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La vera trappola della natalità. La versione di Tivelli

Sarebbe urgente che qualcuno alzasse lo sguardo al di sopra delle solite polemiche quotidiane e puntasse alla questione dei bambini naturali o adottivi senza i quali l’impoverimento sociale, civile ed economico in prospettiva, proseguirà

Dalle ultime statistiche emerge che gli italiani amano molto i cani, i migliori amici degli uomini. Va benissimo, ma sarebbe più utile risvegliare l’amore degli italiani per i bambini, naturali o adottivi, i quali possono crescere benissimo anche in compagnia di un cane…

L’Italia è infatti vittima di una trappola demografica. Ogni anno viene raggiunto un nuovo record negativo delle nascite: i 393 mila nati del 2022 (numero destinato a calare ancora nell’anno in corso) sono poco più di un terzo di quelli del 1964, quando in pieno boom economico vennero al mondo oltre un milione di bambini. È una spirale negativa difficilissima da invertire, come spiegano Luca Cifoni e Diodato Pirone nel saggio edito da Rubbettino che ha per titolo proprio “La trappola delle culle”. Il perché è presto detto: è vero che gli italiani e le italiane di oggi sono poco inclini a fare figli (1,24 il numero medio di figli per donna dello scorso anno, contro il 2,7 del magico 1964) ma negli anni Ottanta e Novanta si erano già comportati in modo simile i loro genitori.

E così al di là delle scelte individuali ci ritroviamo con pochi, pochissimi papà e mamma potenziali. Questo assetto strutturale, che è una dura eredità numerica del passato, spiega da solo circa il 70 per cento dei 184 mila bambini nati in meno nel 2022, rispetto al 2008. In ogni caso, in14 anni il calo è stato del 32 per cento. Nel frattempo, a partire dal 2014, il nostro Paese ha iniziato a perdere popolazione, perché i flussi migratori non sono più sufficienti a compensare l’incremento dei decessi legato pure quello – al di là del picco del Covid – ad un effetto strutturale: sono sempre più numerose le generazioni di anziani e ultra-anziani.

Questi elementi fattuali, illustrati fin dalle prime pagine del libro con rigore e dovizia di numeri e grafici (ma in un linguaggio comprensibile e non specialistico) ci spingono a guardare in modo un po’ diverso al dibattito sui temi demografici, che negli ultimi mesi sembra aver riguadagnato centralità anche grazie ad alcune prese di posizione dell’attuale governo. Risalire la china è un obiettivo molto più complicato di quanto si possa pensare: non servono i bonus estemporanei o gli atteggiamenti ideologici, ma si tratta di provare a incidere lavorando su più fronti. Un compito che non coinvolge solo la politica ma tutta la società, dalle imprese alla società civile.

Il libro citato si conclude con la proposta nove azioni da intraprendere per provare quanto meno ad arrestare l’emorragia. Per riportare il Paese non certo al milione di nascite l’anno, ma al livello di 500 mila “perso” poco meno di un decennio fa. È significativo che le prime due di queste azioni si collochino su un piano culturale, puntando ad influire sul discorso pubblico ma anche su quello privato: da una parte per rimuovere dalla questione demografica la patina “nazionalista” depositatasi a seguito delle politiche intraprese dal fascismo, dall’altra per riportare l’infanzia al centro dei rapporti sociali. In un’epoca che ha visto il sorgere di alberghi e ristoranti childfree. Dunque serve un sostegno economico dello Stato sostanzioso semplice e certo nel tempo, servono più occupazione femminile e minore precarietà del lavoro. Ma servono pure un maggior equilibrio all’interno delle coppie, perché il carico della prole non si riversi solo sulle mamme, scoraggiandole, e politiche migratorie ragionate e lungimiranti che permettano di tamponare non solo la carenza di lavoratori ma anche di genitori. Un ruolo importantissimo tocca poi alle aziende. Infine un aiuto può venire anche in termini di “clima” con il rilancio finalmente delle adozioni, a cominciare da quelle internazionali.

Da queste colonne ho già presentato i tragici dati sull’andamento delle adozioni internazionali, che è forse l’aspetto più nobile della natalità, che sono scese dal picco di 4000-5000 a circa solamente 500 nell’ultimo anno. Sono tanti i fattori da attivare per un serio rilancio dell’adozione e dell’adozione internazionale. Ben due volte da queste colonne ho indirizzato (una volta con una grande psicopedagogista come la professoressa Maria Rita Parsi) una lettera aperta sulla questione al presidente del Consiglio Meloni e alla ministra “anche” per la natalità Roccella. Cogliendo l’aspetto significativo che esista una figura di ministro della natalità in questo governo. Le lettere sono state recapitate a dovere. Certo la presidente Meloni deve occuparsi di tantissime cose e mi sembra normale che non abbia risposto, ma dalla ministra della natalità ci aspettavamo un po’ più di attenzione.

Ho poi provato in più occasioni di lanciare l’idea di un “Piano Mattei per i bambini africani”, perché l’Italia è piena di potenziali genitori adottivi che per vari fattori che non è il caso qui di rielencare aspettano in fila. E poi con il Piano Mattei, a quanto sembra dobbiamo, ad esempio, acquisire nuove fonti energetiche, impossessarci finalmente di un po’ di “terre rare”, di qualche Paese africano, per ovvi interessi strategici, però mi sembra assurdo ignorare le migliaia di bimbi che sarebbero felici di avere una famiglia italiana. Se non sbaglio la ministra della natalità è anche per legge presidente della Commissione adozioni internazionali ed è ancora in tempo per porre mano alla questione delle adozioni ed a cercare di capire “costi e benefici” di un “Piano Mattei per i bambini africani”. Varie ed importanti associazioni di adozioni, a cominciare dall’Ai.Bi. che operano meritoriamente anche nel volontariato, hanno ripreso e rilanciato. anche loro, questa proposta.

È importante porre all’attenzione del ministro degli Esteri la necessità di una sezione che riguardi i bambini africani nell’ambito di questo Piano, essendo Tajani di grande esperienza internazionale, molto sensibile, giustamente, tanto al Piano Mattei quanto alle adozioni. Sono sicuro che questo progetto sarà rilanciato in qualche modo alla ripresa autunnale. Piena apertura e disponibilità al fatto che la ministra della natalità, che sostiene l’idea che i bambini, adottivi e non, sono la risorsa più scarsa e preziosa per l’Italia, legga un po’ in ritardo questa proposta e questo progetto.

Sarebbe urgente che qualcuno alzasse lo sguardo al di sopra delle solite polemiche quotidiane e puntasse alla questione dei bambini naturali o adottivi senza i quali l’impoverimento sociale, civile ed economico in prospettiva, proseguirà.



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