Le visioni di conservatori e riformisti a confronto nella giornata organizzata da Nazione Futura e dalla fondazione Ottimisti e Razionali. Tra gli ospiti il viceministro alla Giustizia, Sisto, il ministro Valditara e l’ex presidente della Camera, Luciano Violante
Sentire Chicco Testa irrompere nel mezzo di un dibattito, scagliandosi contro le piste ciclabili di Roma e le posizioni “ideologiche sull’ambientalismo assunte dalla sinistra” non capita di frequente. Ci voleva “Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”, organizzato da Nazione Futura in collaborazione con la fondazione Ottimisti e Razionali.
È Claudio Velardi il grande “regista”, che scandisce e in qualche misura fa sintesi degli interventi di tutti gli ospiti. Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto dopo il suo intervento sui nodi della giustizia – si è confrontato con il deputato di Azione, Enrico Costa, con il costituzionalista Alfonso Celotto e con il direttore de il Giornale, Augusto Minzolini, si ferma al banchetto di libri. Li sfoglia, si confronta con qualcuno sui contenuti.
Il clima che si respira è quello del confronto. Sui temi, finalmente. Non ci sono pregiudiziali ideologiche, ma forti convinzioni che ognuno difende strenuamente. L’editorialista del Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia è in gran spolvero. Un tête-à-tête senza esclusione di colpi, tra lui e l’ex deputata Anna Paola Concia. “La scuola nella società che cambia”. Il tema è vastissimo, l’introduzione è affidata a un video messaggio del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Ed è a proposito di merito che l’atmosfera si scalda. Tra una lim e un aumento di stipendio a un docente meritevole? Galli della Loggia non ha dubbi che la decisione debba propendere per la seconda scelta.
L’attesa, a metà pomeriggio, è per l’ex presidente della Camera, Luciano Violante. Lo precede (con lui nel panel assieme a Giovanna Melandri), il senatore Giulio Tremonti. A loro il compito di inquadrare “Stati e Mercati nel mondo globale”. E sotto questo profilo la lettura di Violante è lucidissima. “Stiamo passando dalla globalizzazione alla balcanizzazione”, analizza. Un contesto, anche politico, che ha subito un profondo cambiamento “dopo la fine della Guerra Fredda”.
A partire, su scala internazionale, “dal ruolo sempre più centrale della Cina, ad esempio sul versante delle materie prime critiche”. Posto che il processo di “occidentalizzazione del Mondo sta mostrando le sue debolezze” è, quello che viviamo, “il tempo in cui occorre guardare i fenomeni molto più a fondo”.
Dall’economia alla politica alla leadership. È la volta di Flavia Perina, Luigi Marattin (deputato di Italia Viva), Giovanni Orsina e Alessandro Campi. E, a proposito di leadership – in questo caso culturale – la domanda che viene posta è: siamo sicuri che dopo l’egemonia culturale della sinistra anche il centrodestra ne voglia una?
Il piglio accademico, velatamente provocatorio è quello di Paolo Macry, docente emerito di storia contemporanea, che prende spunto da uno stimolo lanciato qualche tempo fa da Marcello Veneziani. Non c’è una risposta univoca, se non la necessità di “costruire politiche culturali” da parte del governo. Ma esiste, in effetti, un pericolo di contrazione della libertà di espressione in salsa woke? Per David Parenzo, giornalista di La7 e Radio 24 “assolutamente no”. Anzi, starebbe alla destra, “che contesta i contenuti di alcune serie di Netflix, di alcuni spot pubblicitari e di alcune “derive” proporre argomenti diversi di cui dibattere”.
Alla base “dell’impoverimento trasversale di idee”, sostiene Parenzo, c’è una “profonda crisi dei partiti che non sono più in grado di orientare il pensiero e si sono svuotati dalla loro vocazione”. Questo è un terreno di sostanziale comunanza, in cui si trovano conservatori e progressisti. Ma, replica il presidente di Nazione Futura, Francesco Giubilei partendo dalla provocazione sul libro del generale Vannacci rintuzzata dal filosofo Corrado Ocone, “c’è un problema serio se, in questo Paese, una manifestazione come il Salone del Libro di Torino annovera, tra cinquecento espositori, solamente pochissimi non allineati al mainstream che, puntualmente, vengono contestati”. Così come è problematico il fatto che “le serie tv di Netflix veicolino un certo tipo di messaggio”. E il rischio più grosso lo corrono “le giovani generazioni”.