De Angelis spara la sua “rivelazione” (non originale) ma poi non fornisce dettagli. Vannacci spreca la sua lunga e prestigiosa carriera militare per parlare di temi che poco aggiungono alla chiacchiera da bar. Dall’altra parte c’è la tendenza “progressista” all’indignazione permanente effettiva, ormai un riflesso condizionato, una sorta di movimento automatico che non certifica l’esistenza in vita di un movimento di idee che diventa governo della cosa pubblica
La scorciatoia è sempre più comoda, quindi non deve sorprenderci il fatto che viene scelta sistematicamente.
Già perché è così facile scegliere la versione semplificata della realtà, proprio come è rassicurante muoversi sul terreno delle conoscenze elementari, mentre invece è tutta in salita la strada della complessità, della volontà di analizzare le questioni nelle loro implicazioni, sfaccettature, origine storiche.
Non a caso c’è un filo conduttore che lega le riflessioni (sintetiche, in un post sui social) di De Angelis sulla strage di Bologna e quelle (ampie, in un libro ormai “mitico”) del generale Vannacci oggi al centro del dibattito.
Delle prime sappiamo tutto, mentre per le seconde dovremmo leggere il libro: io non l’ho fatto ma ho però letto le tre pagine de “La Verità” di oggi che ne pubblica ampi stralci (immagino i più significativi).
Ebbene cosa lega De Angelis a Vannacci?
Proprio la voglia di semplificare, di scegliere il terreno più “comodo”.
Dice De Angelis: lo sanno tutti che i colpevoli della strage di Bologna non sono quelli indicati dalle sentenze.
Tesi non particolarmente originale, ma perfetta per far scoppiare un caso estivo, quindi missione perfettamente riuscita (dal punto di vista di De Angelis).
All’affermazione non segue però “la ciccia” che sarebbe necessaria per compiere un salto di qualità: De Angelis infatti nulla ci dice su fatti nuovi, circostanze inedite, testimonianze e mai ascoltate.
Non riesce cioè a fare quel passo avanti che fa la differenza tra banalità e sostanza.
Resta sul vago, sull’essenziale, si ferma alla prima puntata della serie (quella che mostra il delitto ma non certo il colpevole).
Vannacci invece si presenta con una carriera militare di tutto rispetto, ricca di incarichi prestigiosi e ruoli operativi anche a livello internazionale.
E cosa fa nel bel mezzo dell’estate italiana? Scodella un libro in cui parla di tutto (lobby varie, italianità, etnie, sicurezza domestica, case occupate, storia patria, comunità Lgbt) per darci la sua versione di come va il mondo (male a suo parere).
Ma insomma generale Vannacci, anche lei ci si mette?
Lasci questi temi ai talk televisivi, alle chiacchiere al bar o sotto l’ombrellone.
Proprio lei, forte della sua decennale esperienza in giro per il mondo si mette a discettare di questi argomenti?
Ci sono temi di enorme rilevanza strategica sul versante politico-militare, con una guerra da 500.000 tra morti e feriti in Europa, una Difesa dell’Unione tutta da inventare, la Nato che sta cambiando pelle (si veda al vertice Usa con Corea del Sud e Giappone), la Cina ormai seconda potenza militare del mondo e la Russia che esporta combattenti in tutta l’Africa e Lei usa tutto il suo know-how per parlare d’altro?
Me lo consenta generale Vannacci: che spreco!
Il punto però non riguarda solo i diretti interessati.
Più in generale e investe anche il mondo politico.
La mia opinione è che De Angelis come Vannacci debbono poter dire quello che vogliono, anche se sono ambedue troppi esperti per non sapere che i rispettivi ruoli nelle amministrazioni pubbliche impongono alcuni doveri, prima fra tutto quello di gestire con attenzione le uscite pubbliche.
L’Italia è ampiamente in grado di assorbire dibattiti ben più dolorosi di quelli di cui stiamo parlando.
Quindi non c’è motivo per strillare allo scandalo se escono opinioni come queste.
Sono opinioni di destra? Certo che lo sono, ma d’altronde (se ne facciano una ragione tutti gli altri) è a destra la maggioranza del Paese, altrimenti Meloni non avrebbe vinto le elezioni.
Ma proprio perché la destra è maggioranza è tempo di smetterla da quella parte con vittimismi vari: non c’è la congiura che molti vedono, c’anzi un continente (l’Europa) che molto spesso sceglie proprio di votare a destra, senza che questo possa essere ormai considerata un’anomalia.
Per converso il tema però c’è anche a sinistra, dove molti si agitano oltre misura, non appena lette tre righe sui social.
Questa tendenza “progressista” all’indignazione permanente effettiva è ormai un riflesso condizionato, una sorta di movimento automatico che non certifica l’esistenza in vita di un movimento di idee che diventa governo della cosa pubblica.
È un sinistra in perenne mobilitazione ansiogena su tutto e su tutti, purché i temi siano di scarso interesse popolare, perché quelli sono argomenti da cui tenersi alla larga (vedasi ragionamento da Paola Cortellesi sull’immigrazione nel film “Come un gatto in tangenziale”).
Va così, madama la marchesa.
Il punto adesso è questo: cosa ci aspetta dopo De Angelis e Vannacci?