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Riforme istituzionali, maggioranza e opposizione a confronto a Rimini

I livelli essenziali delle prestazioni, l’efficienza della pubblica amministrazione e i fondi perequativi. Il bilanciamento dei poteri per salvaguardare l’architettura istituzionale e l’ipotesi dell’elezione diretta del presidente del Consiglio. Cosa si sono detti maggioranza e opposizione al Meeting confrontandosi sulle riforme

La strada la indica l’esponente di Noi con l’Italia, Maurizio Lupi: “Serve un confronto senza pregiudizi”. Si parla di riforme istituzionali, e un buon punto di partenza è il dibattito che si è svolto al Meeting di Rimini, ieri sera, che ha visto la partecipazione degli esponenti di quasi tutte le forze politiche in campo.

Dal capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo, passando per la deputata di Italia Viva, Maria Elena Boschi, il presidente dei senatori dem Francesco Boccia, il collega del Movimento 5 Stelle ed ex ministro, Stefano Patuanelli, il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti e l’esponente di Forza Italia, Nazario Pagano.

I primi stimoli arrivano, oltre che dal moderatore – Paolo Del Debbio – dal presidente della fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini. I temi al centro dell’incontro sono essenzialmente due: l’autonomia differenziata, segnatamente legata al Ddl Calderoli, e la riforma sul presidenzialismo. Su entrambi i temi Vittadini avverte da un lato sulla necessità di tenere in considerazione la “grande disomogeneità dell’Italia” anche nel rapporto fra istituzioni. E sul versante del presidenzialismo l’opportunità di mantenere, sotto il profilo istituzionale, un sistema in equilibrio.

Dal fondo di perequazione alla necessità di uscire dalla “logica di contrapposizione tra Nord e Sud” fino alla definizione “dei livelli essenziali di prestazione”. Per Romeo la battaglia sull’Autonomia è un punto nevralgico. Identitario. D’altra parte, ricorda, “è una riforma concepita nel 2001, che però non è mai stata attuata”. L’approccio è più morbido sulla riforma istituzionale, benché sia parte fondante del programma di centrodestra: “Siamo a favore – scandisce il senatore del Carroccio – dell’elezione diretta del presidente del Consiglio e accogliamo di buon grado la proposta della sfiducia costruttiva. Nella nostra idea, le prerogative del Parlamento sarebbero senz’altro tutelate”.

Questa è una rassicurazione che, dalle parti dell’opposizione, viene in qualche modo registrata. Ma non basta. La preoccupazione di Patuanelli è legata alla “volontà della maggioranza di stravolgere la Costituzione”. Perché se è vero che l’intendimento di salvaguardare e rendere più stabile il governo è positivo “non è quella indicata da Palazzo Chigi la soluzione con cui ci si arriva”. Il grillino rimarca invece la necessità di “intervenire sulla legge elettorale” e di avviare un percorso di revisione “della decretazione d’urgenza”. E l’autonomia differenziata? “In questo momento – taglia corto – il fondo di perequazione di cui parla la maggioranza non esiste”.

Condivide queste perplessità anche il dem Boccia che, sull’autonomia, è molto chiaro. “In ballo – dice – c’è una questione sostanziale: la capacità di erogare i servizi ai cittadini. In questo quadro vanno tenute presente le profonde differenze che intercorrono tra un territorio e l’altro”. E dunque, sui Lep, Boccia chiede che “vengano discussi e approvati dal Parlamento”. Metodologicamente “riforme così importanti non si possono fare a colpi di maggioranza”. Sul presidenzialismo – ricordando l’incontro di qualche tempo fa con il premier Giorgia Meloni a Palazzo Chigi – il senatore del Pd lamenta “l’assenza di una proposta concreta da parte della maggioranza”. Ma si sbilancia verso una parziale apertura. “Purché non si scalfiscano le prerogative e il ruolo di terzietà del Presidente della Repubblica – chiosa – siamo disponibili a discutere sull’elezione del presidente del Consiglio”.

“Governabilità è stabilità e credibilità”, puntualizza Pagano. L’esponente di Forza Italia – partito da cui proviene anche la ministra alle Riforme, Maria Elisabetta Alberti Casellati – benché non si esponga sulle tempistiche in cui si avrà una bozza di proposta, chiarisce la direzione verso la quale si vuol procedere. “Siamo d’accordo che il ruolo di terzietà del Capo dello Stato non vada messo in discussione – ammette – ma allo stesso modo riteniamo che ci debbano essere maggiori garanzie per la stabilità del governo. E questa è garantita mediante l’elezione diretta. È una questione, anche, di credibilità internazionale”.

Se sull’autonomia differenziata Foti ricorda alcune posture di amministratori – tra cui il governatore emiliano-romagnolo, Stefano Bonaccini – a favore di una legislazione in questo senso, sulla riforma istituzionale la posizione è netta. “Non ci possiamo permettere che gli esecutivi durino un anno – sottolinea il parlamentare di FdI -. Ne va della credibilità del Paese, ma non solo: è una questione di rispetto per la volontà degli elettori. Il presidente del Consiglio deve avere i voti della sua maggioranza, prima di tutto”. Dunque la riforma sarebbe concepita in modo tale da prevedere una “clausola anti-ribaltone”.

Ecco, allora, la soluzione prospettata da Maria Elena Boschi. “Noi abbiamo una proposta con la quale ci siamo presentati agli elettori: l’elezione del sindaco d’Italia”. Per cui, massima apertura all’ipotesi di un’elezione diretta del presidente del Consiglio, purché “venga rispettata la volontà degli elettori”. In buona sostanza: “Se il presidente del Consiglio viene sfiduciato, si torna al voto”. Ma, parallelamente, Boschi torna sulla necessità di “superare un bicameralismo paritario che, nei fatti, non esiste più”. Anche per Italia Viva, ci sono spiragli sul versante istituzionale mentre sull’autonomia la partita è più complessa. Sì perché, analizza Boschi, “con il ddl Calderoli le disparità di questo Paese vengono accentuate. Sui Lep, così come sulle risorse, non c’è chiarezza. Insomma, la riforma così come è concepita non sarebbe dannosa per il Sud ma per l’Italia intera”.

L’approccio moderato di Lupi è adattabile a entrambi i casi in discussione. “Il Parlamento e i partiti – dice il presidente intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà – devono tornare a essere luoghi effettivi di concertazione”. Per cui sia per la riforma istituzionale di tipo presidenziale, così come sull’autonomia “occorre lavorare assieme”. Su quest’ultima, Lupi calca la mano sulla necessità di lavorare sul “principio di sussidiarietà orizzontale”, nella consapevolezza che “i lep sono un tema nevralgico”, così come nevralgico è il tema “dell’efficienza della pubblica amministrazione”.

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