Senza l’impegno concreto per la costruzione di uno Stato civile, di una pari cittadinanza, senza la fiducia non nei governi o nelle milizie ma nell’islam popolare, quello che sta con il mondo e non contro il mondo, il Medio Oriente senza cristiani lo vedremo con i nostri occhi. La riflessione di Riccardo Cristiano dopo che il capo della milizia irachena è riuscito ad avvicinare il papa in Piazza San Pietro
Il tentativo di impedire un futuro, possibile ritorno dei cristiani nella vasta area che va dall’antica Mesopotamia alle coste del Mediterraneo è in atto e al suo cuore oggi c’è il tentativo di spogliarli dei beni terrieri e immobiliari che conservano nei loro Paesi d’origine. Questo è possibile solo con gravi forzature legali (e complicità ecclesiali) e intende produrre una profonda modifica demografica di tutta quell’area. Il continuo richiamo di molti leader cristiani, patriarchi e arcivescovi maggiori, sul rischio di un Medio Oriente senza cristiani per via del terrorismo islamico stranamente ignora questa evidenza che vede certi governi, che sovente i patriarchi sostengono, protagonisti del progetto che denunciano.
Chi più fortemente di altri ha tentato di invertire questa tendenza e consentire un possibile ritorno dei cristiani creando Stati civili, basati sulla pari cittadinanza e l’amicizia islamico-cristiana, senza legarsi le mani agli interessi spesso criminali di governanti senza legittimità, è stato il patriarca caldeo, il cardinale Louis Sako. Lui oggi ha dovuto scegliere la via dell’esilio forzato per gravi minacce a lui e alla sua Chiesa, ma pochi amici europei dei “cristiani perseguitati” ne hanno parlato. Un cardinale in esilio, costretto a trovare rifugio nel Kurdistan iracheno e lasciare Baghdad, dove da ben oltre un millennio il patriarca caldeo risiede, è un fatto che – forse – ha precedenti paragonabili solo in qualche angolo buio del passato sovietico.
Ora accade però che l’uomo che vorrebbe defraudarlo con il sostegno dello Stato iracheno, sottoposti a sanzioni dagli Stati Uniti per crimini di guerra e saccheggio di proprietà cristiane, sia venuto in Italia, e sia stato ammesso chissà come a un fugace baciamano in Piazza San Pietro. Quel suo brevissimo accostarsi a un ignaro Francesco (che mesi fa gli rifiutò udienza) è stato da lui sapientemente presentato in un video come la conclusione di una visita, mai avvenuta, in Vaticano (il filmato che lo ritrae in Vaticano in realtà è fuori dai confini murati della Santa Sede). Qui non lo ha notato nessuno, ma in Iraq è stato un uragano.
Non conta molto sapere chi lo abbia furtivamente spinto per qualche secondo ad avvicinarsi al papa quando in piazza saluta tanti fedeli, sebbene sia molto grave per un papa risultare così esposto a insidie, ma cosa ha significato in Iraq! Noi lo abbiamo saputo grazie al Sir, il servizio di informazione religiosa, ma pochi hanno commentato questa enormità. Il silenzio sulla scandalo dell’esilio del patriarca Sako non è nuovo. Pochi giorni fa il patriarca della Chiesa siro-cattolica, recandosi in Iraq dove ha molti fedeli, secondo alcuni giornalisti iracheni avrebbe incontrato anche costui. Nessuno può affermare che sia vero, nel comunicato ufficiale della Chiesa siro-cattolica non vi è cenno di questo incontro, ma mi ha colpito che nelle omelie del patriarca non ci sia un solo riferimento al cardinale costretto all’esilio, all’assenza da quella Baghdad del principale patriarca cristiano, il caldeo Louis Sako.
Chi non si è dimenticato di Sako invece è il vero leader dell’islam iracheno, malvisto anche lui dalle autorità irachene e dal loro mentori iraniani, l’ayatollah al-Sistani. Questa storia dunque merita di essere capita per quel che significa nella realtà, non solo irachena: l’Iran intende impossessarsi dei beni cristiani e modificare la demografia di quell’area insediando nelle proprietà dei cristiani popolazione fedele a Tehran. E perché? Perché l’Iran khomeinista si fonda sull’obbligo di esportare la rivoluzione khomeinista, quindi è imperialista per definizione e il suo fine è ricreare l’impero persiano, sopra gli “Stati esistenti”. Per questo è necessaria “lealtà”.
Siamo dunque al protagonista del nostro racconto, Rayan al Kildani, o al-Kaldani. Per parlare di lui senza fare torto alla realtà dovremmo poter dire quanto soggetti esterni all’estremismo sunnita, in particolare dei loro principali nemici, gli estremisti dell’opposta famiglia islamica, gli sciiti, cioè i pasdaran, abbiano in realtà contribuito alla nascita dell’Isis: al-Baghdadi mosse i suoi primi passi bombardando moschee sciite. Nello schema bianco/nero vorrebbe dire che sono nemici. Ma capendo la teoria degli opposti estremismi possiamo ben capire che proprio l’Isis ha aiutato gli estremisti sciiti a prendere il controllo di segmenti sempre più ampi del loro mondo e poi organizzare loro, non lo Stato, la lotta contro l’Isis. Dopo averlo sconfitto hanno proseguito la sua stessa politica di vessazione delle altre popolazioni, taglieggiando e saccheggiando i loro beni. È in questo contesto che è emerso Rayan al Kildani, o al-Kaldani. Il suo nome vuol dire caldeo, in modo da rendere chiaro a quale comunità appartenga. Con l’aiuto dei pasdaran e del loro capo, il generale Qassem Soleimani, lui creò una brigata, poi chiamata brigata Babilonia. Ha combattuto armi in pugno per i cristiani, come fecero i cristiani falangisti in Libano, a cominciare da quell’Obeika che eseguì materialmente il massacro di Sabra e Chatila e poi, finita la guerra, fu nominato ministro degli sfollati dai vincitori siriani.
