L’India ha un “ruolo-chiave” in tutte e tre le organizzazioni, Brics, Sco e G20. A differenza delle altre maggiori potenze che ne fanno parte mantiene una posizione di equilibrio fra i due “poli” (gli Usa e la Cina) la cui rivalità caratterizzerà il futuro del mondo nei prossimi decenni. L’analisi di Carlo Jean
Tra luglio e settembre si sono tenuti o si terranno i summit delle due organizzazioni internazionali che intendono modificare gli attuali assetti dell’ordine geopolitico, economico e finanziario mondiale, caratterizzato dall’egemonia dell’Occidente e in particolare degli Usa e del dollaro, dominanti dalla fine del secondo conflitto mondiale: il Brics (dal 22 al 24 agosto, in Sudafrica) e lo Sco (il 4 luglio, svoltosi in forma virtuale in India, quest’ultimo relativo all’Eurasia). Importante sarà poi la riunione del G20 che si terrà in India il 9 e 10 settembre e a cui parteciperanno anche i membri del G7, che lo istituì nel 2001, sebbene la sua prima riunione ebbe luogo nel 2008, dopo lo scoppio della crisi finanziaria. La ragione della sua creazione fu la consapevolezza che, con la crescita dei Paesi terzi e con la sua diminuita quota di Pil mondiale, il G7 – allora G8 poiché comprendeva anche la Russia – G7 non poteva più affrontare una grande crisi globale.
A differenza delle prime due organizzazioni, il G20 non si pone quindi come alternativa all’Occidente e al dominio del dollaro. Comprende 19 Stati: quelli del G7, inclusa l’Ue; quelli indicati dall’acronimo Mint (Messico. Indonesia, Nigeria e Turchia), nonché i 5 membri del Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e altri tre. L’insieme degli Stati non occidentali è sempre più spesso chiamato “Sud Globale”. Su scala regionale lo Sco e su quella globale il Brics e il G20 sono raggruppamenti eterogenei, composti da Stati con interessi e visioni divergenti, spesso contrapposti. È pertanto pressoché impossibile pervenire a decisioni comuni, che abbiano un vero impatto sulla realtà. Le loro organizzazioni sono sostanzialmente “fori di dialogo, retorica e propaganda”, cioè di semplici chiacchiere. Sono dominati dalla contrapposizione per la leadership fra la Cina e l’India, accresciutasi di fatto per la crisi economica della prima e per la crescita della seconda, che sta trasformandosi in locomotiva dell’economia mondiale. New Delhi ricerca un delicato equilibrio nei rapporti con Washington e con Mosca/Pechino. Come prevedibile, la riunione del Brics del 22-24 agosto in Sudafrica si è tradotta in un nulla di fatto, mascherato con la foglia di fico dei buoni propositi e dei mirabolanti programmi, come la moneta unica sostitutiva del dollaro, appassionatamente proposta dal brasiliano Lula.
Nel Brics si è confermato il crescente ruolo dell’India, che sta divenendo “Paese-chiave” in tutte e tre tali organizzazioni. A differenza delle altre maggiori potenze che ne fanno parte mantiene una posizione di equilibrio fra i due “poli” (gli Usa e la Cina) la cui rivalità caratterizzerà il futuro del mondo nei prossimi decenni. È un ruolo simile, ma molto più importante, di quello che ha giocato nella guerra fredda, quando si era posta a capo del movimento dei Paesi non-allineati. Non critica l’Occidente, con cui intensifica la cooperazione anche militare (le importazioni di armamenti russi è diminuito da 75% al 49%, nel suo procurement militare). Sono enormemente cresciute le sue importazioni di petrolio russo, ma il loro pagamento (in rupie e pari a 25-30 mld di $ all’anno) è depositato in banche indiane, in modo che non possa servire a finanziare la guerra in Ucraina.
Ma all’Onu l’India si è astenuta nella condanna dell’aggressione russa all’Ucraina e, per non irritare Russia e Cina, non ha invitato Zelensky a partecipare alla riunione del G20, a cui attribuisce una grande importanza per consolidare il suo prestigio. Il suo “profilo” nella riunione del Brics è stato “al di sotto delle righe”. Pragmaticamente New Dehli è consapevole che il Brics non può sfidare il G7, i cui membri – a differenza del Brics – hanno un obiettivo comune: quello di salvaguardare l’ordine liberal-democratico e il libero mercato. Insomma l’India, molto pragmaticamente, tiene i piedi in entrambe le staffe, cercando di trarre i maggiori vantaggi possibili dalla sua ambiguità. Ha usato toni distensivi con Pechino sulle controversie per il confine himalayano, luogo di periodici scontri sino-indiani (l’ultimo è del 2020), ma non ha ceduto nei settori che più interessano Pechino: l’allargamento del Brics e la marginalizzazione del dollaro nel commercio.
