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Spagna, ecco chi rischia di più tra Puigdemont, Sanchez e Feijoo

Il popolare sconta il no del socialista all’investitura. Manca dunque la maggioranza assoluta al primo voto, previsto il 27 settembre. Psoe vira verso gli indipendentisti, mentre il Pp pensa alle seconde urne con Ayuso al timone. L’amnistia proposta dagli indipendentisti catalani è merce di scambio per elevare Sanchez al governo

I socialisti spagnoli guidati dal premier uscente Pedro Sanchez hanno chiuso al cosiddetto “patto di centralità” che il candidato popolare Alberto Núñez Feijóo aveva offerto al segretario generale del Psoe. Una scelta politica che apre, di fatto, alla seconda fase post elezioni politiche spagnole, caratterizzate non solo dalla scelta di Sanchez di sposare in pianta stabile l’alleanza con Carles Puigdemont, a cui offrire l’amnistia in cambio dell’appoggio politico, ma da un macro punto interrogativo sugli scenari legati a possibili nuove urne entro la fine dell’anno, oltre alle relative (nuove?) leadership che saranno in campo in quella competizione.

Qui Psoe

“Hanno dovuto scegliere tra la dignità o tra Puigdemont e hanno optato per quest’ultimo”: questo il commento dei popolari dopo il no socialista alla proposta del Pp. Feijoo aveva ufficialmente chiesto al segretario generale della seconda forza più votata di permettergli di guidare il Paese per un mandato limitato a due anni per affrontare le “riforme pendenti”. Una sorta di accordo tra le due formazioni più forti che avrebbe dovuto essere base di una maggioranza a tempo e di un esecutivo tarato sulle emergenze da affrontare.

Il no di Sanchez si somma alla strategia complessiva dei socialisti che, avendo chiesto le elezioni politiche dopo il terremoto alle regionali, non pensavano di poter recuperare terreno nei confronti del Pp. Sánchez è già sceso a sostanziali compromessi con il fronte indipendentista graziando i leader e prestando ascolto alle numerose richieste di amnistia che giungono da più parti. Per cui in questa fase, fortificati dai numeri, proseguono sulla traccia di voler mettere in discussione la leadership e la forza di Feijóo che, al netto della propaganda del Psoe, non sembra più essere così in sella al vertice del suo partito.

Qui Pp

Sin dalla chiusura delle urne, ovvero quando era chiaro a tutti che Pp e Vox da soli non sarebbero riusciti a formare un governo, erano già emerse alcune perplessità sulla gestione (pre e post voto) da parte di Feijoo: non solo di carattere politico, quanto a scelte compiute, strategie approntate e profilo scelto, ma anche di carattere personale. Un altro volto al suo posto sarebbe stato in grado di ottenere più voti per i popolari? Sarebbe riuscito a disinnescare la retorica anti-destra e anti-Vox messa in campo dal Psoe?

Interrogativi che, all’interno dei popolari, circolano ancora e che rappresentano l’anticamera ad un possibile avvicendamento ai piani alti del partito. In molti giudicano incoerente la scelta di lanciare una ciambella di salvataggio a Sanchez, nel momento in cui si potrebbe optare per la strada delle seconde elezioni in dicembre, lavorando sin da ora per rafforzare l’alleanza Pp-Vox (anche in chiave elezioni Ue).

Scenari

Ufficialmente il numero uno del Pp madrileno, Isabel Díaz Ayuso, sostiene la strategia di Feijóo, quando osserva che senza sapere cosa Feijóo avrebbe proposto a Sánchez, la risposta del Psoe è stata “no, è no”. Ma Sánchez ha detto “sì è sì” a tutto ciò che gli indipendentisti gli hanno chiesto e gli chiederanno, ha twittato. Ayuso però è consapevole che potrebbe toccare a lei molto presto. Intanto ha lasciato trapelare la sua opinione sulla proposta di Feijoo a Sanchez (“inesperta”), per poi assicurare i suoi che prima o poi governerà. Di contro dovrà capire sin da ora come gestire l’alleanza con Vox: Feijóo ha riconosciuto al partito di Abascal il suo ruolo di partner ma poi Vox non ha votato per Cuca Gamarra alla presidenza della Camera, a dimostrazione di una base programmatica che necessita di un’ulteriore spinta per essere rafforzata.

Il rischio di questa fase spagnola però non è dato dal generale richiamo mediatico contro le destre, ma si chiama frammentazione antiunitaria e si posiziona a sinistra: la XIII legislatura è caratterizzata dalla presenza di cinque leader indipendentisti, benzina per la possibile instabilità a tutto vantaggio della campagna pro-Puidgemont. L’amnistia proposta proprio dalle forze indipendentiste catalane rappresenta una vera e propria merce di scambio per elevare Pedro Sánchez alla presidenza del governo.

@FDepalo

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