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La strategia europea in Africa, tra ownership e governance. Scrive Del Re

Di Emanuela C. Del Re

Il Sahel è la vera frontiera meridionale dell’Unione europea e mai come in questo momento c’è una grande attenzione verso la regione da parte degli Stati membri. Abbiamo una strategia comune definita nel 2021, in cui il concetto politico ispiratore è la necessità di investire nella governance, nel quadro del nostro principio fondante che è l’ownership, l’appropriazione, ovvero contribuire a far sì che il destino degli africani sia nelle loro mani. L’analisi di Emanuela C. Del Re, rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sahel

L’impegno dell’Unione europea per stabilizzare e sviluppare il Sahel, sia a livello bilaterale da parte dei singoli Stati membri sia a livello di istituzioni comunitarie, è andato sempre più intensificandosi negli ultimi mesi. Oggi come Unione europea rappresentiamo un fattore di stabilizzazione geopolitica nell’area e siamo un potente motore di sviluppo.

Il Sahel è la vera frontiera meridionale dell’Unione europea e mai come in questo momento c’è così tanta attenzione verso la regione da parte degli Stati membri. Abbiamo una strategia comune definita nel 2021, in cui il concetto politico ispiratore è la necessità di investire nella governance, nel quadro del nostro principio fondante che è l’ownership, l’appropriazione, ovvero contribuire a far sì che il destino degli africani sia nelle loro mani.

Nel Sahel, l’Unione europea ha in campo un vastissima serie di iniziative e interventi che mirano ad affrontare le cause profonde dell’instabilità e la mancanza di concrete prospettive di sviluppo per le popolazioni locali. L’Ue e suoi Stati membri sono il principale partner del Sahel, che resta il dossier più caldo e importante sul tavolo dell’Ue dopo, ovviamente, la questione ucraina.

Da anni contribuiamo a rafforzare le capacità locali per contrastare l’estremismo violento, con missioni di formazione a favore degli eserciti del Mali e del Niger, con attività a favore delle forze di polizia e con azioni per migliorare le capacità amministrative dei governi della regione. Senza contare poi il sostegno diretto e immediato che forniamo ai nostri Paesi partner per rispondere alle crisi umanitarie.

Tutto ciò mentre manteniamo un costante dialogo politico, incentrato sulla richiesta del rispetto dei diritti umani in ogni circostanza, sul rafforzamento delle dinamiche democratiche, sull’enfasi rivolta alla dimensione regionale in uno spirito di partenariato e di ownership, di appropriazione dei processi a livello locale.

Io stessa intrattengo costanti rapporti con tutti i rappresentanti del Sahel e della regione, dai capi di Stato alla società civile. Il dialogo è fondamentale per il nostro partenariato con i Paesi del Sahel. L’Unione europea è in prima linea per trovare risposte adeguate agli enormi problemi di sicurezza della regione. Aiutare l’Africa in generale e il Sahel in particolare oggi significa adottare un approccio che permetta di mitigare le cause profonde dell’instabilità e creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile.

La sostenibilità per me è la vera sfida di questo secolo, impegnati come siamo a reagire alle drammatiche emergenze climatiche. Per l’Europa, un partenariato con i governi africani che sappia conciliare l’impegno per la sicurezza e l’assistenza umanitaria immediata con programmi di medio-lungo periodo per lo sviluppo sostenibile del continente rappresenterebbe anche un investimento, se solo pensassimo alle potenzialità che un mercato giovane e in crescita come quello africano può rappresentare anche in termini di interscambio commerciale.

L’Unione europea è spesso accusata di avere tempi di reazione e azione molto lunghi. È vero, su alcuni temi il consenso non viene raggiunto in tempi rapidi, ma le soluzioni le troviamo, spesso proprio per fronteggiare crisi di dimensioni globali. La risposta all’impennata dei prezzi del gas provocata dalla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, per esempio, ha portato ad adottare un meccanismo per calmierare i prezzi che già solo al momento dell’annuncio li ha fatti crollare.

La risposta al surriscaldamento globale ha portato l’Unione europea a dotarsi di programmi all’avanguardia per ridurre le emissioni di gas serra. Tutto ciò è stato fatto seguendo procedure e tempi che necessariamente devono tenere conto dell’architettura comunitaria, con i governi che mantengono il loro peso rispetto al Parlamento europeo, espressione diretta della volontà popolare.

Inoltre, vi è una tecnostruttura tenuta a tradurre in iniziative concrete e tecnicamente percorribili le proposte politiche che via via emergono, in un gioco di pesi e contrappesi che ha visto comunque l’Unione europea fare passi da gigante in un periodo che, in prospettiva storica, è davvero brevissimo.

Certo, di fronte alla rapidità decisionale di altri attori presenti nel continente africano ci muoviamo più lentamente. È un prezzo che dobbiamo mettere in conto senza fustigarci. Anche, e soprattutto, perché l’azione dell’Unione europea è basata su valori di cui altri non sempre tengono conto come la democrazia, il rispetto dei diritti umani, le pari opportunità per tutti, il ripudio di ogni forma di discriminazione.

Valori che gli stessi africani dimostrano di apprezzare, quando guardano al nostro continente al momento di emigrare per cercare un posto dove affermarsi e crescere come esseri umani liberi. È su questi principi che basiamo il nostro primato rispetto ad altri attori che altri vedono come competitor. Gli africani ne sono consapevoli, e per questo a tutt’oggi l’Ue resta il partner principale di tutti i Paesi del Sahel.

*L’articolo è stato pubblicato sul numero 194 della rivista Formiche

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