Pur partecipando attivamente al Quad e alle sue esercitazioni navali nel Golfo del Bengala, non ha preso parte alla grande esercitazione aeronavale degli Usa e dell’Australia “Talisman Sabre”, chiaramente anti-cinese. L’India si pone come alternativa alla Cina per la leadership del “Sud Globale”. A differenza di Pechino – che la vorrebbe trasformare in una Nato asiatica anti-Usa – l’India si oppone alla militarizzazione della Sco. È anche è contraria alla contrapposizione del Brics al G7. Pur non dicendolo esplicitamente, per non scontentare la quarantina di Paesi che hanno espresso il desiderio di entrare nell’organizzazione, l’India teme che sia prematuro farlo oggi dato che un allargamento prematuro la coglierebbe impreparata rispetto alla Cina. Inoltre, contrasterebbe con la sua tradizionale politica di non far parte di nessun blocco. Comunque, l’India pensa di poter competere con la Cina solo fra qualche anno, quando il suo prestigio e la sua potenza economica e militare si saranno consolidate con la continua crescita del Pil, che colmerà i divari più evidenti con la Cina, sia nell’Asia Sudorientale sia in Africa. L’India, Paese più popoloso e destinato ad essere fra breve la terza economia mondiale, ritiene il suo ruolo eccezionale, che le consente di tenere le mani libere. Per poterlo fare è costretta a delicati equilibrismi, come nel caso dell’aggressione russa all’Ucraina, per non scontentare nessuno, ma trarre vantaggi dalla loro rivalità.
La riunione del Brics di Johannesburg, del 22-24 agosto, ha visto la partecipazione oltre che dei 5 Paesi fondatori, di 44 Paesi invitati, una ventina dei quali ha chiesto di entrare a far parte dell’organizzazione, forse solo per esprimere il loro risentimento nei riguardi dell’Occidente e del dollaro. Nell’agenda della riunione erano previsti l’allargamento; la creazione di una banca di sviluppo; la cooperazione economica, soprattutto per la digital economy; l’attenzione per i drammatici problemi dell’Africa. Poco o nulla è stato concluso. Molti media italiani si sono commossi per la proposta di negoziati per l’Ucraina, presentata da Cina e Sudafrica. Ma non era una vera proposta data la sua genericità. Senza dettagli sono pii desideri. Lo sono come l’invocazione di una “pace giusta e sicura”, senza precisare che cosa in concreto significhino tali termini, dato che tutti affermano sempre di combattere una guerra giusta e di volere una pace giusta e duratura.
Molti argomenti dell’agenda del Summit del Brics saranno ripresi nella riunione del G20 di settembre, a cui l’India attribuisce enorme importanza, tanto da escludere l’invito a Zelensky per evitare che il vertice fallisca per i contrasti sull’aggressione russa all’Ucraina. Esso sarà focalizzato sullo sviluppo, sul cambiamento climatico, sul trasferimento delle tecnologie digitali, sul debito dei Paesi più poveri, sull’inflazione e sulla sicurezza alimentare ed energetica. Certamente sul “nulla di fatto” dell’incontro del Brics ha influito – malgrado l’intervento di Xi Jinping che ha dato ampie assicurazioni sulla ripresa dell’economia cinese – la crisi che oggi essa conosce. Essa ha impedito alla Cina di fare la parte del “Re Mida” della situazione e l’egemonia degli Usa e dell’Occidente e del dollaro avrebbero potuto essere in pericolo. Sarebbe stato allora necessario correre rapidamente ai ripari. L’unica via possibile per farlo sarebbe quella di rafforzare il G7 e anche l’Ue, provvedimento che sarebbe comunque auspicabile, indipendentemente dalla retorica del “Sud Globale” e delle sue retoriche gesticolazioni, ma che è difficile da attuare se non in situazioni di grave emergenza.
Il vertice del Brics sarà ricordato principalmente per due fatti di cronaca, che ben poco hanno a che vedere con le decisioni dell’Organizzazione. Primo: l’assenza di Putin, rappresentato da Lavrov, per il suo timore di poter essere arrestato come criminale di guerra e che ha rivolto alla riunione la solita “minestra riscaldata” sull’embargo del grano ucraino. Secondo, la mancata partecipazione di Macron, che aveva chiesto di partecipare alla riunione come “amico del Brics” e la cui richiesta era stata respinta dalla Russia per gli aiuti militari francesi all’Ucraina.