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La via dell’arabesco che congiunge Bologna ad Ustica. Il commento di Cangini

Volendo ricostruire i rapporti che intercorsero tra lo Stato italiano e i terroristi arabi, giova la lettura del post, scritto sulla base di documenti desecretati, che l’ex condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni, ha pubblicato su Facebook e che riproponiamo integralmente

Nel Paese di Pulcinella può accadere che chi mette in dubbio la verità giudiziaria su una strage (Bologna) venga linciato al grido “le sentenze non si giudicano” da chi poi spara in prima pagina un dubbio amletico sulla verità giudiziaria di una seconda strage (Ustica). È la logica dell’arabesco, che secondo Ennio Flaiano in Italia rappresentava (e rappresenta) la linea più diretta tra due punti, incrociata col “tengo famiglia” che secondo Leo Longanesi riassumeva (e riassume) così bene lo spirito nazionale da dover essere impressa a vita sul Tricolore.

Della vicenda Amato-Repubblica-Ustica è stato già scritto tutto, della vicenda De Angelis-Bologna no. Francesco Cossiga non fu il solo a sostenere, in tempi non sospetti, che il Dc9 caduto ad Ustica fosse stato abbattuto per errore da un missile francese e che per errore un carico di esplosivo palestinese esplose alla stazione di Bologna. Volendo ricostruire i rapporti che intercorsero tra lo Stato italiano e i terroristi arabi, giova la lettura del post, scritto sulla base di documenti desecretati, che l’ex condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni, ha pubblicato ieri su Facebook e che riproponiamo integralmente.

TERRORISMO ARABO-PALESTINESE E STRAGI, ECCO LE CARTE DEI SERVIZI SEGRETI

Nell’Italia tormentata dagli anni di piombo e di sangue con i terroristi neri e rossi in servizio permanente effettivo, l’Europa intera più o meno scopertamente era un altro teatro di trame eversive con un grande via vai di guerriglieri e terroristi arabo palestinesi tra cui il Fplp, Fronte per la liberazione della Palestina pronti a tutto, sempre in contatto a volte alleati a volte no, con cellule libiche, armene e iraqene. Colpirono ovunque, progettarono attentati non sempre andati a buon fine, organizzavano piani di destabilizzazione in buona parte del Medioriente. Furono anni segnati da un gran traffico di armi ed esplosivi che passava anche dall’Italia e che mise in allarme i governi di mezza Europa. Armi e militanti si spostavano tra Vienna, Roma ,Parigi, Monaco, Beirut. Da metà dei Settanta all’inizio degli anni Ottanta in questo scenario esplosivo in tutti i sensi il Libano, con centro Beirut, fu lo snodo di mille traffici, di misteri, accordi in chiaroscuro dove i servizi segreti, compresi gli israeliani del Mossad, giocarono, spesso su due tavoli, un ruolo fondamentale. L’Italia, già alle prese con terrorismo interno aveva paura, temeva, perché ne subì in parte gli effetti, soprattutto il terrorismo delle frange più estremiste del Fplp e del Fronte del rifiuto. Sullo sfondo di questo scenario il nostro Paese subì due terribili stragi: l’areo Dc9 Italia partito da Bologna ed esploso in volo sul cielo di Ustica (27 giugno 1980, 81 vittime) e l’attentato alla stazione di Bologna (2 agosto 85 vittime).

Come è noto l’inchiesta su Ustica (una seconda è ancora aperta) ha concluso per una probabile bomba a bordo escludendo in base alla perizia di undici esperti mondiali l’ipotesi di un missile che possa aver colpito per errore il Dc9 nel mezzo di una battaglia aerea tra francesi e libici. Questa tesi è stata rilanciata in questi giorni, salvo poi una parziale retromarcia, dall’ex premier Giuliano Amato. Per la strage di Bologna sono stati condannati cinque terroristi neri ed è stata esclusa la pista del terrorismo palestinese.

