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Il caso DuPont. Storia di una breccia nell’export control americano

Il Wall Street Journal rivela la storia della cessione di una parte del colosso chimico americano ad Huafong. Nonostante le numerose precauzioni, una falla nel sistema avrebbe (in teoria) permesso all’azienda cinese di ottenere dati sensibili. E di beffare gli organi di controllo Usa

Nel confronto economico, politico e tecnologico in corso tra Washington e Pechino, la difesa dell’expertise interno ricopre un ruolo fondamentale. Le amministrazioni statali hanno istituito vere e proprie muraglie di controllo, con annessi organismi di gestione appositi, per evitare che il proprio vantaggio tecnologico possa essere sfruttato dal competitor. Ovviamente sono gli Stati Uniti, che ancora detengono la supremazia tecnologica mondiale, che si trovano più spesso della controparte cinese a dover difendere il proprio know-how, sia nel settore pubblico che in quello privato. E in quest’opera erculea, è fisiologico che si venga a creare qualche falla.

La DuPont, nota azienda chimica americana, potrebbe essere protagonista del verificarsi di una di queste falle, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal. Negli ultimi anni, la società aveva condotto sperimentazioni nel campo bio-ingegneristico e dei biomateriali, creando così un liquido capace di essere a sua volta trasformato in numerosi prodotti, il BioPDO.  Uno di questi è stato registrato all’ufficio brevetti col nome di “Sorona”. I vantaggi di Sorona sono indiscutibili: mentre il poliestere è tanto economico quanto rigido, e il nylon è si esistente ma anche costoso, Sorona sembra avere le caratteristiche positive di entrambi, senza gli svantaggi associati. Un vero e proprio game-changer nel mercato dei vestiti e della tappezzeria.

Nel 2017 DuPont si fonde con Dow Chemical, fusione che porta ad una revisione dell’intera struttura aziendale. Nella nuova versione non viene incluso il settore dei biomateriali, così DuPont mette sul mercato la parte dell’azienda ad essi relativa. A mostrarsi interessato è il gruppo Huafon, un marchio cinese tra i maggiori produttori al mondo di poliuretano, con cui DuPont sigla un accordo, annunciato nell’autunno del 2020 senza rivelare chi fosse l’acquirente. Così da avere più speranze di superare il vaglio della burocrazia.

Il Comitato sugli investimenti esteri negli Stati Uniti (Cfius), l’organo federale responsabile di controllare che nessun materiale sensibile venga acquisito da potenze straniere tramite vie economiche, è composto da due anime principali: quella legata al Pentagono, che persegue un approccio più rigido in nome della sicurezza nazionale, e quella legata ai dipartimenti del Commercio e del tesoro, più interessate a favorire l’economia e il libero scambio. Nel caso della DuPont è la prima anima a prevalere, e una volta scoperto chi fosse l’acquirente sia l’azienda americana che quella cinese vengono obbligate a fornire le giuste garanzie per poter concludere la trattativa con esito positivo, dopo aver in un primo momento tentato di forzare DuPont a trovare un altro acquirente con passaporto americano. Le preoccupazioni sono legate al possibile impiego in ambito militare di questi materiali innovativi.

Alla fine, viene trovata una formula considerata accettabile dall’organo federale statunitense: nell’acquisto non sarà compreso l’accesso al processo di fermentazione proprietario utilizzato da DuPont per produrre il BioPDO. Per soddisfare questa condizione, deve creare una nuova holding registrata negli Stati Uniti, chiamata Covation Inc. Sotto l’ombrello di questa società vengono create altre due entità: Covation Biomaterials, che detiene la maggior parte degli asset dell’attività di DuPont nel settore dei biomateriali, e CovaPDO, una piccola entità detentrice dei segreti del processo produttivo di BioPDO a cui Huafon non può avere accesso. La società cinese e le tre società di Covation firmano con Cfius il cosiddetto “accordo di sicurezza nazionale”, impegnandosi a rispettare tali condizioni. Con la benedizione di Cfius, DuPont e Huafon concludono la compravendita nel maggio del 2022.

Un mese dopo, nel giugno del 2022, il Dipartimento della Difesa scopre che nei server di Covation Biomaterials sono presenti dati che dovrebbero essere solamente nei server di CovaPDO. Nonostante quelli scoperti non siano dati sensibili, e i tecnici specifichino che simili “inciampi” non siano così inusuali, c’è il rischio che la falla possa estesa al materiale sulla produzione del BioPDO.

Un’investigazione ufficiale viene aperta dal Fbi, mentre DuPont e Covation si scambiano reciprocamente accuse di colpevolezza. La seconda accusa la prima di aver trasferito le informazioni all’entità aziendale sbagliata; DuPont risponde di aver agito su indicazione di Covation. Quest’ultima dichiara di aver messo al sicuro le informazioni rilevanti subito dopo aver scoperto la situazione, e di aver assunto un revisore che riferisca direttamente al Cfius per indagare.

Alla fine, l’indagine non trova prove che le informazioni siano state consultate da qualcuno al di fuori di Covation o degli Stati Uniti, o che Huafon abbai cercato e/o ricevuto accesso alla tecnologia del BioPDO.

A settembre 2022, in seguito alle difficoltà incontrate nella gestione dell’accordo con DuPont, il presidente statunitense Joe Biden ha emesso un ordine esecutivo per aumentare il controllo sugli accordi economici che possono dare alla Cina e ad altri avversari l’accesso a tecnologie critiche. Con lo scopo di “garantire che il Cfius rimanga uno strumento efficace per combattere queste minacce ora e in futuro”.

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