Un tavolo tecnico, istituito presso la Cei, sta portando avanti l’interlocuzione con tutti i soggetti istituzionali per “favorire una rapida e soddisfacente definizione delle disposizioni in materia”, auspicando che le diocesi continuino nella loro opera di formazione e sensibilizzazione sulle comunità energetiche per quanto riguarda i temi della conversione ecologica, della povertà energetica e dell’inclusione sociale
Il percorso era stato tracciato già due anni fa durante la 49° settimana sociale dei cattolici italiani, tenutasi a Taranto e voluta da monsignor Filippo Santoro, arcivescovo emerito e delegato per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza Episcopale Italiana. L’obiettivo è quello di creare nelle oltre 25 mila parrocchie una comunità energetica per “produrre 200 chilovatt e arrivare alla produzione di 5,2 gigawatt” e contribuire così alla neutralità climatica prevista dalla Ue per il 2050. Il progetto è stato riportato all’attenzione del mondo politico e della comunità scientifica al Meeting di Rimini nei giorni scorsi durante l’incontro sul tema “Comunità energetiche e povertà energetica”.
Alla base dell’iniziativa i contenuti dell’enciclica di papa Francesco “Laudato sì” del 2015 nella quale veniva tracciata “una direzione per ridare sensi e alternativa in un quadro di economia integrale a un’idea di ambiente che poneva in conflitto sviluppo e sostenibilità, crisi ambientale e crisi sociale, globale e locale”. Per superare questi dualismi “occorre analizzare la realtà, scommettere sulle comunità, investire in un’alternativa concreta al carbone” e vedere la natura come “uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà”.
Nella scelta delle “Comunità energetiche”, si legge nel documento della settimana sociale, non troviamo soltanto motivazioni tecniche, ma “il frutto di un cammino spirituale e antropologico fatto in questi anni come Chiesa in ascolto del territorio. Il sogno comune di una comunità che coopera e cammina insieme”. Un modo concreto di riaffermare “l’ecologia integrale” proposta come nuovo modello di sviluppo sostenibile “che ha anticipato le agende dei Governi del mondo sull’urgenza di guarire il pianeta dalle minacce del riscaldamento globale, dall’inquinamento e dalle tante dimensioni dell’insostenibilità ambientale”.
“Le nostre diocesi e le nostre parrocchie – ha detto monsignor Santoro – devono essere carbon-free nelle scelte di gestione del risparmio e nella capacità di coniugare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale. La comunità energetica non solo un fatto tecnico, la Chiesa non si occupa di impianti, ma di visione, di solidarietà e di comunità. Una scelta profetica e sinodale”.
Per il credente, come si legge nell’enciclica, l’ambiente tiene insieme “la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore”. Rimanda a quattro livelli in cui si costruisce l’equilibrio ecologico: quello interiore con se stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi e quello spirituale con Dio.
La sfida della transizione ecologica, si legge ancora nel documento episcopale, pone nell’immediato tre problemi collegati tra loro. Il primo è quello dell’inflazione a seguito dell’aumento del prezzo del gas; il secondo, conseguenza dell’aumento del prezzo dell’energia, è l’impatto sulla povertà energetica (le famiglie che hanno problemi nel pagare la bolletta) e sui costi delle imprese; il terzo è l’emergenza climatica che impone di ridurre le emissioni climalteranti fino alla neutralità climatica entro il 2050.
La risposta a questi problemi può venire proprio dalla nascita delle Comunità energetiche, con le quali gruppi di cittadini e di imprese possono ridurre il costo totale della bolletta fino al trenta per cento; accedere ai premi per l’autoconsumo fissati dal governo; vendere al gestore dell’energia l’eccedenza di energia prodotta e non consumata. Lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ne incentiva la creazione mettendo a disposizione 2,2 miliardi di euro per abbattere la spesa degli interessi negli investimenti.
Lo sviluppo di queste Comunità, vero strumento di ecologia integrale, contribuirà a contrastare il problema della povertà energetica e dei rilevanti costi di produzione e allo stesso tempo offre “un contributo importante all’obiettivo numero uno della transizione ecologica nel nostro Paese che è l’eliminazione del collo di bottiglia della scarsa capacità produttiva da fonti rinnovabili. Allargare questa capacità produttiva significa procedere verso l’obiettivo di giungere nel 2050 a emissioni zero, ridurre la nostra dipendenza da gas e petrolio e mitigare anche l’effetto delle impennate dei prezzi del gas sul costo totale dell’energia consumata”.
Un tavolo tecnico, istituito presso la Cei, sta portando avanti l’interlocuzione con tutti i soggetti istituzionali per “favorire una rapida e soddisfacente definizione delle disposizioni in materia”, auspicando che le diocesi continuino nella loro opera di formazione e sensibilizzazione sulle comunità energetiche per quanto riguarda i temi della conversione ecologica, della povertà energetica e dell’inclusione sociale.
Secondo il titolare del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin “i 2,2 miliardi del Pnrr sulle Comunità energetiche potranno essere concessi a fondo perduto, annunciando il via libera della Commissione Europea a questa modalità di utilizzo dei fondi. “Si tratta di un grande risultato, reso possibile dal dialogo e dal confronto, che ha consentito al Ministero di recepire gli imput arrivati in questo senso dalle numerose parti interessate alle comunità energetiche pronte a essere attivate su tutto il territorio nazionale”. L’Europa, ha concluso il ministro dell’Ambiente, ha apprezzato la linea interpretativa portata avanti dal Mase con la convinzione di accelerare la produzione di energia da fonti rinnovabili per ridurre la dipendenza dal gas naturale secondo gli obiettivi del RePowerEU”.