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Destra si dice in molti modi? La riflessione di Ippolito

Facendo eco all’interessante articolo dell’amico Gennaro Malgieri su Formiche.net, mi sembra utile cercare di dare una semantica politica del significato culturale della parola destra, per capire, se non altro, qualcosa dell’identità di Fratelli d’Italia in relazione a Lega e Forza Italia. Il commento di Benedetto Ippolito

La pubblicazione del libro “Il mondo al contrario” del generale Roberto Vannacci e il successivo intervento del ministro Guido Crosetto hanno aperto una serie di polemiche relative sia alla libertà di opinione, e ai limiti del suo esercizio da parte di un servitore dello Stato, com’è un membro alto in grado dell’Esercito, e sia sul senso che viene ad assumere l’appartenenza politica culturale alla destra, in un periodo come il presente nel quale Fratelli d’Italia è il partito maggioritario della coalizione di governo.

Alcuni esponenti politici del partito di Giorgia Meloni si sono, infatti, detti pienamente a sostegno delle tesi del generale, nonché della loro legittimità espressiva, aprendo un fronte polemico molto duro con il ministro della Difesa, che, tra l’altro è tra i fondatori del loro movimento. Crosetto ha ribadito che non si tratta di un problema di idee, ma di metodo e di opportunità, dato che le Forze Armate sono di tutti i cittadini e sono fondate sulla Costituzione repubblicana, i cui valori non coincidono in maniera totale con le argomentazioni comunque sensate e peraltro molto semplici che Vannacci ha esposto.

Il mio intento non è intervenire nella diatriba, che mi vede d’accordo con Crosetto sulla non opportunità di una pubblicazione di questo genere da parte dell’autorevole autore, sebbene, lo dico con franchezza, tali opinioni siano però, come ho sottolineato, ampiamente condivisibili e largamente diffuse tra i conservatori.

La domanda, con una retorica un tantino ridondante ma ironica di tenore aristotelico, potrebbe essere essenzialmente questa: veramente in Italia la destra si dice in così tanti modi?

Facendo eco all’interessante articolo dell’amico Gennaro Malgieri su Formiche.net, mi sembra utile cercare di dare una semantica politica del significato culturale della parola destra, per capire, se non altro, qualcosa dell’identità di Fratelli d’Italia in relazione a Lega e Forza Italia, potendo anche rispondere così all’eventualità, tutt’altro che lontana, di un possibile emergere di formazioni politiche che si posizionino alla destra della destra, come recita, anche qui non alla lettera, il titolo di un bel libro su Julius Evola di Francesco Cassata.

René Rémond, nell’ormai classico scritto sulla destra francese, ha individuato ben tre ideologie politiche conservatrici, partendo dalla loro genesi convenzionale che è la Rivoluzione giacobina del 1789. Si tratta di un rifiuto diversamente graduato della modernità storica, delle vicende della continua attualità di un presente in movimento perpetuo, modulate sulla forma assoluta, quella dei Controrivoluzionari, Joseph De Maistre e Louis De Bonald in primis, i quali negarono in blocco il nuovo mondo liberal-costitituzionale. In effetti, questo schema di negazione del presente, indubbiamente importante, può essere applicato in modalità proporzionata e progressiva non soltanto al conteso rapporto Monarchia-Repubblica del XIX secolo in Francia e in Europa, ma anche ad altri ambiti intellettuali tremendamente diversi e diversamente combinati, come quelli di oggi.

Nel mondo della teologia cristiana, ad esempio, vi è una destra estrema, una destra moderata, una destra liberale, ma anche una sinistra moderata e una sinistra estrema, rintracciabili nel rapporto diverso che assumono trascendenza e immanenza, Rivelazione divina e ragione umana, grazia e natura, eccetera, nei diversi sistemi filosofici, che di volta in volta si presentano.

Karl Barth, ad esempio, è certamente un teologo protestante molto di destra, rifiutando ogni apporto della ragione umana nello spiegare la fede, ma sono di destra anche teologi cattolici come Règinald Garrigou-Lagrange e Charles Boyer, i quali ispirandosi al Sillabo di Pio IX e al Decreto Lamentabili di Pio X, contestano il razionalismo e il naturalismo imperante nella Nouvelle theologie. Henri De Lubac è un teologo più di sinistra, perché sviluppa un’omogeneità di fede e ragione molto marcata, mentre M. D. Chenu e Walter Kasper sono teologi di sinistra perché storicizzano la fede attraverso la teologia.

