei cosiddetti Data Center, la cui superficie si estende in qualche caso per 80mila m², di cui oltre 23mila dedicati alle sale dati. Queste strutture hanno e avranno esigenze di spazio progressivamente maggiori, che si sommano al forte consumo di energia, anche in funzione delle esigenze di costante raffreddamento degli impianti.

La valutazione di impatto ambientale (Via) sui progetti di sviluppo dei Data center è lo snodo dove – a partire dalle prossime settimane – transizione ecologica e transizione digitale sono destinate a incontrarsi, per trovare la sintesi migliore. Nei modi consueti, in sede di Via: dimensionando, mitigando, compensando.

Le esperienze di Data center più avanzate, negli altri Paesi, mostrano del resto forte impegno nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la produzione energetica in proprio mediante impianti fotovoltaici e/o idroelettrici, nonché tecnologie all’avanguardia come l’utilizzo di impianti geotermici ad elevata efficienza (per regolare la temperatura delle sale dati, abbassando ulteriormente i consumi).
Anche in Italia potrà essere così.


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