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Taglio al cuneo e natalità. La manovra che guarda al futuro spiegata da Urso

Il ministro delle Imprese sconfessa, dati economici alla mano, le previsioni catastrofiche dei gufi sulla tenuta del sistema e sulle capacità del governo. L’intenzione è quella di rendere strutturale il taglio al cuneo fiscale in modo da alzare i salari e rendere più attrattivi i posti di lavoro anche per le giovani generazioni

Dai salari agli incentivi alle famiglie, dal taglio al cuneo fiscale ad alcune riflessioni sul sistema economico italiano. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, mette in fila le priorità del governo. E lo fa nel corso di un panel durante il Meeting di Rimini.

Il titolo dell’evento, “Accettare la sfida del cambiamento per crescere”, è di per sé un programma. Accanto al rappresentante del governo, Roberta Cocco, cda de Il Sole 24 Ore; Antonio Gozzi, presidente Duferco e presidente Federacciai; Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia e presidente Europa Sud-Occidentale di Philip Morris International; Bernardo Mattarella, amministratore delegato Invitalia, e Francesco Seghezzi, presidente fondazione Adapt.

“In Italia – così il ministro Urso in apertura di panel – occorre aumentare i salari. Sono troppo bassi e la formula migliore per fare questo in modo strutturale è il taglio del cuneo fiscale. E lo faremo anche nella prossima legge finanziaria”.  Una promessa che si inserisce in un solco già tracciato dal governo e particolarmente apprezzato dal mondo delle imprese. Peraltro, il taglio al cuneo, è una misura pensata anche per far fronte alla rarefazione della manodopera che il mondo produttivo ha lamentato a più riprese. “Incrementare i salari – così Urso – è un modo per invogliare i nostri giovani a cercare il lavoro. Ci sono tre milioni di giovani che non studiano e non cercano il lavoro, che invece c’è nelle filiere strategiche del Made in Italy”.

Previsioni (dei gufi) sconfessate

“L’anno scorso – prosegue il ministro –  si pensava a un crollo del Paese col governo Meloni; sommessamente dico che è accaduto il contrario”. “Lo spread è stato ridotto – aggiunge – e i titoli di Stato italiani sono andati a ruba. Gli investitori stranieri, per la prima volta, sono cresciuti più in Italia che in altri Paesi. Non c’è stato neanche il crollo della Borsa italiana, che è cresciuta più delle altre europee. Prefiguravano che saremmo entrati in recessione e invece l’Italia è cresciuta, a differenza di Paesi come Olanda, Germania e Ungheria che sono entrati davvero in recessione”. Non solo.  “Si parlava anche di isolamento internazionale – ricorda Urso – invece col governo Meloni l’Italia è tornata al centro nella politica internazionale con Giorgia che è contesa fra i grandi del mondo. Il nostro sistema nell’economia globale è considerato come un modello da seguire, perché non ha rinunciato a produrre: nell’agricoltura siamo secondi dietro alla Francia; nell’industria siamo dietro soltanto alla Germania; sul turismo siamo al terzo-quarto posto e lì, a detta di tutti, dovremmo essere al primo posto e quindi dobbiamo lavorare di più in quello”.

Una promessa per il futuro e, al contempo, una scommessa per il sistema produttivo del settore turistico e dell’indotto. Ma, ricorda Urso in chiusura, tra le priorità dell’esecutivo non c’è solo il mondo produttivo. “In ogni atto questo governo dà sempre qualcosa in più alle famiglie, soprattutto numerose, per incentivare natalità e lavoro”.

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