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi e applicarsi veramente dappertutto. Un altro esempio emblematico della estendibilità di questo concetto di destra, ad esempio, riguarda il Circolo di Vienna, nel quale i più intransigenti scientisti, come Rudolf Carnap, sono certamente più di destra di Neo-positivisti come W. V. O. Quine, più relativisti e meno dogmatici.

Il parametro intransigenti-moderati è dunque valido, sebbene però non sia l’unico esistente, a ben vedere. In politica vi sono anche i valori di fondo che segnano le differenze tra le varie forme di destra, senza con questo scomodare necessariamente N. Bobbio o C. Schmitt. Diseguaglianza e libertà, ma anche comunità e individuo, nonché Stato e società possono costituire, al contempo, valori comuni e scambiabili, ma anche presupposti tanto diversi da frammentare in determinazioni eterogenee la galassia così apparentemente compatta della destra mondiale.

Nel nostro Paese Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia rappresentano concretamente formazioni diverse di un medesimo e comune orizzonte topico della destra. Meloni è erede di una tradizione comunitaria, statuale, con connotati organici e non individualisti. Il movimento che Matteo Salvini ha ereditato da Umberto Bossi guarda all’aspetto particolare delle realtà locali, pensando la nazione non tanto come Stato ma come società federata di prossimità. Gli eredi di Silvio Berlusconi invece sono portatori di una visione individualista, liberale, contrassegnata dalla confluenza, alla stregua del suo fondatore, sia della tradizione liberale e sia di quella socialista craxiana: animal spirits, libertari e riformatori.

Destra, dunque, si dice in molti modi, ma non in tutti i modi possibili: non soltanto perché tutti coloro che sono di destra sono più o meno intransigenti su un’idea sola, ma perché esprimono molte facce di uno stesso prisma poliedrico di tipo metapolitico o metafisico. La compatibilità tra queste anime, quindi, c’è, eccome, e può essere definita. Tale fondamento si esprime nel tratto anti progressista, nell’opposizione all’egualitarismo, in una non nascosta ostilità per il potere razionalistico e coercitivo di cui le ideologie del progresso, anch’esse molto articolate, sostengono con forza, pur senza arrivare alla formulazione radicale e totalitaria del marxismo.

Io da parte mia credo che la vera essenza originaria della destra sia l’idea di trascendenza, ossia una visione della vita e della realtà nella quale l’apporto che gli esseri umani danno è successivo e relativo rispetto all’oggettività eterna di una legge originaria, rispetto cioè ad un ordine d’essere e di realtà che fonda la politica dal di fuori, precede la società e il potere, coagulandosi nella sostanza nazionale permanente, nell’idea di un assetto stabile, magari perduto e da recuperare, o anche soltanto nella presenza di verità diffuse, riguardanti comunque e sempre l’identità religiosa, culturale, linguistica immutabile di un popolo determinato.

È molto valida, in questo senso, la definizione che Sthéphan Rials ha proposto in un poco conosciuto articolo del 1985 sulla rivista Le Débat: la destra raccoglie tutti coloro che credono nella trascendenza oggettiva della realtà e della verità, e hanno orrore per l’immanenza assoluta della volontà, della ragione, del progresso, della storia, del naturalismo, dell’ideologia, dei diritti individuali incontrollati, del relativismo, eccetera. Per la destra la natura si oppone alla volontà, la trascendenza si oppone all’immanenza, lo Stato alla libertà, quando volontà, immanenza, libertà si trasformano in forze distruttrici della natura, della trascendenza, dello Stato.

Così possiamo concludere, sia pure in modo provvisorio, che il centrodestra è una coalizione di destra, raccogliendo tre aspetti della trascendenza politica: nazione, società e libertà. È di destra Crosetto che difende la trascendenza dello Stato. È di destra anche Vannacci che vede un mondo che va al contrario della trascendenza vera e minacciata del senso comune.

Il problema non è, dunque, quante destre ci siano sottese o quante si formeranno nel futuro, ma il fatto che la sinistra, dopo decenni di egemonia, ormai si è svelata come un progetto artificiale di puro potere: assoluto, tremendamente impopolare, distruttore della pace e contraddittorio nell’espressione dei suoi vantati ma inconsistenti valori di fondo.



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