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Dall’Avana con amore. Così i cubani vanno a combattere in Ucraina

Il governo ha denunciato l’esistenza di una rete russa volta ad arruolare cittadini cubani per mandarli a combattere al fronte, sfruttando le loro necessità economiche. Un modello già impiegato in altri contesti

A 30 anni dal crollo del muro, i rapporti tra Mosca e L’Avana continuano a essere molto solidi. Il governo dell’isola si è schierato a sostegno della Federazione Russa fin dall’inizio del conflitto in Ucraina e i contatti a livello ministeriale tra esponenti dei due esecutivi sono stati tutt’altro che rari nei mesi scorsi. In una di queste occasioni, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha definito Cuba “il più importante alleato nella regione”.

Tuttavia, negli ultimi giorni si registrano frizioni di crescente intensità tra i due partner. Il governo cubano ha infatti annunciato di aver scoperto e di essere in procinto di smantellare una rete illegale di “traffico di esseri umani” che arruolava cittadini cubani per mandarli a combattere accanto alle truppe russe sul fronte ucraino.

In una dichiarazione rilasciata dal ministero dell’Interno cubano si legge infatti che lo stesso dicastero “sta lavorando alla neutralizzazione e allo smantellamento di una rete di traffico di esseri umani che opera dalla Russia per incorporare i cittadini cubani che vivono lì, e anche alcuni residenti in territorio cubano, negli apparati militari che partecipano alle operazioni di guerra in Ucraina”. Nello stesso comunicato viene riaffermato come Cuba si sia storicamente schierata contro l’impiego di mercenari, e che essa non sia una parte in causa del conflitto in Ucraina: “Agiremo con decisione contro coloro che si dedicano al traffico di esseri umani con l’obiettivo di reclutare cittadini cubani per portare le armi in qualsiasi Paese”.

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, poco tempo prima del rilascio del comunicato da parte del governo cubano l’emittente televisiva americana America TeVe avrebbe trasmesso un video in cui due giovani cubani raccontavano di essersi arruolati per riparare case e scavare trincee, per poi essere inviati a combattere lungo la linea del fronte in Ucraina, scoraggiando altri cubani dal fare la loro stessa scelta. Nel video i due giovani affermano che questo sistema fosse fraudolento, che le autorità russe avessero confiscato loro passaporti e altri documenti con la minaccia della prigione in caso di tentativi di fuga, e che molti cubani coinvolti assieme a loro siano spariti nel nulla.

La gravissima situazione di crisi economica che Cuba sta attraversando in questo momento ha spinto molti individui ad emigrare in massa verso Stati Uniti, Europa, e anche Russia (uno dei pochi Paesi al mondo che non richiede visti di sorta per gli abitanti dell’isola caraibica); qui molti giovani come quelli comparsi nel video avrebbero accettato offerte molto vantaggiose in cambio del loro arruolamento. “È l’ultimo eclatante prova di quanto siano disperati i Cubani, quella dell’andare in un luogo da cui giovani russi se ne vanno perché non vogliono essere arruolati nell’esercito” ha commentato al riguardo Ted Henken, esperto di Cuba al Baruch College di New York.

Un annuncio apparso a maggio sul gruppo Facebook “Cubans in Moscow” proponeva un contratto di durata annuale per supportare le forze armate russe, in cambio di una retribuzione di circa 204.000 rubli al mese (più o meno l’equivalente di 2100 dollari americani) e della possibilità di ottenere la cittadinanza russa dopo sei mesi di servizio. Condizioni non molto dissimili da quelle proposte ai cittadini delle confinanti repubbliche ex-sovietiche come Kirghizistan o Kazakistan, che esattamente come l’Avana stanno cercando di combattere questo fenomeno.

A Mosca si lavora in senso contrario. A gennaio, il ministero della Difesa russo ha presentato un piano per aumentare le forze di combattimento del Paese a circa 1,5 milioni entro il 2026, dagli attuali 1,15 milioni. E pochi mesi dopo, a maggio, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato una legge che facilita l’ottenimento della cittadinanza russa da parte dei cittadini stranieri che hanno completato un anno di servizio nell’esercito russo. Nel tentativo di fornire materiale umano alla dispendiosa macchina bellica impiegata nel conflitto ucraino.


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