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I giochi diplomatici del Mar Nero passano dalla nave Sukru Okan

L’episodio dell’ispezione russa alla Sukru Okan lascia spazio a diverse interpretazioni. Se da un lato potrebbe essere stato un regolare controllo, dall’altro si potrebbe interpretare come un’azione atta a scoraggiare le iniziative di Kyiv. O, addirittura, quelle di Istanbul

All’indomani dal suo ritiro dall’accordo sul grano, che ne ha de facto sancito la morte, la postura militare russa nel Mar Nero è diventata particolarmente rigida. I motivi In parte per la sopraggiunta necessità operativa di porre nuovamente “sotto assedio” i porti ucraini per evitare che le scorte di grano possano fuoriuscire comunque via mare; in parte per dimostrare che le sue dichiarazioni riguardo al considerare tutte le navi dirette in Ucraina come potenzialmente ostili non fossero parole al vento. In parte, anche come conseguenza del rinnovato sforzo militare promosso da Kyiv proprio nelle acque dello strategico bacino. E in parte come strumento di pressione diplomatica capace di lanciare messaggi impliciti agli altri attori indirettamente coinvolti nel conflitto.

Nelle prime ore del 14 agosto, la corvetta “Vasilij Bykov” intima al mercantile “Sukru Okan” di fermare la sua navigazione per farsi sottoporre ad ispezione. In risposta alla mancata reazione da parte della nave civile, la corvetta russa spara dei colpi d’arma leggera in prossimità della Okan come avvertimento. A quel punto il mercantile si arresta, e un elicottero Ka-29 decolla dal vascello russo per trasportare sull’altra nave un team di controllo. Una volta completata l’ispezione, i militari russi rientrano sulla loro imbarcazione, e la Okan viene lasciata proseguire.

Secondo i militari di Mosca, il mercantile sottoposto a ispezione sarebbe stato diretto verso il porto ucraino di Izmail; tuttavia, secondo i registri elettronici, il porto di arrivo della Okan sarebbe stato il porto rumeno di Sulina, sito vicino al confine con l’Ucraina, e non troppo distante da Izmail. Non è dunque illogico pensare che quanto avvenuto sia da ricondurre ad un semplice scrupolo dei marinai di Mosca incaricati di interrompere il flusso di navi dirette verso la costa ucraina, oppure provenienti da essa. Ma dietro a quest’episodio potrebbero esserci anche altre spiegazioni da passare al vaglio.

Negli scorsi giorni, Kyiv ha annunciato la propria intenzione di istituire un corridoio umanitario temporaneo per garantire alle navi che si registreranno una navigazione sicura per arrivare e ripartire dai porti ucraini. Dmytro Pletenchuk, portavoce della marina ucraina, ha dichiarato al riguardo che “le rotte temporanee mirano a superare la crisi globale della sicurezza alimentare”, aggiungendo che la sicurezza di queste rotte verrà garantita dalla marina militare di Kyiv. L’atto dimostrativo nei confronti della Okan potrebbe essere interpretato come un messaggio lanciato al da Mosca al resto del mondo, per dimostrare il forte controllo della Flotta del Mar Nero sulle acque interessate, e l’impossibilità per l’Ucraina di realizzare quanto promesso.

Ma c’è ancora un altro fattore da non sottovalutare. Pur navigando sotto la bandiera di Palau, la Sukru Okan è un mercantile profondamente legato alla Turchia: oltre ad essere stata costruita nei cantieri navali di Istanbul, e a portare il nome di un famoso ammiraglio kemalista, la nave ha navigato a lungo battendo bandiera turca; inoltre, Istanbul rimane il porto in cui la Okan fa base nei suoi frequenti viaggi nei collegati bacini del Mediterraneo e del Mar Nero.

La decisione di sottoporre ad ispezione questo vascello specifico potrebbe essere interpretata come un messaggio inviato da Vladimir Putin al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Grande mediatore tra Russia e Occidente, e promotore insieme alle Nazioni Unite dell’accordo sul grano, Erdoğan continua a rimanere un interlocutore privilegiato per il Presidente russo, con il quale dovrebbe avere un incontro nella seconda metà di agosto. Con il “caso Okan”, Putin potrebbe aver intimato indirettamente il leader turco di non fare mosse troppo ambivalenti, come ad esempio unirsi all’iniziativa dei corridoi umanitari proposti da Kyiv, senza però intaccare le relazioni diplomatiche formalmente ottime.

Un approccio tipico di Mosca, che aveva già utilizzato pochi giorni fa sempre nei riguardi di Istanbul. Risale al 6 agosto la notizia di un attacco missilistico contro la fabbrica di motori ucraini Motor Sich, sita nella città di Zaporizhia. Questa fabbrica è nota per produrre i motori impiegati dall’azienda turca Baykar per produrre i suoi droni, tra i quali spicca il celebre Bayraktar TB-2, tra i cui principali utilizzatori vi è proprio l’Ucraina con cui i russi stanno combattendo.

“Lo consideriamo un simbolico avvertimento russo, che riflette il malcontento della Russia per alcune iniziative turche” ha confessato in forma anonima un diplomatico turco in un commento rilasciato a Defensenews, riferendosi alla collaborazione strutturata tra Ucraina e Turchia nella costruzione dei droni, ma anche ad altre questioni, come il sostegno dimostrato da Istanbul all’adesione di Kyiv nella Nato. Questioni che saranno sicuramente affrontate da Putin ed Erdoğan durante il loro prossimo bilaterale.

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