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Più scambi di informazioni con i privati. La nuova strategia degli 007 Usa

Davanti alle nuove sfide, in particolare quelle transnazionali, serve un nuovo approccio da parte delle agenzie. Ecco cosa prevede la nuova National Intelligence Strategy

La comunità d’intelligence degli Stati Uniti, composta da 18 agenzie e organizzazioni con un budget annuale di circa 90 miliardi di dollari, “deve ripensare il suo approccio allo scambio di informazioni e approfondimenti”. È quanto recita la nuova National Intelligence Strategy, 16 pagine pubblicate questa settimana e anticipate dal Wall Street Journal. L’intelligence americana, dunque, appare decisa a uscire dal guscio del segreto per condividere più informazioni con le aziende, le amministrazioni locali, le organizzazioni non governative e il mondo accademico per contrastare colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento, malattie infettive, traffico di stupefacenti, crisi finanziarie e altre minacce transnazionali.

L’approccio dei vertici delle agenzie statunitensi alla guerra in Ucraina viene così messo nero su bianco. E non soltanto per il ruolo pubblico dei direttori, i cui discorsi e interviste, sommati alla “declassificazione strategica” (come l’ha definita recentemente Jon Finer, vice consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti) di documenti agli alleati e al pubblico, hanno permesso di consolidare il sostegno occidentale all’Ucraina già prima dell’inizio dell’invasione del febbraio 2022, come ha spiegato durante un recente evento romano Sir Alex Younger, ex capo del Secret Intelligence Service britannico. Basti pensare alle immagini pubblicate dall’intelligence statunitense relative agli sforzi russi di cercare da Cina, Iran e Corea del Nord.

L’ultima National Intelligence Strategy risale al 2019. Alla Casa Bianca c’era Donald Trump. Dan Coats era il direttore della comunità d’intelligence. Da allora è cambiato il presidente, ora c’è Joe Biden, che ha scelto un nuovo direttore dell’intelligence nazionale: Avril Haines. Ma sono accadute anche molte cose: per citarne tre, la pandemia Covid-19, la guerra in Ucraina e l’aumento dei cyber-attacchi alimentati da entrambi i fattori precedenti. “Sono cambiate molte cose nel panorama delle minacce e nel mondo in cui operiamo oggi”, ha dichiarato Haines in un’intervista al Wall Street Journal.

Negli ultimi anni il governo statunitense ha iniziato a condividere grandi quantità di informazioni sulle minacce informatiche con le aziende statunitensi, i servizi pubblici e altri soggetti che sono spesso i principali obiettivi degli hacker stranieri. Ma anche informazioni sulle operazioni di influenza straniera con le società di social media.

A dimostrazione dell’evoluzione delle minacce, un alto funzionario statunitense citato dal Wall Street Journal ha spiegato come è cambiato il President’s Daily Brief, cioè il briefing giornaliero sull’intelligence preparato per il presidente e i suoi consiglieri più importanti: un tempo era dominato dal terrorismo e dal Medio Oriente, oggi riguarda spesso argomenti diversi come l’attività cinese sull’intelligenza artificiale, l’impatto geopolitico del cambiamento climatico e i semiconduttori. A conferma e riconoscimento dell’importanza del lavoro dell’intelligence, il presidente ha recentemente ha invitato direttore della Cia, William Burns, a far parte del suo gabinetto.

Il governo, ha detto Haines, deve anche affidarsi a esperti esterni. L’intelligence nazionale ha coinvolto scienziati e altri esperti esterni per le indagini sulle origini della pandemia Covid-19 e sulla cosiddetta sindrome dell’Avana che ha colpito il personale statunitense all’estero. Questi scambi possono essere però complicati: molti accademici non vogliono essere associati pubblicamente alla comunità dei servizi segreti, ha detto Haines.

Aprirsi è fondamentale per l’intelligence oggi, a fronte della natura mutevole delle minacce, come quella cibernetica che investe sia i soggetti pubblici sia quelli privati, e delle opportunità che arrivano dal settore privato. È “un paradosso”, aveva detto Sir Richard Moore a fine 2021 nel suo primo discorso pubblico da capo del Secret Intelligence Service, ma “per rimanere segreti, dovremo diventare più aperti”. “Stiamo aprendo”, aveva spiegato, “i problemi della nostra missione a coloro che hanno talento in organizzazioni che normalmente non lavorerebbero con la sicurezza nazionale”. Perché “i nostri avversari stanno investendo denaro e ambizione nel padroneggiare l’intelligenza artificiale, il calcolo quantistico e la biologia di sintesi, visto che sanno che padroneggiare queste tecnologie darà loro un vantaggio”.

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