Ora ci sono le carte desecretate dei Servizi segreti italiani (Sismi) che ci raccontano i pezzi mancanti (e forse non ancora tutti) di quegli anni terribili: 32 documenti sulla strage di Ustica acquisiti dalla Procura di Roma nell’inchiesta bis e 163 documenti coperti dal segreto di Stato e ora declassificati dalle direttive 2014 e 2021 su cui si innesta l’intervento della presidente Meloni, spiegati in oltre 429 pagine, sono stati versati presso l’Archivio centrale dello Stato e su cui sta lavorando la ricercatrice Giordana Terracina. Ora le abbiamo visionate. Possono aggiungere qualcosa o fornire nuovi elementi agli attentati rimasti impuniti o con sentenze che fanno discutere? Secondo alcune interpretazioni è possibile, con la convinzione che anche la magistratura dovrebbe valutarle a fondo.

Qui emergono nuove verità, aspetti che spiegano decisioni dei governi di allora, rapporti non sempre limpidi fra Stati. Sono soprattutto cablogrammi, appunti riservati, note catalogate con Segretissimo, che raccontano l’attività tra il 1979 e il 1985 del capo centro dei nostri servizi Sismi, a Beirut, il colonnello dei carabinieri Stefano Giovannone, nome in codice Maestro. Il centro Sismi era denominato Bermude ed era ospitato all’interno dell’ambasciata italiana. Gran parte dei documenti riguarda la gravissima crisi venutasi a creare tra il nostro Paese e la resistenza palestinese innescata dal sequestro di due missili Sam- 7 Strela avvenuto a Ortona tra il 7 e l’8 novembre 1979 e dall’arresto in Italia del guerrigliero, Abu Anzeh Saleh, finto studente a Bologna, insieme a tre di Autonomia operaia. I palestinesi si infuriarono accusando l’Italia di non aver rispettato i patti del cosiddetto lodo Moro, l’accordo segreto che garantiva loro impunità per il passaggio di armi in Italia. In cambio il nostro Paese sarebbe rimasto fuori da attentati. Un patto che andava negato perché certo non sarebbe piaciuto a Israele e avrebbe messo in luce il rapporto del governo italiano e dei Servizi segreti con i terroristi di matrice araba.

I cablogrammi dei servizi svelano tutta la narrazione dei contatti per evitare ritorsioni anche da parte di cellule alleate dei palestinesi. Maestro scriveva quasi ogni giorno, riassumeva i suoi contatti con Gufo e Birillo, fonti palestinesi, parlava con Sirio, suo interlocutore a Roma, che riferiva a Ulisse, vertice del Sismi, ammiraglio Fulvio Martini. Già il 21 novembre 1975 un cablogramma classificato con Segreto di Stato il colonnello Giovannone propone di far arrivare in Italia “a titolo di cortesia” Abu Nidal, militante palestinese, per “fare opera di chiarificazione, eliminare malintesi e sventare dannose iniziative estremiste”. Ma era un miliziano squattrinato.

Il 4 maggio 1976 Maestro scrive: “Per temporanea indisponibilità finanziaria, poiché sembra elemento valido a fini informativi, vi prego di esaminare la possibilità di corrispondere il biglietto aereo”. Ma il problema riguardava pure i libici di Muhammar Gheddafi allora ritenuti registi occulti di mille trame internazionali. In un dispaccio del 12 novembre 1979 classificato Segretissimo la fonte libanese Gufo racconta che il commando palestinese della strage di Fiumicino del 1973 (che poi innescò il Lodo Moro) era stato guidato dagli egiziani per conto della Libia come rappresaglia all’abbattimento di un aereo nel Sinai. Maestro sulla Libia in un dispaccio delle ore 17 del 12 novembre tira in ballo di nuovo le ombre libiche anche per i missili di Ortona. Spiega che Nemre Hammadi dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) arriva a Roma per incontrare un esponente democristiano (pare Benigno Zaccagnini) a cui deve consegnare una lettera personale di Yasser Arafat diretta al presidente del consiglio Francesco Cossiga “il cui testo contiene elementi riguardanti responsabilità della Libia in questione lanciamissili Ortona”. Maestro chiede però massima discrezione “in considerazione dei rapporti tra il nostro Paese e la Libia”.