C’è uno strano sapore di attualità in questo ricordo storico. Kildani oggi guida una milizia ufficialmente filo-iraniana e che grazie alle altre milizie filo iraniane ha conquistato dei seggi nel Parlamento in quota cristiana, e ha indicato una sua deputata proprio per la guida del ministero degli sfollati. Le accuse mosse dagli Stati Uniti ad al-Kildani dal 2018 sono gravi: indicano un filmato che lo mostra tagliare un orecchio a un detenuto ammanettato, denunciano che abbia partecipato a razzie di conventi cristiani e al saccheggio di loro proprietà, in particolare nel villaggio di Batnaya. Si spiegano così le accuse più recenti: ci sarebbe lui dietro i falsi documenti che stanno portando a tantissime vendite di beni immobili di proprietà di cristiani esuli e ignari di ciò che sta accadendo alle loro proprietà. Esagerazioni? La presenza di Rayan al Kildani, il 31 dicembre del 2019, davanti all’ambasciata statunitense a Baghdad tra i miliziani filo-iraniani che l’assalirono e che si può vedere su molti siti internet ci dice che queste accuse possono apparire almeno verosimili. Come anche i suoi pubblici elogi in memoria del capo dei pasdaran Soleimani dopo la sua eliminazione proprio in conseguenza dell’assalto che organizzò contro l’ambasciata iraniana. Guardando tra i soci di al Kildani troviamo quell’esule iracheno che ha dato fuoco al Corano in Svezia. Un miliziano filo-iraniano, parte dell’alleanza creata dal capo dei pasdaran Qassem Soleimani, dopo aver scelto di trasferirsi in Europa ha trovato il modo di ridare peso nelle piazze irachene ai suoi vecchi amici, sempre più invisi alla popolazione, anche musulmana, grazie al suo vergognoso gesto: siamo proprio nel pantano, “quell’oscura cloaca” di cui parlò Paolo Dall’Oglio e nella quale vedeva possibile ogni complotto, ogni congiura ordita da servizi segreti, opposti terrorismi, trafficanti di questo o di quello.
Ma al-Kildani e i suoi amici iraniani sono uomini ambiziosi. Grazie alle alchimie parlamentari pur avendo perso le elezioni passate ora hanno il governo dell’Iraq e la Presidenza della Repubblica. Così il deputato al Kildani, nei mesi trascorsi, è andato a parlare con il Capo dello Stato, Rashid. E poco dopo Rashid ha abrogato il decreto presidenziale che afferisce al patriarcato caldeo i beni immobiliari della Chiesa caldea. Un patrimonio di miliardi di dollari. E chi avrebbe diritto sulla proprietà di questi beni? Il decreto non lo dice, il patriarca Sako ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, ma tutti scrivono che si intenda affidarli ai “rappresentanti del popolo” caldeo, il partito caldeo, quindi il partito di al-Kildani.
La voce che al-Kildani si sia segretamente convertito a me non interessa, riguarda lui non me o noi quale fede ci sia nel suo cuore. Ma in quel mondo, purtroppo, non è sempre così. E a cosa mirerebbe il disegno di chi vuole questo cambiamento? È evidente: oltre a evidenti arricchimenti si punta a destinare quei beni a persone disperate, ma fedeli alle milizie iraniane. Cambiare la realtà demografica.
È qui che la questione si allarga, ci ricorda della famigerata legge numero 10 con la quale il governo siriano legato a doppia mandata all’Iran ha imposto a tutti i siriani di presentarsi agli uffici pubblici esibendo i titoli della loro proprietà. E i fuggiaschi? Gli esuli? Gli sfollati? È evidente che nel silenzio plumbeo in cui vive la Siria per loro ci sia una sola prospettiva: ritrovarsi la vecchia casa confiscata. Per che uso? Evidentemente la finalità è quella citata e le insistenti voci che parlano di continui passaggi di proprietà soprattutto ad Aleppo, in passato è stato così per Damasco che oggi viene definita una città iraniana, suonano a drammatica conferma che il rischio c’è. E trovo molto interessante che in Libano un ex parlamentare maronita abbia capito che se questo meccanismo proseguirà presto arriverà anche lì. Cosa resterebbe dei cristiani? L’osservazione non va fatta in termini confessionali: i cristiani sono le finestre arabe del mondo arabo, finestre arabe sul mondo non musulmano. Una casa senza finestre è invivibile.
Non è tutto lineare, evidente, in questa “oscura cloaca”, nella quale sono piombati Iraq e Siria. Anche dai Paesi del Golfo (avversari degli iraniani) si registrano evidenti investimenti nel mercato immobiliare. Ma per i cristiani tornare ad avere un futuro e anche un presente vuol dire avere il coraggio del cardinale costretto all’esilio, il caldeo Sako. Senza l’impegno concreto per la costruzione di uno Stato civile, di una pari cittadinanza, senza la fiducia non nei governi o nelle milizie ma nell’islam popolare, quello che sta con il mondo e non contro il mondo, il Medio Oriente senza cristiani lo vedremo con i nostri occhi. E dovremo domandarci dove fossero i patriarchi cristiani: Louis Sako è in esilio, ma pochi suoi “fratelli nel patriarcato” lo sostengono, come non lo sostengono molti abituali difensori europei del “cristiani perseguitati”. Ecco allora la domanda da cui siamo partiti: come ha fatto ad arrivare a Piazza San Pietro l’onorevole Rayan al-Kildani?