Tirava dunque una brutta aria per l’Italia, gli indizi si accumulavano. Un appunto con Segretissimo per il direttore del Sismi dall’interlocutore romano di Maestro il 14 aprile 1980 recita: “Si ritiene significativa la presenza a Beirut negli ambienti Fplp di Carlos (lo sciacallo, terrorista mercenario venezualano) e si ritiene che l’eventuale operazione in Italia sia avocata dagli stessi autonomi (quelli dei missili) o comunque da elementi non palestinesi e probabilmente europei allo scopo di non creare difficoltà all’azione politico diplomatica palestinese per il riconoscimento dell’Olp e per l’invito a Yasser Arafat”.

La posizione minacciosa per l’Italia degli armeni dell’Asala (Armenian secret army for liberation of Armenia), formazione marxista leninista responsabile di decine di attentati, è un’altra delle storie inedite emerse dal dossier dei 163 documenti declassificati. Anche qui gli 007 italiani, autorizzati dal governo (ministro dell’Interno Oscar Luigi Scalfaro) cercarono un accordo segreto con Asala, alleato di Fplp, attraverso la mediazione dell’Olp di Yasser Arafat per evitare ulteriori guai in Italia. Nelle centinaia di carte ce n’è una datata 19 agosto 1983 dove il direttore del Sismi, generale Ninetto Lugaresi, sollecita il patto con Asala. Nella nota Sismi a Scalfaro è scritto: “Nell’aprile 1980 (due mesi prima di Ustica e quattro della strage della stazione ndr) allo scopo di bloccare le azioni terroristiche armene contro l’Italia sono stati presi contatti con Asala tramite l’Olp conclusi a dicembre con una bozza di accordo (Allegato 1) col quale si chiede all’Italia di non consentire il transito sul proprio territorio degli emigranti armeni diretti negli Usa”. Un favorone all’Asala che voleva costringere la Turchia ad addossarsi il massacro di un milione e mezzo di armeni, concedere un territorio per l’indipendenza e quindi voleva evitare fughe in massa all’estero. Lugaresi aggiunge “che all’epoca era stato ottenuto dagli Usa di chiudere gli uffici romani che svolgevano pratiche di immigrazione e di concedere il visto di transito per l’Italia solo per gli armeni che passavano dall’ambasciata di Mosca”. Il generale insiste, sottolinea che “il console Usa ha chiesto alla Farnesina la concessione dei visti all’ambasciata italiana a Beirut”. E segnala il proprio timore al ministro: “Il provvedimento proposto dal console Usa potrebbe avere riflessi negativi ai fini della sicurezza perché potrebbe essere assunto come pretesto dall’Asala per rinnovare azioni violente contro interessi italiani, compresi quelli in Libano”.

Lugaresi è preoccupatissimo anche per la “protezione degli obiettivi turchi in Italia”. Già il 28 febbraio 1982 il direttore del Sismi aveva segnalato al Cesis (Comitato esecutivo informazione e sicurezza) il nodo “delle minacce dell’Asala contro obiettivi italiani” e l’altra delicata vicenda del palestinese Nasry El Tamimy, arrestato a Fiumicino due mesi prima con la tedesca Brigitte Pagendamm e in possesso di 14 detonatori. L’Fplp ne chiederà poi la scarcerazione e l’espulsione. L’Olp intanto aveva assicurato il proprio intervento nella trattativa ma come scrive Lugaresi “ha anche ipotizzato che i libici forniscano sostegno finanziario agli estremisti armeni..”. Dunque dalla lettura delle carte redatte dagli 007 per decenni coperte dal segreto di Stato affiora un panorama di misteri e trame che non sempre o non del tutto sono state charite dai processi. L’Italia era seduta su una polveriera, ma gli italiani non lo sapevano.



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